Sentenza n. 26 del 1977
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SENTENZA N. 26

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 209, ultimo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), e 78, secondo ed ultimo comma, del r.d. 12 marzo 1936, n. 375 (Disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina della funzione creditizia),convertito in legge 7 marzo 1938, n. 141, promosso con ordinanze emesse il 23 ottobre e il 13 novembre 1975 dal tribunale di Milano, nei procedimenti civili vertenti tra Svedborn Margherita ed altri ed il Banco di Milano, e tra la soc. Eurocurt ed altri e la Banca privata italiana, iscritte ai nn. 406 e 407 del registro ordinanze 1976 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 164 del 23 giugno 1976.

Visti gli atti di costituzione di Grassi Orsini M. Luisa, del Banco di Milano, della Banca privata italiana, della soc. Eurocurt e della società costruzioni aeronautiche G. Agusta, nonché gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 novembre 1976 il Giudice relatore Guido Astuti;

uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per il Banco di Milano e la Banca privata italiana, gli avvocati Giorgio Pinotti, Pietro Cattaneo e Vincenzo Marone, per la soc. Eurocurt, l'avv. Guido Monti, per la società costruzioni areonautiche G. Agusta, e il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un procedimento vertente tra la società Eurocurt e altri e la Banca privata italiana, in liquidazione coatta, il tribunale di Milano ha sollevato di ufficio, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questioni di legittimità costituzionale degli artt. 209, ultimo comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge fallimentare), e 78, secondo ed ultimo comma, r.d. 12 marzo 1936, n. 375, convertito in legge 7 marzo 1938, n. 141 (c.d. legge bancaria).

Si osserva nell'ordinanza di rinvio che l'art. 209, ultimo comma, della legge fallimentare, prevedendo due diversi procedimenti relativamente all'accertamento dei crediti in sede di liquidazione coatta amministrativa delle imprese che esercitano il credito, secondo che si tratti di crediti privilegiati o di crediti chirografari, creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento. Disparità accentuata dalla circostanza che il procedimento previsto dall'art. 78, secondo comma, della legge bancaria per i crediti chirografari si porrebbe in contrasto con il principio del diritto di difesa. Infatti, le parti sarebbero private della possibilità di un organico esercizio del loro diritto di difesa in fase istruttoria, dovendosi decidere i reclami avverso lo stato passivo formato dal commissario liquidatore, mediante la immediata fissazione dell'udienza di discussione, senza che la stessa sia preceduta dalla necessaria attività istruttoria.

Infine, una ulteriore violazione del principio di eguaglianza e del diritto di difesa dovrebbe essere ravvisata nel disposto dell'ultimo comma dell'art. 78 della legge bancaria, il quale stabilisce che i commissari liquidatori esibiscano al tribunale, ove occorra ai fini della decisione sui reclami, l'elenco dei creditori ammessi e delle somme riconosciute a ciascuno, senza che ne sia data comunicazione alle parti in causa, allo scopo di tutelare il segreto bancario. In particolare, il richiamo alla esigenza di tutela del segreto bancario non si giustificherebbe nei rispetti di una impresa in stato di liquidazione coatta e perciò ormai privata del diritto di esercitare il credito.

Le medesime questioni sono state successivamente sollevate dallo stesso tribunale di Milano anche nel procedimento vertente tra Svedborn Margherita ed altri ed il Banco di Milano, in liquidazione coatta, insistendo in particolar modo sulle limitazioni del diritto di difesa dei creditori chirografari opponenti, dovendo il tribunale decidere con unica sentenza su tutte le opposizioni e senza possibilità di accogliere e soddisfare in modo adeguato le istanze istruttorie delle parti.

Nel primo dei giudizi di costituzionalità promosso dal tribunale di Milano, si sono costituite la società Eurocurt, Grassi Orsini Maria Luisa, la società Costruzioni aeronautiche G. Agusta, e la Banca privata italiana, in liquidazione coatta.

