Sentenza n. 28 del 1977
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SENTENZA N. 28

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 93, secondo comma, 415, secondo comma, e 468, primo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 18 gennaio 1974 dal pretore di Cantù, nel procedimento penale a carico di Brigliadori Riccardo, iscritta al n. 388 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 284 del 30 ottobre 1974.

Visto l'atto di costituzione di Argenziano Riccardo; udito nell'udienza pubblica del 10 novembre 1976 il Giudice relatore Ercole Rocchetti;

udito l'avv. Mario Bassani, per la parte civile Riccardo Argenziano.

Ritenuto in fatto

Nel corso del procedimento penale presso la pretura di Cantù contro Brigliadori Riccardo - imputato dei reati di cui agli artt. 734 c.p. e 41, primo comma, lettera b) della legge 17 agosto 1942, n. 1150 - si costituiva parte civile all'udienza, prima che venisse dichiarato aperto il dibattimento, la parte lesa Argenziano Riccardo, chiedendo altresì l'ammissione di un teste. Al che si opponeva il Brigliadori eccependo il contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, degli artt. 93, secondo comma, 415, secondo comma, e 468, primo comma, del codice di procedura penale, per il motivo che tali articoli rendono possibile una limitazione del diritto di difesa dell'imputato in quanto consentano al danneggiato dal reato di costituirsi parte civile in giudizio fino a quando non siano compiute per la prima volta le formalità di apertura del dibattimento, di precisare le proprie conclusioni in sede di discussione finale, nonché, nei giudizi pretorili, di indicare testimoni fino a quando il dibattimento non sia dichiarato aperto.

Il pretore, con ordinanza 18 gennaio 1974, proponeva alla Corte la dedotta questione di legittimità costituzionale, dopo averne asserita la non manifesta infondatezza e ritenuta la rilevanza della sua risoluzione per la definizione del giudizio principale. Osserva in proposito nell'ordinanza il giudice a quo che, pur avendo la Corte costituzionale, con sentenza n. 108 del 1970, escluso un contrasto con il secondo comma dell'art. 24 Cost. della disciplina contenuta negli artt. 93, secondo comma, 94, primo e secondo comma, e 468, primo comma, del codice di procedura penale, egli riteneva, tuttavia, di riproporre la questione, estendendola anche all'art. 415, secondo comma, c.p.p. che autorizza la presentazione dei testi direttamente all'udienza.

Rilevava pertanto lo stesso giudice che l'obbligo fatto al pretore dall'art. 409 del codice di procedura penale di enunciare nel decreto di citazione a giudizio il fatto, il titolo del reato, le circostanze aggravanti ecc., nonché di indicare gli articoli di legge relativi ed i testimoni tanto a carico quanto a discarico dell'imputato, ritenuti utili per l'accertamento della verità, sarebbe posto a garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio cui si informa, per il suo carattere accusatorio, la fase del giudizio a differenza di quella della istruzione.

Tale diritto e tale principio non sarebbero invece rispettati nel giudizio civile che si inserisce nel procedimento penale, atteso che, ove il danneggiato dal reato si avvalga della facoltà di costituirsi parte civile durante le formalità di apertura del dibattimento (art. 93, secondo comma, c.p.p.), all'imputato o al responsabile civile non sarebbe dato di preparare una adeguata difesa da contrapporre alla domanda giudiziaria in tal momento proposta, specie per quanto concerne la domanda relativa alle restituzioni e al risarcimento del danno che la parte civile può formulare dopo l'assunzione delle prove.

Da ciò dovrebbe indursi la illegittimità degli artt. 93, secondo comma, e 468, primo comma, c.p.p. per contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione. Per quanto poi concerne la facoltà concessa nei giudizi di pretura alle parti private, e quindi anche alla parte civile, dall'art. 415, secondo comma, di presentare i testimoni direttamente all'udienza, si osserva nell'ordinanza che essa lederebbe ancor più gravemente il diritto di difesa dell'imputato il quale, ignorando fino all'udienza il nome e le posizioni dei testimoni, non potrebbe preparare tempestivamente le sue eccezioni e addurre le prove in contrario. Donde il contrasto con il già citato articolo della Costituzione.

Il che, secondo l'ordinanza di rimessione, avrebbe implicitamente già ammesso la Corte costituzionale nella sentenza n. 108 del 1970, laddove, in riferimento al primo comma dello stesso articolo 415, riferentesi ai giudizi avanti al tribunale, ha osservato che la presentazione delle liste dei testimoni, anteriormente al dibattimento e in termini prefissati, é preordinata alla tutela del contraddittorio e alla garanzia della difesa.

Si é costituito avanti alla Corte l'Argenziano, parte civile nel giudizio a quo il quale ha sollevato preliminarmente una eccezione di non rilevanza della proposta questione di legittimità costituzionale, in quanto il pretore, avendo, in base allo stesso art. 415, secondo comma, del c.p.p., la facoltà di ammettere od escludere i testi presentati all'udienza, avrebbe potuto lui stesso, in quella sede "valutare se una eventuale ammissione dei testi indicati dalla parte civile avrebbe leso i diritti di difesa".

Nel merito, concludeva per la non fondatezza delle questioni proposte.

All'udienza di discussione la difesa della parte costituita ha ulteriormente svolto le proprie deduzioni.

Considerato in diritto

1. - Viene proposta alla Corte questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, secondo comma, 415, secondo comma, e 468, primo comma, del codice di procedura penale, concernenti i poteri concessi alla parte civile nel giudizio penale.

