Sentenza n. 109 del 1977
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SENTENZA N. 109

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 12, quarto comma, della legge 4 novembre 1965, n. 1213 (Nuovo ordinamento dei provvedimenti a favore della cinematografia), promosso con ordinanza emessa il 16 novembre 1973 dalla Corte di appello di Torino, nel procedimento civile vertente tra la s.p.a. Clodio Cinematografica e l'Ente provinciale per il turismo di Torino, iscritta al n. 481 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7 dell'8 gennaio 1975.

Visto l'atto di costituzione della s.p.a. Clodio Cinematografica, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 1 febbraio 1977 il Giudice relatore Leopoldo Elia;

uditi l'avv. Antonio Sorrentino, per la s.p.a. Clodio Cinematografica, e il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nella contumacia del convenuto il tribunale respingeva la domanda per difetto di interesse, ritenendo non sussistesse incertezza o contestazione circa il diritto della s.p.a. Clodio Cinematografica di produrre cortometraggi a contenuto turistico; l'unica controversia verteva - ad avviso del tribunale - sul diritto al finanziamento ma questa avrebbe dovuto essere portata, dopo un rifiuto dell'Ente turismo, innanzi al giudice amministrativo nei modi e nelle forme di legge.

La Corte d'appello, invece, accogliendo l'eccezione sostanzialmente conforme della società attrice appellante, sollevava con ordinanza emessa il 16 novembre 1973 (peraltro gli atti di causa sono pervenuti a questa Corte solo in data 15 novembre 1974), questione di legittimità costituzionale riguardo al detto art. 12, comma quarto, della legge 4 novembre 1965, n. 1213 recante "Nuovo ordinamento dei provvedimenti a favore della cinematografia" per contrasto con gli artt. 41, 43 e 33, comma primo, della Costituzione.

Riteneva la Corte d'appello di Torino, infatti, problematica la conciliabilità con il principio della libera iniziativa economica privata del limite imposto dalla norma di cui si tratta all'autonomia contrattuale, non ricorrendo i motivi di tutela della libertà, dignità, sicurezza e di utilità sociale e neppure l'ipotesi di programma e controllo volti ad indirizzare a fini sociali l'attività economica, i quali soli, alla stregua dell'art. 41 Cost., potrebbero giustificarlo.

L'art. 12, comma quarto, della legge menzionata inoltre stabilirebbe una riserva di impresa economica, pur non ricorrendo i presupposti oggettivi e soggettivi previsti dall'art. 43 Cost.: l'Istituto Luce non é infatti un ente pubblico né espressione di una comunità di lavoratori o di utenti, ma é una società per azioni; e neppure si sarebbe in presenza di una situazione di monopolio, di servizio pubblico essenziale o di fonte di energia; né, infine, ricorrerebbe - nell'attività economica di cui si tratta - il pur necessario carattere di preminente interesse generale.

La norma legislativa impugnata violerebbe, ancora, il principio di libera manifestazione e diffusione di opere aventi carattere artistico: precludendo l'attività privata in un certo settore potrebbe anche infatti impedire la divulgazione di prodotti i quali assurgessero a dignità e pregio d'arte.

2. - Si costituiva nel giudizio innanzi a questa Corte la s.p.a. Clodio Cinematografica. Sviluppava ed approfondiva i motivi di dubbio evidenziati nell'ordinanza di rimessione; chiedeva quindi si pronunziasse sentenza di accoglimento.

Interveniva il Presidente del Consiglio dei ministri attraverso l'Avvocatura dello Stato, sollecitando al contrario decisione di rigetto. La norma di cui si discute, infatti, non porrebbe limiti alla iniziativa economica e contrattuale dei privati ma solo all'agire della P.A., degli enti pubblici, delle società a prevalente partecipazione statale; conseguentemente inoltre non verrebbe a fondare una riserva di iniziativa a favore di un certo soggetto giuridico. Per gli stessi motivi non sarebbe, d'altra parte, idonea a restringere od ostacolare la possibilità di creare e diffondere opere aventi pregio artistico.

