Sentenza n. 77 del 1977
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SENTENZA N. 77

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 43, primo e secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 17 maggio 1974 dalla Corte di cassazione, nel procedimento penale a carico di Quarta Giuseppe, iscritta al n. 497 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7 dell'8 gennaio 1975.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 1977 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza emessa il 17 marzo 1974 nel procedimento penale a carico di Quarta Giuseppe, imputato di truffa, il quale, dopo essere stato condannato dal pretore di Milano in contumacia, aveva dedotto l'incompetenza territoriale del giudice, sollevando la relativa eccezione soltanto nel giudizio di appello, davanti al Tribunale, la Corte di cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 43, comma primo e secondo, codice di procedura penale, nella parte in cui consente l'eccezione di incompetenza per territorio solo nel giudizio di primo grado, nel quale la stessa eccezione deve essere proposta non oltre il compimento delle formalità di apertura del dibattimento.

La Corte di cassazione prospetta il contrasto di tale limitazione con l'art. 25 Cost., osservando che, pur dovendosi dare atto dell'innegabile differenza tra le discipline della competenza territoriale e di quella funzionale, tale distinzione non potrebbe tuttavia condurre ad una minore inderogabilità costituzionale della competenza per territorio, la quale presenterebbe, anzi, caratterizzazioni esterne di ordine pubblico, riflettenti "il diritto del cittadino di essere giudicato dal giudice del luogo dove egli vive e soprattutto di essere certo su tale punto".

L'invocato principio costituzionale si sostanzierebbe nell'istituto processuale della competenza prestabilita per legge e riguarderebbe, comunque, materia attinente ai poteri del giudice, che deve esaminarla d'ufficio, senza che sia consentito attribuirne lo spostamento ad un comportamento omissivo della parte. E ciò tenuto anche conto che il divieto censurato costituirebbe una grave sanzione nel caso di contumacia incolpevole, come sarebbe nella fattispecie, per cui si potrebbe delineare anche una violazione del diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost. (non però richiamato in dispositivo).

Si é costituito ritualmente in questa sede solo il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

L'Avvocatura rileva che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, la garanzia del giudice naturale di cui all'art. 25 Cost. dovrebbe interpretarsi come garanzia della precostituzione del giudice, a cui si uniformerebbero le norme procedurali concernenti la determinazione del giudice territorialmente competente a giudicare i singoli reati perché sarebbero senz'altro idonee a garantire all'imputato la previa conoscenza e la certezza del giudice che dovrà pronunziarsi.

La norma impugnata si limiterebbe invero a fissare i tempi e i modi dell'esercizio da parte dell'imputato del diritto di far rilevare l'eventuale incompetenza del giudice, e con ciò si resterebbe nei limiti della legittimità costituzionale essendo noto che la disciplina dell'esercizio di un diritto é lecita sempreché non sia tale da rendere impossibile o estremamente difficoltoso tale esercizio. Neppure la particolare difficoltà che il divieto in esame porrebbe a carico del contumace incolpevole potrebbe condurre ad un accoglimento della doglianza, perché, sotto tale profilo, la censura avrebbe ad oggetto non più la norma impugnata, bensì la disciplina del procedimento in contumacia, che non risulta impugnata.

Considerato in diritto

1. - L'ordinanza di rinvio sottopone a questa Corte la questione se l'art. 43 cod. proc. pen. nella parte in cui ammette l'eccezione di incompetenza per territorio nel solo giudizio di primo grado, contrasti con la garanzia del giudice naturale, precostituito per legge, di cui all'art. 25, primo comma, della Costituzione.

2. - La questione non é fondata.

Va premesso e rilevato che la competenza territoriale del giudice penale é disciplinata dalla legge in considerazione del luogo ove é stato commesso il reato, allo scopo di consentire che ivi si dia luogo alla migliore concentrazione delle attività del processo.

Questa finalità, attinente prevalentemente alla economia processuale, comporta minore rigidità della detta disciplina rispetto a quella stabilita per la competenza funzionale, la quale investe, invece, l'intrinseca idoneità del giudice alla funzione.

