Sentenza n. 47 del 1977
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SENTENZA N. 47

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 91, commi sesto e settimo, del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (codice della strada), promosso con ordinanza emessa il 14 maggio 1974 dal pretore di Silandro, nel procedimento penale a carico di Albert Patscheider iscritta al n. 433 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 317 del 4 dicembre 1974.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 dicembre 1976 il Giudice relatore Leonetto Amadei;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Gozzi, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con rapporto dei carabinieri di Bolzano del 1 marzo 1972 veniva denunciato all'autorità giudiziaria Patscheider Albert per avere, per eccesso di velocità, invaso la corsia di sinistra della strada statale 38 nella direzione di marcia Silandro-Resia e di conseguenza, fatto precipitare nella scarpata sottostante la macchina da lui guidata. Nell'incidente, oltre il guidatore, si produceva lesioni anche il passeggero (shock traumatico, contusione cranica). Nei confronti del Patschelder, il pretore di Silandro iniziava procedimento penale per violazione dell'articolo 590 c.p.p., secondo comma, perché "per colpa, consisente in imprudenza, imperizia, velocità non commisurata alle condizioni della strada e nella inosservanza della segnaletica stradale di pericolo generico e di limite di velocità " aveva procurato lesioni personali guaribili in 90 giorni a Kaufmann Carlo.

Al dibattimento, dopo che le parti avevano preso le loro conclusioni, il pretore di ufficio rimetteva gli atti alla Corte costituzionale sostenendo che, nella specie, avrebbero dovuto trovare applicazione i commi sesto e settimo dell'art. 91 del codice della strada e quindi che si sarebbe dovuta ordinare la sospensione della patente all'imputato.

Secondo il pretore "la suddetta norma appare in contrasto con il principio di eguaglianza... poiché rende obbligatorio per il giudice penale applicare la sanzione criminale atipica in cui consiste appunto la sospensione della patente di guida, senza poter subordinare l'adozione del suddetto provvedimento (anche nella sua misura) alla valutazione del tipo e della gravità della colpa (generica ovvero per inosservanza di leggi e in particolare delle norme del codice della strada) riconosciuta come determinante - da sola o in concorso con altri fattori - nella causazione delle lesioni personali da parte dell'imputato, facendo quindi sì che per violazioni lievi (come nella specie) delle norme comportamentali dettate anche solo dalla comune prudenza o dalla legge, ma che abbiano avuto come conseguenza, per ragioni che ben spesso non dipendono dal comportamento stesso dell'imputato, delle lesioni personali gravi si debba applicare la suddetta sanzione penale atipica, mentre per medesime violazioni o per violazioni anche molto più gravi, ma alle quali per ragioni ben spesso anche del tutto casuali, non abbiano fatto seguito lesioni personali, la suddetta misura non é obbligatoria e neppure facoltativa, ovvero se si tratta di violazioni reiterate e di una certa gravità, é adottata dal Prefetto (cfr. comma terzo dell'art. 91 c.s.) ma per un periodo molto più breve (da uno a tre mesi)".

Ed inoltre: "detta disparità di trattamento non si giustifica con la diversità delle conseguenze dannose delle condotte imprudenti o violatrici di norme, poiché la sospensione della patente per la sua stessa ratio non può non avere esclusivo riferimento alla pericolosità della guida del soggetto preso in esame la quale si sostanzia nella negligenza, nell'imperizia, nell'imprudenza ovvero nella inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline manifestate e poste in essere in occasione del comportamento colposo in oggetto, e non nelle conseguenze dannose dello stesso".

Considerato in diritto

1. - Nell'ordinanza di rinvio si prospetta il dubbio che le norme cui ai commi sesto e settimo dell'art. 91 del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (codice della strada) siano in contrasto con l'art. 3 della Cost. per la disparità di trattamento tra chi, guidando in modo pericoloso, non cagiona lesioni e chi, nelle stesse condizioni, per pura fatalità, ne cagioni.

Nel procedimento dinanzi alla Corte costituzionale si é costituita l'Avvocatura dello Stato la quale sostiene la insussistenza del contrasto tra le norme impugnate e l'art. 3 della Costituzione perché non si tratterebbe di fare riferimento ad azioni identiche (come avrebbe fatto il pretore) ma a situazioni identiche e nella specie, ci si troverebbe appunto di fronte a situazioni diverse tali da giustificare un diverso trattamento.

2. - La questione non é fondata.

Per quanto riguarda il sesto comma del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, esso non può essere preso in esame in questa sede, ai fini della decisione, poiché si riferisce ad un atto amministrativo.