3. - Con successiva memoria la società Clodio Cinematografica replicava all'Avvocatura dello Stato osservando che le limitazioni imposte alla libertà contrattuale degli enti pubblici si traducono in limiti alla corrispondente autonomia negoziale dei privati e dunque alla loro libertà di iniziativa. Rilevava inoltre che il divieto legislativo toccava direttamente anche le società per azioni a prevalente partecipazione statale le quali sono soggetti di diritto privato e godono dunque della garanzia di cui all'art. 41 Cost.; ne deriverebbe un Ulteriore profilo di incostituzionalità.

Nella discussione la società Clodio Cinematografica sviluppava e ribadiva le tesi già svolte. L'Avvocatura dello Stato, ricollegandosi alla storia dell'Istituto Luce per lungo tempo ente di diritto pubblico, sosteneva che non illegittimamente poteva essere destinatario di una riserva di attività economica; ribadiva dunque le conclusioni già prese nell'atto di intervento pur mutando gli argomenti addotti a sostegno di esse.

La società Clodio Cinematografica replicava brevemente negando, fra l'altro, che potessero trarsi argomenti decisivi da vicende di storia legislativa ormai superate e ribadendo gli ulteriori rilievi già svolti.

Considerato in diritto

Sia l'ordinanza della Corte d'appello di Torino che la difesa della s.p.a. Clodio Cinematografica sviluppano le censure di illegittimità costituzionale nei confronti dell'art. 12, quarto comma, della legge 4 novembre 1965, n. 1213, partendo dal presupposto, dato per pacifico e comunque non contestabile, che la norma comporti una riserva di attività economica a favore dell'Istituto Luce e, dunque, una "esclusiva" a favore di un soggetto di diritto privato.

Ma é proprio questa configurazione di base della normativa impugnata che non può essere accolta. In realtà la fattispecie ivi prevista non concerne affatto la creazione di un nuovo monopolio pubblico, sia pure limitatamente ad una parte del mercato dei cortometraggi, o nello sbarramento di un settore produttivo a danno di soggetti diversi dall'Istituto Luce: si tratta piuttosto di una situazione nella quale l'amministrazione pubblica, a mezzo di una società che fa capo ad un ente di gestione del sistema delle partecipazioni statali, si pone come autoproduttrice (o produttrice in proprio) rispetto ai cortometraggi realizzati da altri soggetti.

Non a caso, infatti, l'art. 25, secondo comma, della legge n. 1213 del 1965, si riferisce ai "film prodotti dalle Amministrazioni dello Stato e dagli enti pubblici". Questa formulazione esprime in termini propri di risultato finale quanto altre formulazioni equipollenti, contenute nella stessa legge, presentano come descrizione di fasi che precedono il punto di arrivo della realizzazione: così nell'art. 13, secondo comma, si parla di "cortometraggi prodotti dall'Istituto Luce per conto delle Amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici e delle società a prevalente partecipazione statale"; mentre, nel più noto quarto comma dell'art. 12, si prevede che questi soggetti debbano "affidare all'Istituto Luce la produzione e la distribuzione in pubblico in Italia dei film da essi comunque finanziati". Quanto all'art. 3 della legge 14 agosto 1971, n. 814 (Aumento del fondo di dotazione, finanziamento ed altre disposizioni concernenti l'Ente autonomo di gestione per il cinema - Sistemazione della situazione debitoria dell'Ente cinema nei confronti dell'IRI e aumento del fondo di dotazione dell'Istituto per la ricostruzione industriale), esso prescrive tra l'altro che l'Istituto Luce dovrà "realizzare i documentari commissionati dalle Amministrazioni dello Stato" nonché dagli altri soggetti appartenenti alle categorie definite dalle disposizioni già citate. Anche in dottrina e nel linguaggio comune non mancano espressioni che indicano come lo Stato si serva dell'Istituto Luce per realizzare "i propri documentari".

