Sentenza n. 112 del 1977
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SENTENZA N. 112

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 39 della legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio), promosso con ordinanza emessa il 22 ottobre 1974 dal pretore di Sulmona, nel procedimento civile vertente tra Ernesto Pero Sichetti e l'ENASARCO (Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio), iscritta al n. 496 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14 del 15 gennaio 1975.

Visto l'atto di costituzione dell'ENASARCO, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 13 aprile 1977 il Giudice relatore Michele Rossano;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel corso del procedimento civile - promosso da Ernesto Persichetti, già rappresentante di commercio, nei confronti dell'ENASARCO (Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio), con ricorso 16 giugno 1974, per ottenere il riconoscimento, al fine di conseguire la pensione, del proprio diritto alla ricostituzione della posizione previdenziale ed alla conseguente pensione di vecchiaia, previa restituzione all'ENASARCO del capitale liquidatogli nel 1972 - il pretore di Sulmona, con ordinanza 22 ottobre 1974, ha ritenuto rilevante ai fini della decisione della controversia e non manifestamente infondata la questione sollevata dal ricorrente in riferimento all'art. 3 della Costituzione e concernente la legittimità costituzionale dell'art. 39 legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio), "nella parte in cui limita il diritto alla ricostruzione della posizione previdenziale agli agenti di commercio che non abbiano raggiunto l'anzianità contributiva minima per il diritto alla pensione di vecchiaia a causa del mancato esercizio della facoltà di cui all'art. 5 d.P.R. 30 aprile 1968, n. 758 (Norme regolamentari del trattamento integrativo di previdenza per gli agenti e rappresentanti di commercio").

L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 14 del 15 gennaio 1975.

Nel giudizio davanti a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con atto depositato il 31 gennaio 1975, e si é costituito l'ENASARCO con deduzioni depositate il 4 febbraio 1975.

L'Avvocato generale dello Stato e l'ENASARCO hanno chiesto che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.

Considerato in diritto

Con l'ordinanza 22 ottobre 1974 il pretore di Sulmona prospetta la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 39 legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio).

Secondo il pretore di Sulmona, il citato art. 39 legge n. 12 del 1973 sarebbe in contrasto con il principio di eguaglianza perché riconosce il diritto alla ricostruzione della posizione previdenziale e, quindi, alla pensione di vecchiaia, previo rimborso del capitale già liquidato, solo ai rappresentanti di commercio che avrebbero potuto raggiungere il periodo minimo di 15 anni di anzianità contributiva qualora si fossero avvalsi della facoltà - prevista dall'art. 5 d.P.R. 30 aprile 1968, n. 758 (Norme regolamentari del trattamento integrativo di previdenza per gli agenti e rappresentanti di commercio) - di richiedere all'ENASARCO il trasferimento dei contributi, anteriori al secondo semestre 1956 e previsti dall'art. 12 dell'accordo economico collettivo 30 giugno 1938, sui rispettivi conti individuali. Questi rappresentanti di commercio, che lasciarono, per libera scelta, decorrere il termine di due anni prescritto dal citato art. 5 d.P.R. n. 758 del 1968 per l'esercizio della facoltà sopra citata, hanno ora, in base all'impugnato art. 39 legge n. 12 del 1973, diritto di ottenere la ricostruzione della posizione previdenziale, e quindi, la pensione di vecchiaia, mentre lo stesso diritto non é riconosciuto agli altri rappresentanti di commercio, come l'attore, che si troverebbero in situazione del tutto simile, in quanto anche essi a suo tempo chiesero la liquidazione del conto individuale, senza avere ancora maturato l'anzianità contributiva minima per la pensione di vecchiaia, e, quindi, effettuarono una scelta che, a distanza di tempo, si é rivelata errata. L'attore, come pone in risalto il pretore di Sulmona, nel dicembre 1971 non aveva ancora maturato il periodo minimo di 15 anni di anzianità contributiva e chiese e ottenne la liquidazione del proprio conto individuale, pur continuando ad esercitare l'attività di rappresentante di commercio; e non é compreso tra coloro che hanno diritto alla ricostruzione della posizione previdenziale di cui all'art. 39 legge n. 12 del 1973, avendo iniziato la sua attività nel 1957 e non avendo contributi trasferibili a norma dell'art. 5 d.P.R. n. 758 del 1968.

La questione non é fondata.

L'impugnato art. 39 legge 2 febbraio 1973, n. 12, concerne solo gli agenti ed i rappresentanti di commercio che, pur avendo lavorato per almeno quindici anni e versato contributi all'ENASARCO, non avevano raggiunto, ai fini pensionistici, l'anzianità contributiva minima di 15 anni necessaria per ottenere la pensione di vecchiaia. Questi rappresentanti avevano potuto ottenere la liquidazione del conto di previdenza, in luogo del trattamento di pensione, perché non avevano esercitato la facoltà, riconosciuta dall'art. 5 d.P.R n. 758 del 1968, di ottenere il trasferimento, sui rispettivi conti individuali, dei contributi, previsti dall'art. 12 accordo economico collettivo 30 giugno 1938, e, quindi, anteriori agli accordi 20 giugno 1956 e 13 ottobre 1958.

Va precisato che l'accordo del 1938 prevedeva contributi che assorbivano l'indennità di risoluzione del rapporto (ex art. 1751 cod. civ.), e attribuivano il diritto a conseguire la liquidazione di una somma quale capitale e non la pensione; mentre gli accordi del 1956 e del 1958 hanno istituito un trattamento di previdenza, che é diverso dall'indennità di risoluzione del rapporto e riconosce il diritto alla pensione dopo il versamento di contributi per quindici anni ed il compimento di 60 anni di età.

Il denunciato art. 39 legge n. 12 del 1973 pone i rappresentanti e gli agenti di commercio che, per il mancato esercizio della facoltà di cui all'art. 5 d.P.R. n. 758 del 1968, avevano potuto ottenere solo il trattamento di liquidazione, pur vantando 15 anni di contribuzione anteriori agli accordi del 1956 e del 1958, sullo stesso piano di coloro che avevano esercitato la suddetta facoltà e, quindi, ottenuto la pensione e di coloro che, non avendo esercitato la medesima facoltà e non avendo chiesto il trattamento di liquidazione, hanno acquisito il diritto a pensione in base alla legge n. 12 del 1973.

L'attore, invece, al momento della sua richiesta di liquidazione del conto, dopo il compimento di 60 anni, vantava una anzianità contributiva di soli 14 anni, costituita da contributi relativi ad anni posteriori all'entrata in vigore degli accordi del 1956 e del 1958 e, quindi, fin dall'origine idonei al conseguimento del trattamento di pensione, che avrebbe potuto scegliere, in luogo della liquidazione, al raggiungimento del requisito dell'anzianità contributiva di 15 anni. I contributi versati, quindi, non potevano consentire l'esercizio della precisata facoltà di cui all'art. 5 d.P.R. n. 758 del 1968. L'attore, nel richiedere la liquidazione del suo conto, effettuò una libera scelta non condizionata dal mancato esercizio di detta facoltà.

Da queste precisazioni risulta evidente che é profonda la differenza tra la situazione dei rappresentanti di commercio, ai quali é applicabile la norma impugnata, e quella di cui trattasi. Non sussiste, quindi, la lamentata violazione del principio di eguaglianza che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, può ravvisarsi solo quando siano regolate diversamente situazioni omogenee o simili e non vi sia razionale giustificazione di tale diversità.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 legge 2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio) proposta dal pretore di Sulmona, con ordinanza 22 ottobre 1974, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 9 giugno 1977.