Si spiega, pertanto, il preminente rilievo che assume l'esigenza di garantire l'utile svolgimento delle attività dibattimentali, esigenza che si esprime, sia nel combinato disposto degli artt. 42 e 439 primo cpv., cod. proc. pen., secondo cui, nel procedimento di primo grado, la incompetenza per territorio deve essere proposta e trattata, a pena di decadenza, immediatamente dopo che siano state compiute per la prima volta le formalità di apertura del dibattimento, (a meno che la possibilità di proporre le relative eccezioni sorga soltanto nel corso del dibattimento), sia nelle ipotesi regolate dall'art. 43 cod. proc. pen. impugnato, il quale dispone che l'incompetenza territoriale può essere riconosciuta dal giudice d'appello solo nel caso in cui la relativa eccezione risulti già sollevata a norma dell'art. 42. In particolare poi, anche ai fini della dichiarazione di incompetenza territoriale nel giudizio di appello e nel giudizio di cassazione, la contumacia dell'imputato nel giudizio di primo grado non ha rilievo poiché la situazione del contumace, secondo la giurisprudenza della Cassazione, va parificata a quella dell'imputato presente, per quanto riguarda l'esercizio delle facoltà processuali.

Ciò posto, e passando ad esaminare la censura di cui all'ordinanza di rinvio, deve osservarsi che il giudice a quo lamenta anzitutto l'illegittimità della limitazione prevista dall'art. 43 cod. proc. pen. riguardo alla possibilità di far rilevare l'incompetenza per territorio, affermando che sarebbe in contrasto con la garanzia del giudice naturale, in quanto farebbe dipendere dal comportamento della parte l'osservanza dei criteri dettati dalla legge e, quindi, l'osservanza della garanzia suddetta, che si identificherebbe appunto nell'istituto processuale della competenza, tanto funzionale che territoriale.

Ma, al riguardo, deve osservarsi che il principio sancito dall'art. 25 Cost., secondo l'elaborazione compiuta dalla giurisprudenza di questa Corte, tutela essenzialmente l'esigenza che la competenza degli organi giudiziari, al fine di una garanzia rigorosa della loro imparzialità, venga sottratta ad ogni possibilità di arbitrio, attraverso la precostituzione per legge del giudice in base a criteri generali fissati in anticipo e non in vista di singole controversie.

La censurata limitazione non contrasta in alcun modo con il contenuto del precetto costituzionale come sopra precisato, poiché restano pur sempre chiaramente determinati in anticipo i criteri in base ai quali la competenza deve essere stabilita in modo da dare all'interessato la certezza circa il giudice che lo deve giudicare, ed é previsto il controllo ex officio del giudice al riguardo. Se é imposta una disciplina particolarmente rigorosa per la proposizione dell'eccezione di incompetenza territoriale, al fine che le violazioni dei criteri stessi possano essere rilevate, ciò corrisponde alla già lumeggiata peculiare natura della competenza in esame, per cui il legislatore ha ritenuto, nella sua discrezionalità, di limitare la possibilità di rilevarne i vizi a vantaggio dell'interesse all'ordine ed alla speditezza del processo, in ciò del resto equiparando la materia della competenza per territorio alle altre, pure elencate nell'art. 439 cod. proc. pen. che debbono essere trattate preliminarmente subito dopo le formalità di apertura del dibattito, sempre avendo di mira la cennata primaria esigenza processuale. D'altra parte, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sent. nn. 1 del 1965, 139 del 1971, 174 del 1975) la presenza di contrapposti interessi processuali giustifica norme che razionalmente consentano lo spostamento di competenza nei limiti in cui ciò valga a tutelare, come nella specie, il contemperamento dei detti interessi.

Né, a diversamente ritenere, vale il richiamo, contenuto in ordinanza, alla sentenza di questa Corte n. 109 del 1963. Il richiamo non é conferente, riguardando detta sentenza questione diversa sullo spostamento di competenza territoriale per motivi d'ordine pubblico. La Corte ne ha riconosciuto la legittimità, in riferimento all'art. 25 Cost., ribadendo, e non già escludendo, la differenza di trattamento tra competenza territoriale e quella per materia.

3. - Nell'ordinanza si accenna che il sistema della legge darebbe anche luogo a menomazione del diritto di difesa, garantito dall'art. 24 Cost., per il contumace cosiddetto "incolpevole".

Ma tale argomento si inserisce, come meramente sussidiario, nella questione sollevata in riferimento all'art. 25 Cost., il solo indicato in dispositivo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 43, primo e secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata con l'ordinanza in epigrafe in riferimento all'art. 25 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 maggio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 12 maggio 1977.