Sentenza n. 100 del 1977
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 100

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 341, commi primo e ultimo, del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 26 novembre 1974 dal pretore di Abbiategrasso nel procedimento penale a carico di Scotti Anselmo, iscritta al n. 186 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 174 del 2 luglio 1975;

2) ordinanza emessa il 23 maggio 1975 dal pretore di Langhirano nel procedimento penale a carico di Bolsi Pietro, iscritta al n. 311 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 242 del 10 settembre 1975.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1977 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza del 26 novembre 1974 nel corso di un procedimento penale a carico di Scotti Anselmo, il pretore di Abbiategrasso ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 341, ultimo comma, c.p. (oltraggio aggravato), per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. La norma determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento tra coloro che alla violenza o minaccia hanno aggiunto l'espressione o il gesto oltraggioso, e coloro che hanno commesso il fatto solo mediante violenza o minaccia, tenuto conto che un determinato comportamento se valutato come aggravante soggiace ad una disciplina complessivamente più favorevole al reo di quanto non lo sia se considerato elemento costitutivo di fattispecie.

É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato con deduzioni depositate il 19 luglio 1975, sostenendo l'infondatezza della questione.

L'oltraggio aggravato, infatti, potrebbe essere integrato tanto da un comportamento violento o minaccioso accompagnato dall'atto offensivo, quanto dal solo comportamento minaccioso e violento.

2. - Con altra ordinanza, emessa dal pretore di Langhirano il 23 maggio 1975 nel corso di un procedimento penale a carico di Bolsi Pietro, é stata sollevata questione di legittimità costituzionale del primo comma del medesimo art. 341 del codice penale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Sotto un primo profilo si rileva che a seguito della modifica dell'ultimo comma dell'art. 69 c.p.(concorso di circostanze aggravanti e attenuanti), introdotta con l'art. 6 del d.l. 11 aprile 1974, n. 99, il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti può avere come conseguenza che reati muniti di sanzioni molto gravi siano puniti più lievemente di reati di inferiore gravità. Il reato di oltraggio semplice sarebbe tra quelli per i quali tale situazione può verificarsi e quindi la norma che lo prevede creerebbe una illegittima disparità di trattamento.

Un diverso più specifico profilo di illegittimità inficierebbe la norma impugnata in considerazione della asserita identità sostanziale tra la fattispecie dell'oltraggio semplice e quella dell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza o minaccia alle persone (art. 393 c.p.).

Potrebbe infatti verificarsi, ad avviso del giudice a quo, che l'offesa sia commessa non allo scopo di ledere il prestigio del p.u., ma per far valere un diritto in luogo di rivolgersi al giudice.

Non avendo poi il d.lg.lgt. 14 settembre 1944, n. 288, previsto la scriminante anche per il fatto non arbitrario ma ingiusto del p.u., l'art. 341 c.p. sarebbe illegittimo perché non consente di ricomprendere la reazione al fatto ingiusto del p.u. nella fattispecie dell'esercizio arbitrario, prevedendo, anzi, per l'oltraggio sanzioni più gravi di quelle comminate per il predetto reato.

In questo giudizio non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri né vi é stata costituzione di parti.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze del pretore di Abbiategrasso e del pretore di Langhirano fanno oggetto di denuncia il medesimo testo legislativo (l'art. 341, primo ed ultimo comma, cod. pen.), in riferimento allo stesso parametro (l'art. 3 Cost.), involgendo questioni connesse od analoghe. I relativi giudizi possono perciò essere decisi con unica sentenza.

2. - Secondo il pretore di Abbiategrasso, la norma che configura il reato di oltraggio aggravato (art. 341, ultimo comma, cod. pen.) quando il fatto sia commesso con violenza o minaccia, senza distinguere tra l'ipotesi in cui violenza o minaccia si aggiungano all'oltraggio puro e semplice e l'ipotesi in cui questo sia commesso mediante violenza o minaccia, contrasterebbe con l'art. 3 Cost., assoggettando alla stessa pena casi nei quali violenza o minaccia si presentano realmente come circostanze aggravanti e casi nei quali, invece, integrano esse stesse la fattispecie criminosa dell'art. 341, ultimo comma.

Ma la questione non é fondata, non essendo affatto irragionevole l'apprezzamento del legislatore, che ha valutato le due ipotesi testé accennate come equivalenti sia quanto alla gravità dell'azione sia quanto al grado di pericolosità dell'agente che esse rivelano. Sotto entrambi questi aspetti non fa differenza, invero, che ad espressioni ingiuriose si accompagnino atti violenti o minacce, o che il comportamento ingiurioso si risolva nella violenza o nella minaccia.

3. - Neppure é fondata la questione di legittimità costituzionale del primo comma dell'art. 341 cod. pen., sollevata con l'ordinanza del pretore di Langhirano, per violazione - anche qui - dell'art. 3 della Costituzione.

Dei due profili sotto cui la questione viene prospettata, il primo (che l'ordinanza considera "di carattere generale") non attiene, in realtà, alla disposizione impugnata (e della quale soltanto il pretore doveva fare applicazione), ma al d.l. 11 aprile 1974, n. 99, convertito nella legge 7 giugno 1974, n. 220, che, a modifica del quarto comma dell'art. 69 cod. pen., ha consentito il cosiddetto giudizio di comparazione tra circostanze attenuanti e circostanze aggravanti anche quando la legge stabilisca una pena di specie diversa o ne determini la misura in modo indipendente: dal che potrebbero derivare - secondo rileva l'ordinanza - ingiustificate disparità di trattamento (potendo accadere, ad esempio, che per un oltraggio semplice sia inflitta, pur con la concessione delle attenuanti generiche, una pena superiore a quella irrogata a chi sia condannato per reati molto più gravi).

L'anzidetto profilo di incostituzionalità, riferito all'art. 341, é perciò del tutto inconferente.

Sotto il secondo profilo (che l'ordinanza qualifica come "specifico") si denuncia la mancata distinzione tra l'oltraggio posto in essere con l'esclusivo intento di offendere la pubblica autorità e quello commesso invece "quale sostanziale esercizio delle proprie ragioni", per reagire al fatto meramente "ingiusto" del pubblico ufficiale: quest'ultima ipotesi essendo, come afferma l'ordinanza, strettamente analoga a quella dell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni, meno severamente punito.

Ma la censura - che avrebbe dovuto, più correttamente, essere rivolta al combinato disposto dell'art. 341 e dell'art. 4 del d.lg.lgt. 14 settembre 1944, n. 288, che per il reato ivi contemplato e per gli altri previsti dagli artt. 336, 337, 338, 339, 342 e 343 cod. pen., ha reintrodotto la esimente del comportamento del pubblico ufficiale, "che abbia dato causa al fatto eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni" - si risolve in una critica di politica legislativa, che non può avere ingresso in questa sede. Rientrava, infatti, nella sfera di libera valutazione del legislatore l'assumere a causa di non punibilità l'esorbitanza del pubblico ufficiale dalle proprie funzioni, e non anche la diversa ipotesi della pura e semplice illegittimità degli atti da esso posti in essere nei confronti dell'imputato. Né siffatta valutazione eccede dai limiti della ragionevolezza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 341 del codice penale, commi primo ed ultimo, in relazione implicita con l'art. 4 del decreto legislativo luogotenenziale 14 settembre 1944, n. 288, sollevate, con le ordinanze in epigrafe, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 2 giugno 1977.