La società Eurocurt, rilevato preliminarmente che il procedimento che la riguardava si era svolto anche attraverso una fase istruttoria con il pieno rispetto del principio del contraddittorio, deduce la irrilevanza, nei propri confronti, delle questioni proposte.

La fondatezza delle questioni é stata sostenuta da Grassi Orsini Maria Luisa con argomentazioni analoghe a quelle adottate a sostegno dell'ordinanza di rinvio.

La società Costruzioni aeronautiche Agusta ha, a sua volta, affermato la irrilevanza della questione relativa alla non comunicabilità dell'elenco generale dei creditori chirografari della Banca in liquidazione, attesa la insussistenza di un interesse dei reclamanti a contestare i crediti ammessi, per l'esistenza di un consorzio tra le Banche di interesse nazionale, che garantisce il pagamento integrale dei creditori chirografari. Infondata sarebbe, poi, la questione proposta in riferimento al procedimento di cui all'art. 78, secondo comma, legge bancaria, atteso che, sia pure attraverso un procedimento agile da svolgersi tutto innanzi al collegio, sarebbe consentito alle parti esercitare compiutamente il proprio diritto di difesa, anche mediante l'esercizio di attività istruttoria.

La Banca privata italiana, in liquidazione coatta, deduce infine la inammissibilità delle questioni proposte, non risultando dalla ordinanza di rimessione l'oggetto e la natura dei singoli reclami, né la indicazione di casi concreti in cui sarebbe stato indispensabile un accertamento istruttorio, impedito dall'art. 78 della legge bancaria. Le questioni sarebbero, comunque, infondate. La diversa disciplina prevista per i crediti chirografari e privilegiati troverebbe giustificazione nella differente natura di tali crediti.

La mancata previsione di una autonoma fase istruttoria, non impedirebbe, tuttavia, lo svolgimento della necessaria attività istruttoria. Infine il divieto di comunicazione dell'elenco dei creditori sarebbe ampiamente giustificato dalla esigenza di tutelare il segreto bancario.

Richiamandosi ad analoghe argomentazioni ha affermato la infondatezza delle questioni proposte anche il Banco di Milano, in liquidazione coatta, costituitosi nel secondo dei giudizi di legittimità costituzionale promossi dal tribunale di Milano. É intervenuto, in entrambi i giudizi, il Presidente del Consiglio dei ministri, deducendo, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, la infondatezza delle questioni proposte. La disciplina impugnata sarebbe modellata in funzione degli specifici interessi del mercato del credito, caratterizzato da una estrema delicatezza. In tale prospettiva troverebbe piena giustificazione la diversa disciplina di posizioni tra loro differenti, quali quelle dei creditori chirografari e privilegiati.

Non sarebbero inoltre riscontrabili limitazioni al diritto di difesa nel procedimento previsto per i creditori chirografari, essendo possibile anche innanzi al Collegio un idoneo esercizio del diritto di difesa.

Infine, il divieto di comunicare l'elenco dei creditori sarebbe rispondente all'esigenza di rispettare il segreto bancario, componente essenziale del risparmio, la cui tutela é garantita anche dall'art. 47 della Costituzione.

Considerato in diritto

1. - Con le ordinanze in epigrafe, emesse nei giudizi sui reclami dei creditori chirografari esclusi o ammessi con riserva dai commissari incaricati della liquidazione coatta amministrativa della Banca privata italiana e, rispettivamente, del Banco di Milano, il tribunale a quo ha sollevato di ufficio, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 209, ultimo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), e dell'art. 78, secondo ed ultimo comma, del r.d. 12 marzo 1936, n. 375, convertito in legge 7 marzo 1938, n. 141 (legge bancaria).

