Sentenza n. 120 del 1977
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SENTENZA N. 120

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Leopoldo ELIA

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 89 e 169 del codice penale in confronto con gli artt. 98 e 169 dello stesso codice, promossi con le ordinanze emesse il 25 settembre ed il 17 ottobre 1975 dal pretore di Genova, nei procedimenti penali a carico di Teresa Benvenuto e Silvana Luchessa, iscritte ai nn. 491 e 582 del registro ordinanze 1975 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 313 del 26 novembre 1975 e n. 38 dell'11 febbraio 1976.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 maggio 1977 il Giudice relatore Oronzo Reale;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel procedimento penale a carico di Teresa Benvenuto, il pretore di Genova, con ordinanza emessa il 25 settembre 1975 (n. 491 Reg. ord. 1975), sollevava d'ufficio questione incidentale di legittimità costituzionale degli articoli 89 e 169 del codice penale, nel loro coordinato disposto ed in confronto con gli artt. 98 e 169 dello stesso codice. Assumeva, infatti, che tali norme contrastavano con gli articoli 3 e 27 della Costituzione "nella parte in cui non prevedono la concessione del perdono giudiziale per l'ipotesi di imputati affetti da vizio parziale di mente temporaneo al momento del fatto e che il giudice presuma siano per astenersi dal commettere ulteriori reati"; stabilendo così una ingiustificata disparità di trattamento tra coloro che sono affetti da vizio parziale di mente ed i minori ultraquattordicenni.

Raffrontando tra loro gli artt. 89 e 98 del codice penale emergerebbe, secondo il pretore, che tanto il vizio parziale di mente quanto l'età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, sono situazioni soggettive che, pur non escludendo l'imputabilità del reo, ricevono dalla legge uguale trattamento ai fitti della diminuzione della pena concretamente da erogare. Si determinerebbe per ciò una equiparazione tra l'indebolimento dell'equilibrio psichico che può derivare dalla minore età e quello che, invece, può conseguire da altre situazioni patologiche non ascrivibili al soggetto. La indicata simmetria di trattamento normativo verrebbe però meno quando dalla diminuzione di pena si va alla esenzione totale dalla stessa. Mentre, infatti, per i minori la legge prevede la totale esenzione dalla pena, tramite l'applicazione del perdono giudiziale, per i maggiorenni affetti da vizio parziale di mente un siffatto trattamento non é previsto.

Ora, se questa diversità di trattamento può avere una qualche giustificazione se riferita ad infermità parziale stabilmente esistente nel soggetto, la stessa non si giustificherebbe nelle ipotesi In cui la causa di indebolimento dell'equilibrio psichico sia di durata temporanea, come nel caso di specie relativo ad una ragazza che, al momento del fatto, aveva da poco compiuto diciotto anni e che la relazione medica di parte descriveva come in preda a profondi stati di alterazione dell'equilibrio psichico che il tempo e l'esperienza avevano successivamente concorso a sanare.

Ciò premesso, il pretore riteneva la rilevanza della questione di legittimità costituzionale nei termini sopra indicati non solo ai fini della decisione del processo, ma anche per la corretta formulazione dei quesiti da porre a base di una necessaria indagine peritale.

L'ordinanza veniva ritualmente notificata, comunicata e pubblicata.

Davanti a questa Corte la parte non si costituiva, mentre spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, che chiedeva che la questione fosse dichiarata infondata. Non sussisterebbe, secondo l'Avvocatura generale dello Stato, alcuna violazione dell'art. 3 della Costituzione, stante la diversità di situazione tra i minori ultraquattordicenni e gli affetti da vizio parziale di mente. Mentre, infatti, questi ultimi hanno la capacità di intendere e di volere grandemente diminuita, i primi possiedono la capacità di intendere e di volere; e la ragione per cui la pena é per essi diminuita risiede nell'opinione che gli stessi non abbiano acquisito la piena coscienza morale e la capacità di esercitare i freni inibitori. Da ciò deriva la razionalità della differenza nelle soluzioni adottate con riferimento alla natura dell'istituto del perdono giudiziale. Egualmente infondato sarebbe il richiamo all'art. 27 della Costituzione perché le finalità rieducative della pena possono essere conseguite nei confronti dell'infermo parziale di mente, mentre é dubbio che ciò possa avvenire per il minore che delinqua per la prima volta.

2. - Con altra ordinanza in data 17 ottobre 1975 (n. 582 Reg. ord. 1975) il pretore di Genova sollevava la stessa questione di legittimità costituzionale di cui all'ordinanza in precedenza riassunta, nel corso di un giudizio a carico di Silvana Luchessa, e dopo aver disposto perizia medica che aveva concluso nel senso che al momento dei fatti, essa presentava capacità di intendere e di volere grandemente scemata.