Ma - ed é ciò che più conta - il fenomeno dell'autoproduzione di cortometraggi non si esaurisce nella normativa dell'impugnato quarto comma dell'art. 12 legge n. 1213 del 1965 ma dà luogo ad una disciplina particolare per ciò che riguarda la presenza o, per meglio dire, l'assenza dal comune mercato, dei cortometraggi prodotti dalle amministrazioni statali e dagli enti pubblici: giacché essi non sono ammessi (art. 25, secondo comma) ai contributi ed ai premi previsti dalla stessa legge.

Come é chiaro, il legislatore vuole evitare che, quando i films sono prodotti dalla amministrazione pubblica, l'intervento di quest'ultima nella produzione cinematografica possa essere dettato da finalità di lucro. Inoltre, solo una quota annuale di tali cortometraggi, giudicati di interesse culturale o spettacolare, può essere proiettata dagli esercenti di sale cinematografiche "in sostituzione" dei comuni cortometraggi (art. 13, secondo comma, legge n. 1213 del 1965). Ben diversa é la situazione dei documentari prodotti in proprio dall'Istituto Luce i quali, invece, come tutti gli altri, sono ammessi ai contributi ed ai premi previsti dalla legge n. 1213 del 1965: e ciò é riconosciuto sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina.

Deve dunque ammettersi che il sistema normativo non tanto comporta una posizione di privilegio dell'Istituto Luce (come potrebbe apparire da una prima lettura delle disposizioni relative ai cortometraggi prodotti per le amministrazioni statali e gli enti pubblici sottoposti al controllo di queste) quanto una sua duplice situazione che corrisponde assai bene alla storia dell'Istituto, nato come ente pubblico nel 1925 e rinato come società a partecipazione statale, facente capo all'Ente gestione cinema, nel 1962. L'Istituto era stato concepito come "organo tecnico cinematografico dei singoli ministeri, ai lini della ripresa e della diffusione di pellicole cinematografiche aventi scopo didattico, culturale, scientifico e di interesse e di propaganda nazionale" (r.d.l. 5 novembre 1925, n. 1985, conv. in legge 18 marzo 1926, n. 562; nonché r.d.l. 24 gennaio 1929, n. 122, conv. in legge 24 giugno 1929, n. 1048).

Successivamente, quando si costituì il 10 agosto 1962 la S.p.a. Istituto Luce, essa trovò già in vigore la seguente disposizione, contenuta nel secondo comma dell'articolo 1 legge 2 dicembre 1961, n. 1330 (Attività e disciplina dell'Ente autonomo di gestione per il cinema): "La stessa società eserciterà, a favore delle pubbliche amministrazioni e degli enti sottoposti al controllo dello Stato, i medesimi compiti già esercitati dall'Istituto Nazionale Luce". I "compiti" della società sono stati confermati esplicitamente dalla già citata legge 14 agosto 1971, n. 814, ed hanno preciso riscontro nell'art. 12, lettera b dello Statuto speciale.

Da una parte, dunque, la S.p.a. Istituto Luce può agire sul mercato con una attività contraddistinta da particolari fini, ma pur sempre inquadrabile nei criteri di economicità comuni all'intero sistema delle partecipazioni statali (art. 3, primo comma, legge 22 dicembre 1956, n. 1589); dall'altra essa si presenta come mero strumento produttivo delle amministrazioni statali e degli enti pubblici. Perciò, a carico di questi soggetti restano soltanto, nei limiti del costo sostenuto, le spese di produzione, di distribuzione e di stampa delle copie: inoltre le amministrazioni e gli enti possono designare il personale artistico necessario per la realizzazione del film (art. 12, quarto comma, legge n. 1213 del 1965).