Infatti la concessione della patente di guida é subordinata all'accertamento della sussistenza di determinati requisiti fisici, psichici e morali, nonché alla esistenza di una particolare idoneità tecnica: nella ipotesi in cui uno qualunque di questi requisiti venga meno, é l'autorità amministrativa che ha rilasciato la patente che deve provvedere alla sospensione o alla revoca della stessa.

Nel caso in esame si é di fronte ad un provvedimento amministrativo dovuto (l'art. 91 dice espressamente: "la patente é sospesa") poiché dipende unicamente dalla sussistenza del fatto che siano derivate a terzi lesioni personali gravi o gravissime, o che sia intervenuta la morte dell'investito. Infatti se siano derivate solo lesioni personali lievi é necessario il concorso della violazione dell'art. 133 del codice della strada per farsi luogo alla sospensione ed ove non siano derivate, dall'investimento, lesioni personali, ma solo danni alle cose (e ciò anche con gravissime violazioni delle norme del codice della strada) non si potrà mai far luogo alla sospensione della patente salvo in caso di reiterazione delle violazioni stesse.

Quanto al fatto che il provvedimento di sospensione preso dal prefetto debba essere comunicato alla autorità giudiziaria per poter eventualmente disporre la revoca, "ove nel corso della istruzione accerti che sono venuti a mancare i motivi della sospensione", é da rilevare che l'art. 91, sesto comma, non condiziona all'accertamento della responsabilità il provvedimento di sospensione, ma solo il verificarsi del fatto. In altri termini solo l'autorità amministrativa può sospendere l'autorizzazione alla guida di un veicolo o revocare tale sospensione.

Circa poi i provvedimenti presi dal giudice con la sentenza di condanna si osserva come, per il principio generale della non interferenza dell'autorità giudiziaria ordinaria nei provvedimenti amministrativi, il giudice debba comunicare al prefetto, che provvederà, le decisioni sulla sospensione o revoca della patente.

3. - Resta così da esaminare il rilievo relativo al settimo comma. Ma anche questo é privo di qualsiasi fondamento.

La sospensione della patente pronunciata con sentenza deriva, infatti, dal potere riconosciuto alla autorità giudiziaria ordinaria di irrogare, in una con la pena principale, delle pene accessorie.

Si tratta cioè di un potere autonomo e diverso da quello riconosciuto all'autorità amministrativa di concedere, sospendere o revocare la patente.

La pena prevista dal settimo comma dell'art. 91 é, infatti, analoga a quella prevista dall'art. 30 del codice penale e come quella ha per conseguenza il fatto che al condannato venga vietato l'esercizio di una qualsiasi attività per la quale sia richiesta una speciale abilitazione o autorizzazione.

Erroneamente a questo proposito il giudice a quo parla di violazione dell'art. 3 della Costituzione, dato che non é effettuabile il raffronto tra le due situazioni prospettate poiché l'evento causato dalla colpa del guidatore (lesioni gravissime) ad esempio ben si distingue dall'evento causato a seguito di una semplice infrazione alle norme sulla circolazione stradale dalla quale non siano derivate conseguenze dannose alla persona o tali da non interessare il codice penale.

E poiché é solo all'evento che deve farsi ricorso per stabilire la natura del reato, ove quello sia diverso, non può, in alcun modo, farsi un raffronto fra le due situazioni.

Il terzo comma dell'art. 91 del codice della strada prevede e punisce la mera violazione di norme di comportamento: i commi sesto e settimo dello stesso articolo sanzionano più gravemente tali violazioni quando concorrano con i più gravi reati di omicidio colposo o di lesioni personali gravissime, gravi o anche lievi, se seguite da fuga od omissione di soccorso. Le situazioni sono pertanto diverse e rendono legittimo un diverso trattamento sanzionatorio.

Come esattamente osserva l'Avvocatura dello Stato, il principio secondo cui la maggiore gravità del danno che consegue ad azioni delittuose identiche nel fatto, importa una diversa o più grave pena, é recepito nella nostra legislazione penale (vedi ad es. gli artt. 561 e 592 c.p.). Né può essere influenzato, ai fini che si propone l'ordinanza, il profilo evidenziato e secondo il quale il giudice é costretto ad adottare il provvedimento della sospensione della patente di guida senza aver modo di rapportarlo al tipo ed alla gravità della colpa.

Il giudice infatti ha sempre la possibilità di adeguare la durata nel tempo della sanzione amministrativa (sospensione da tre mesi a tre anni) alla gravità del reato commesso e deve, nel rendere giustizia, valersi di questo potere discrezionale così come se ne avvale per fissare la pena in concreto.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 91, sesto e settimo comma, del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (codice della strada), sollevata dal pretore di Silandro, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 gennaio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 20 gennaio 1977.