Nelle due ordinanze, con motivazioni nella sostanza conformi, si osserva anzitutto che l'art. 209, ultimo comma, della legge fallimentare, facendo salve le speciali disposizioni della legge bancaria relative all'accertamento dei crediti chirografari nella liquidazione delle imprese esercenti il credito, avrebbe determinato una ingiustificata discriminazione e disparità di trattamento per questa categoria di creditori, rispetto ai creditori privilegiati, che sono assistiti dalle diverse forme e garanzie di procedimento previste, per la formazione dello stato passivo, dai primi tre commi dello stesso art. 209. Tale disparità sarebbe accentuata dalla circostanza che il procedimento regolato dagli artt. 76 e seguenti della legge bancaria rappresenterebbe per i creditori chirografari una effettiva menomazione del diritto di difesa, in quanto nel giudizio sui loro reclami davanti al tribunale, causa la sommarietà del procedimento delineato dal secondo comma dell'art. 78 di detta legge, essi sarebbero privati della possibilità di una piena ed organica tutela delle loro pretese, per la mancanza di una fase istruttoria prima dell'udienza di trattazione, e la difficoltà dell'ulteriore istruzione probatoria eventualmente occorrente, davanti al Collegio.

Altra violazione dei principi sanciti dagli artt. 3 e 24 della Costituzione dovrebbe ravvisarsi nel disposto del quinto ed ultimo comma dell'art. 78, per cui l'elenco dei creditori chirografari ammessi deve bensì essere dai commissari esibito al tribunale, ove occorra per decidere sulle contestazioni, "ma senza darne comunicazione alle parti in causa, allo scopo di tutelare il segreto bancario". Dopo la cessazione dell'attività dell'azienda di credito, posta in liquidazione coatta, tale limite non avrebbe più ragion d'essere, e l'elenco dei creditori chirografari dovrebbe essere depositato a disposizione di tutti gli interessati, al pari di quello dei creditori privilegiati e di coloro a cui siano riconosciuti diritti reali su cose in possesso dell'azienda.

2. - Data l'identità delle questioni proposte, i due giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

É stato eccepito il difetto di rilevanza delle questioni sollevate dal tribunale di Milano, osservando che il giudice a quo le ha prospettate in limine e in termini astratti, senza alcuna motivazione circa l'oggetto dei singoli reclami, e quindi senza indicazione di casi concreti rispetto ai quali, in relazione all'applicabilità delle norme denunciate, si fosse verificata insufficienza di istruttoria o lesione del diritto di difesa; e che, in particolare, il divieto di comunicazione dell'elenco dei creditori chirografari ammessi non poteva dar luogo ad incidente di costituzionalità, poiché entrambi i giudizi avevano ad oggetto solo opposizioni di creditori esclusi o ammessi con riserva, e non impugnazioni di crediti altrui, talché nessuna lesione del diritto di difesa dei singoli creditori opponenti poteva loro derivare dalla mancata conoscenza dell'elenco dei creditori ammessi.

L'eccezione appare fondata rispetto alla questione di legittimità dell'art. 78, ultimo comma, poiché da entrambe le ordinanze non risulta l'esistenza di reclami aventi ad oggetto impugnazioni di crediti ammessi, o di altre contestazioni, per cui fosse lamentato, come lesivo del diritto di difesa, il difetto di comunicazione alle parti in causa dell'elenco dei creditori chirografari: pertanto, non discutendosi circa l'applicabilità in concreto della norma denunciata, né essendo comunque indicati motivi per cui i giudizi non possano essere definiti indipendentemente dalla risoluzione della dedotta questione, deve rispetto ad essa dichiararsi il difetto di rilevanza.

Si deve invece riconoscere la rilevanza della prima questione, concernente la legittimità delle disposizioni speciali della legge bancaria che nella liquidazione coatta delle aziende di credito disciplinano l'accertamento dei crediti chirografari e il procedimento per la decisione sui relativi reclami. In entrambi i giudizi, di fronte al vario comportamento processuale adottato da reclamanti, anche con istanze di rimessione in istruttoria, ovvero di rinvio per assunzione di prove, il tribunale, chiamato a decidere su tutti i reclami in unico giudizio, prima di scendere all'esame di ciascuno di essi, ha ritualmente sollevato la questione circa l'applicabilità del particolare regime processuale dettato per l'accertamento dei crediti chirografari, sotto il duplice profilo della discriminazione rispetto al procedimento stabilito dalla legge per i crediti privilegiati, e della possibile lesione del diritto di difesa nella sommaria istruzione e decisione sui reclami.