Come si vede, la formula dell'autoproduzione adottata da questa normativa, mentre allontana ogni analogia con la figura dell'appalto, richiama il "sistema della economia (o dei servizi in economia)" nella sua più limitata accezione della amministrazione diretta (contrapposta a quella del cottimo fiduciario): istituti che la dottrina suole prendere in esame unitamente ai contratti veri e propri della pubblica amministrazione. Il sistema dell'economia, usato più frequentemente nel settore dei lavori pubblici, consente di far coincidere il costo dell'opera o del servizio con le spese effettivamente sostenute, eliminando il guadagno dell'imprenditore. In realtà, il quarto comma dell'art. 12 legge n. 1213 del 1965 non considera nemmeno, a favore dell'Istituto Luce, quella "quota di utile" che pure l'art. 14, primo comma, del d.l. C.P.S. 22 settembre 1947, n. 1105, prevede a favore dell'Istituto Poligrafico dello Stato: l'apposita Commissione delle tariffe, incaricata di determinare il prezzo dei lavori che il Provveditorato generale dello Stato affida all'Istituto Poligrafico, deve tener conto infatti, oltreché delle prestazioni di mano d'opera, dei materiali occorrenti, dei relativi costi e della quota di spese generali, anche della quota di utile.

Questa particolare disciplina disposta per la produzione dei cortometraggi nell'interesse della amministrazione pubblica dimostra almeno due cose: che ben diversa é la situazione dell'Istituto Luce quando realizza cortometraggi per i veri terzi, cioé per soggetti che non siano ricompresi a questo fine nella amministrazione pubblica, rispetto all'altra che si verifica allorché l'Istituto si pone al servizio della mano pubblica. In secondo luogo, la posizione dell'Istituto Luce, nello svolgimento di quest'ultimo compito, non può affatto essere assimilata a quella dei soggetti che esercitano, con autentica autonomia contrattuale, la libertà di iniziativa economica in questo settore.

Come si é già accennato, il rapporto tra Provveditorato generale dello Stato e Istituto Poligrafico é quello che più si avvicina al rapporto tra amministrazione pubblica e Istituto Luce: non rilevando, ai fini qui considerati, le notevoli differenze che pur corrono tra un ente pubblico economico ed una società a partecipazione statale.

Certamente, la scienza dell'amministrazione non ignora gli abusi a cui può dar luogo l'esperienza del sistema "in economia" e la gestione diretta dei servizi: da un ricorso troppo ampio a questi istituti (mentre esso é rigorosamente delimitato dalla normativa vigente), potrebbero risultare indirettamente e indebitamente alterati gli equilibri propri del nostro sistema a economia mista, quale si delinea negli articoli 41, 42 e 43 della Costituzione. Ma non é questo il caso dell'Istituto Luce, non tanto per il suo carattere marginale, non solo perché esso interessa le amministrazioni statali e (si deve intendere) gli enti pubblici che fanno capo allo Stato- persona, ma soprattutto perché, in questo settore, solamente l'iniziativa privata può accedere al complesso di provvidenze ed incentivi previsti dalla legislazione sulla cinematografia.

Quanto all'art. 12, quarto comma, della legge 4 novembre 1965, n. 1213, si può dunque concludere che si tratta di una norma a carattere prevalentemente organizzativo, che opera con efficacia immediatamente vincolante soltanto nell'ambito della amministrazione pubblica nel senso ora indicato: in ordine alle società a prevalente partecipazione statale esso contiene disposizioni per lo svolgimento di un'attività amministrativa che, nel caso, gli organi competenti dello Stato avrebbero potuto svolgere anche senza il precetto della legge, data la situazione in cui lo Stato si trova rispetto alle società nelle quali abbia una prevalente partecipazione, essendogli praticamente consentito di determinare la volontà degli organi sociali (sent. n. 1/1960). Si resta dunque, trattandosi di norma organizzativa, nella prospettiva dell'art. 97 Cost.: mentre non si toccano le situazioni tutelate negli artt. 41 e 43 Cost. Di conseguenza rimane assorbita anche l'eccezione di incostituzionalità sollevata in relazione all'art. 33, primo comma, della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma quarto, della legge 4 novembre 1965, n. 1213, recante "Nuovo ordinamento dei provvedimenti a favore della cinematografia", proposta con l'ordinanza in epigrafe della Corte d'appello di Torino, in riferimento agli artt. 41, 43 e 33, primo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 9 giugno 1977.