Il pretore prospettava sinteticamente argomentazioni analoghe a quelle svolte nella ordinanza di cui al precedente n. 1, soffermandosi in modo particolare sulla violazione dell'art. 27 della Costituzione.

L'ordinanza veniva ritualmente notificata, comunicata e pubblicata. Davanti a questa Corte non si costituiva la parte e non spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

3. - Alla pubblica udienza dell'11 maggio 1977 l'avvocato dello Stato spiegava intervento orale, riportandosi alle ragioni già esposte nello scritto.

Considerato in diritto

1. - Come ricordato in narrativa, il giudice a quo ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 89 e 169 del codice penale nel loro coordinato disposto e in relazione al coordinato disposto degli artt. 98 e 169 dello stesso codice. Partendo dal rilievo che tanto per il minore ultraquattordicenne, quanto per l'imputato affetto da vizio parziale di mente é prevista (rispettivamente negli artt. 98 e 89 del codice penale) la diminuzione della pena, il pretore ha ritenuto di dubbia costituzionalità (ex artt. 3 e 27 della Costituzione) che l'art. 169 del codice penale consenta al giudice di astenersi dal rinvio a giudizio o dal pronunciare condanna, concedendo il perdono giudiziale, soltanto nei confronti del minore e non dell'ultradiciottenne che "nel momento in cui ha commesso il fatto era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere e di volere".

2. - La questione non é fondata.

La posizione dell'imputato minore degli anni diciotto e quella dell'imputato seminfermo di mente, come é riconosciuto dalla giurisprudenza della Cassazione e dalla dottrina, sono, nel sistema del codice penale, diverse, non eguali. Per l'imputato minore ultraquattordicenne l'art. 98 pone al giudice il problema concreto dell'accertamento della capacità di intendere e di volere, cioé del normale sviluppo fisio-psichico del minore stesso.

Se la capacità esisteva (al momento del fatto) si ha imputabilità piena, benché la pena sia sempre diminuita; se non esisteva, non c'é l'imputabilità.

Resta naturalmente, anche per il minore, la terza ipotesi di infermità che scemi grandemente la capacità di intendere e di volere, cioé quella considerata, indipendentemente dall'età, dall'art. 89 del codice penale.

Ma il perdono giudiziale trova il suo fondamento non nella scemata capacità di intendere e di volere al momento del fatto, bensì in una previsione del giudice che il minore si asterrà dal commettere ulteriori reati. Cioé - come é stato più volte riconosciuto dalla Cassazione-il fondamento giuridico del perdono giudiziale é analogo a quello della sospensione condizionale della pena. Ancora più evidente - operando al di qua della condanna, che evita - appare l'analogia con quell'istituto della probation come trattato con favore nella dottrina penalistica italiana, ancorché non ancora introdotto nel diritto positivo nel nostro Paese.

Che poi il perdono giudiziale possa essere concesso solo ai minori ultraquattordicenni, non costituisce riconoscimento di una loro scemata capacità di intendere e di volere, ma dipende dalla minore fiducia del legislatore nella capacità rieducativa del carcere per i minori e dalla maggior fiducia nella possibilità del loro recupero sociale dopo il primo incontro con la giustizia penale.

Del resto, come é noto, il problema di una estensione ai maggiorenni dell'applicabilità del perdono giudiziale si é posto al legislatore e la soluzione positiva ha già conseguito un voto parlamentare.

3. - Poiché gli artt. 98 e 89 del codice penale si riferiscono a situazioni diverse, é escluso che l'art. 169, consentendo il perdono giudiziale solo ai minori e non ai maggiorenni seminfermi di mente, si trovi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Né si vede come possa essere ipotizzato un contrasto con l'art. 27, il quale prescrive che le pene debbono tendere alla rieducazione del condannato. Se il pretore ha voluto richiamare il precetto a proposito del minore che beneficia del perdono giudiziale, e quindi non é condannato, il richiamo é evidentemente fuor di luogo. Se il richiamo é fatto a proposito del seminfermo di mente condannato a pena diminuita, esso é egualmente incongruo, per non dire controproducente, in quanto la condanna non esclude il fine rieducativo della pena, della quale costituisce il presupposto.

Vero é soltanto che - come si é già detto - la minore fiducia nella capacità rieducativa della pena, quando si tratti di giovani non ancora diciottenni, entra tra le motivazioni dell'istituto del perdono giudiziale e dei limiti nei quali esso é accolto nel nostro diritto positivo e dai quali ben poteva la legge ordinaria - senza lesione dei principi costituzionali invocati - escludere gli ultradiciottenni anche in caso di infermità temporanea non più esistente al momento del giudizio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 89 e 169 del codice penale in confronto con gli artt. 98 e 169 dello stesso codice, sollevata dal pretore di Genova con le due ordinanze di cui in epigrafe, con riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 20 giugno 1977.