3. - La questione non é fondata. Per quanto concerne, anzitutto, la denunciata discriminazione, occorre considerare che le speciali forme e modalità di accertamento dei crediti chirografari nella liquidazione delle imprese esercenti il credito, stabilite dag1i artt. 77 e seguenti della legge bancaria, e confermate dall'art. 209, ultimo comma, della legge fallimentare del 1942, con espressa deroga al disposto dell'art. 194, secondo comma, di quest'ultima legge, hanno una precisa giustificazione nelle diverse esigenze che si presentano, di regola, nella definizione delle posizioni dei creditori chirografari - ossia generalmente dei clienti dell'azienda di credito - rispetto a quelle dei creditori privilegiati o dei titolari di diritti reali. Scopo della speciale disciplina normativa non é soltanto la tutela del segreto bancario, a cui é fatto espresso richiamo nell'ultimo comma dell'art. 78 (continuando ovviamente i clienti ad avervi interesse anche quando una banca venga posta in liquidazione), ma anche e soprattutto la considerazione del numero e della qualità dei creditori: trattasi invero di numerosi rapporti, aventi la loro fonte nei contratti bancari, ossia nelle diverse forme di deposito d'uso comune, e nelle altre operazioni passive delle aziende di credito.

Rapporti tipici, di natura documentale, rispetto ai quali, nella normalità dei casi, le scritture contabili, schede, documenti e titoli in possesso dei commissari liquidatori e dei clienti, contengono sicura prova sull'an e sul quantum dei diversi crediti, e solo eccezionalmente possono dar luogo a contestazioni che richiedano laboriosi accertamenti, con acquisizione di prove o perizie. D'altra parte, alla speciale natura di questa categoria di rapporti, la cui rigorosa disciplina risponde a ben note esigenze di certezza giuridica, fa riscontro la opportunità di assicurare la massima speditezza nella loro definizione, anche in sede di liquidazione coatta delle imprese creditizie, nel fine di soddisfare con ogni possibile urgenza le aspettative dei creditori chirografari, sia per doverosa tutela del risparmio, a cui la Costituzione dà precisa garanzia in tutte le sue forme, sia per considerazione degli importanti interessi economici e finanziari che vengono compromessi da ogni crisi nell'esercizio della funzione creditizia e dei servizi bancari.

Sono quindi evidenti le ragioni che hanno indotto il legislatore a dettare norme procedurali particolari per l'accertamento dei crediti chirografari della clientela delle banche, sia nella fase amministrativa che in quella giurisdizionale, escludendo per questi crediti l'applicazione delle modalità ordinarie del procedimento di formazione dello stato passivo, previste dalla legge fallimentare e dalla stessa legge bancaria per i creditori privilegiati ed i titolari di diritti reali, la cui posizione può richiedere più laboriose indagini e contestazioni, mal compatibili con le esigenze dinanzi accennate.

La obbiettiva differenza tra la situazione giuridica dei creditori chirografari d'una azienda di credito - valutata con riguardo all'id quad plerumque accidit - e quella di coloro che vantano crediti assistiti da privilegio o diritti reali, fornisce una sicura giustificazione razionale della speciale normativa, nella quale non può pertanto ravvisarsi violazione del principio di eguaglianza.

4. - Anche i dubbi prospettati dalle ordinanze di rinvio circa la menomazione del diritto di difesa, che nell'accertamento dei crediti chirografari non sarebbe sufficientemente assicurato, non possono essere condivisi da questa Corte.

Non occorre riesaminare qui le critiche, richiamate dal giudice a quo, a cui é stato sottoposto in generale l'istituto della liquidazione coatta amministrativa, per le minori garanzie giurisdizionali da esso offerte rispetto a quelle proprie dell'ordinaria procedura fallimentare.