Secondo l'ordinanza di rimessione, i detti articoli violerebbero il principio del contraddittorio, e quindi il diritto di difesa, tutelato dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione "nella parte in cui ammettono la costituzione in giudizio della parte civile fino alla chiusura della fase degli atti preliminari al dibattimento, consentendo alla stessa, nel processo pretorile, di indicare testimoni fino alla chiusura della fase degli atti preliminari e di precisare le proprie conclusioni solo al termine del dibattimento".

2. - Dalla parte civile nel giudizio a quo, costituitasi in questa sede, é stata sollevata eccezione di non rilevanza, assumendosi che il pretore, invece di proporre la questione, poiché, per lo stesso impugnato art. 415, secondo comma, ha la facoltà di ammettere o di escludere i testi presentati, poteva egli stesso in quella sede "valutare se una eventuale ammissione dei testi indicati dalla parte civile avrebbe leso i diritti di difesa" dell'imputato.

La proposta eccezione di rilevanza deve essere respinta, perché la violazione del diritto di difesa nell'esercizio di un potere della parte ammesso dalla legge (presentazione dei testi all'udienza, prevista nell'art. 415, secondo comma) non può che implicare un vizio di costituzionalità della legge che lo ammette, in rapporto al quale il giudice é sfornito di ogni potere di decisione ed ha soltanto quello di proporre questione alla Corte costituzionale.

3. - Passando al merito, deve, per quanto concerne gli artt. 93, secondo comma, e 468, primo comma, rilevarsi che l'ordinanza di rimessione non aggiunge nessun argomento nuovo a quelli già esaminati e disattesi dalla Corte nella sentenza n. 108 del 1970, che dichiarò non fondate questioni identiche a quelle ora riproposte.

Di esse va pertanto dichiarata la manifesta infondatezza.

4. - Per ciò che concerne invece l'art. 415, secondo comma, che, nei giudizi di pretura, autorizza le parti private "anche se non hanno proposta lista, a presentare i loro testimoni direttamente all'udienza fissata per il dibattimento, salvo al pretore la facoltà di ammetterli o di escluderli", si osserva innanzi tutto che tale facoltà é ovviamente concessa anche all'imputato; ciò che implica già un giudizio non negativo sul punto dell'eguaglianza di trattamento fra le parti. Cosa che non va taciuta, anche se, nell'ordinanza, non é denunziata violazione della eguaglianza, quanto meno per porre in rilievo che, se quella facoltà concessa in pretura alle parti venisse a cadere, gran danno ne deriverebbe specialmente agli imputati, spesso, in quella sede, sprovvisti di difensori di fiducia cui abbiano in anticipo confidata la propria tutela.

Da questa elementare considerazione si induce anche la ragione che informa la norma in esame, e la fa considerare non contraria al diritto di difesa. Tale ragione si rinviene nella semplicità e speditezza che si é voluto imprimere, nel pubblico interesse, valutato anche alla stregua di considerazioni di ordine sociale, al giudizio di pretura, pur senza omettere cautelari previsioni volte a garantirne la lealtà e l'efficienza (sentenze n. 170 del 1963; n. 17 del 1965; n. 27 del 1966; n. 46 del 1967; nn. 16, 73 e 123 del 1970).

Così correlativamente alla facoltà concessa alle parti di presentare all'udienza i testi, si é dato al giudice il potere di ammetterli od escluderli con provvedimento che, si ritiene, debba essere motivato, mentre alle parti spetta (art. 439, secondo comma) quello di proporre opposizione contro il provvedimento. Il che sembra sufficiente, sul piano delle garanzie processuali, per tutelare il principio del contraddittorio e il diritto di difesa.

5. - Occorre però aggiungere che, a sostegno della sua tesi, il pretore invoca l'opinione di questa Corte, espressa nella sentenza n. 108 del 1970, traendone il criterio che in ogni caso "il potere che attiene alla deduzione delle prove, deve essere esercitato dalla parte lesa, ai fini della lealtà del contraddittorio, in fase predibattimentale ed entro termini prefissati dalla legge".

Ma l'assunto di cui alla citata sentenza si riferisce al primo comma dell'art. 415, nel quale é appunto disposto che le liste dei testimoni debbono, a pena di decadenza, essere presentate in cancelleria almeno tre giorni prima del dibattimento. Ciò però concerne soltanto il giudizio avanti il tribunale, cui la Corte intendeva ovviamente riferirsi, e non anche quello avanti il pretore, per cui vale l'eccezione contenuta nel secondo comma dell'art. 415.

Né tale eccezione può implicare, come pensa il giudice a quo, una menomazione del diritto di difesa.

La Corte ha già in proposito ritenuto (sent. n. 170 del 1963) "non solo che il diritto di difesa va inteso esclusivamente come possibilità effettiva del suo esperimento, ma altresì che non lo ferisce né lo pregiudica la legge che ne adegua le modalità di esercizio alle speciali caratteristiche di struttura del singolo procedimento, essendo sufficiente che della difesa vengono realizzati lo scopo e la funzione".

Il che, per quanto si é detto avanti, realizzandosi anche in sede di applicazione dell'art. 415, secondo comma, induce a ritenere che la questione al riguardo proposta deve essere dichiarata non fondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, secondo comma, e 468, primo comma, del codice di procedura penale, proposta, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 415, secondo comma, del detto codice, proposta, con la medesima ordinanza, in riferimento allo stesso articolo della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 gennaio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 18 gennaio 1977.