La legittimità dell'istituto, in riferimento ai principi sanciti dagli artt. 3 e 24 della Costituzione, é stata già ripetutamente riconosciuta da questa Corte (da ultimo con la sentenza n. 159 del 1975); e sarebbe fuori luogo ricordare le evidenti ragioni per cui esso corrisponde in modo particolare agli interessi che impongono l'intervento della pubblica amministrazione con dirette forme di ingerenza e vigilanza anche nei casi di crisi ed insolvenza delle imprese già autorizzate alla raccolta del risparmio e all'esercizio del credito.

Scendendo all'esame della questione sollevata con riguardo al combinato disposto dell'art. 209, ultimo comma, della legge fallimentare e dell'art. 78, secondo comma della legge bancaria, deve preliminarmente osservarsi che rimane estranea all'oggetto del presente giudizio la soluzione dei dubbi esegetici ricordati dalle ordinanze di rinvio, circa il preciso ambito di applicazione della disposizione derogativa contenuta nell'art. 209, ultimo comma, interpretata in correlazione con quelle dell'art. 194, primo e secondo comma, della stessa legge. É infatti controverso in dottrina, mancando altresì sul punto una consolidata giurisprudenza, se il rinvio dell'art. 209 alle norme speciali della legge bancaria debba ritenersi operante per la sola fase amministrativa di accertamento dei crediti chirografari, ovvero si estenda anche alla fase giurisdizionale, ossia ai procedimenti di impugnazione dello stato passivo, che per detti crediti risulterebbero disciplinati, anziché dalle norme dei commi secondo e terzo dell'art. 209 (e quindi da quelle ivi richiamate degli artt. 98 e seguenti) solo dalle speciali disposizioni degli artt. 77 e seguenti della legge bancaria.

Accogliendo questa seconda interpretazione, le ordinanze di rinvio ravvisano nel precetto dell'art. 78, secondo comma, della legge speciale una violazione del diritto di difesa delle parti, in quanto la norma per cui il presidente del tribunale, scaduto il termine per il deposito in cancelleria dei reclami dei creditori, da decidere in unico giudizio, stabilisce, su richiesta dei commissari, la sezione e l'udienza per la discussione della causa, si porrebbe "in aperta e non conciliabile antitesi con l'intero vigente sistema processuale civile".

Si osserva al riguardo che nel sistema processuale vigente nel 1938 detta norma non costituiva ostacolo all'espletamento di eventuali iniziative istruttorie, mentre nell'odierno sistema non sarebbe dato rinvenire, tra le norme regolanti il processo ordinario di cognizione, disposizioni idonee ad assicurare una organica possibilità di esercizio del diritto di difesa, con adeguata istruzione dei reclami in regolare contraddittorio.

5. - A giudizio di questa Corte, il procedimento previsto dalla legge bancaria per la verifica giurisdizionale dei crediti chirografari, anche dovendosi escludere, secondo la prospettazione del giudice a quo, l'applicabilità delle disposizioni degli artt. 98 e seguenti della legge fallimentare, non comporta tuttavia l'asserita inammissibile lesione del diritto di difesa. Si deve al riguardo considerare che l'accertamento dei crediti chirografari, crediti assistiti di regola da titolo documentale, data la speciale natura, già sopra ricordata, dei tipici rapporti intercorsi tra un'azienda di credito e i suoi clienti, richiede generalmente una istruzione più semplice, che già si avvale delle risultanze dell'esame compiuto dai commissari liquidatori sulla base degli atti contabili e dei documenti in possesso dell'azienda o esibiti dai creditori, sotto il controllo del comitato di sorveglianza e secondo le direttive di un organo pubblico qualificato per autorità e competenza tecnica, quale l'Ispettorato per la difesa del risparmio.

Nel caso di reclami, il sindacato del tribunale sulla regolarità delle operazioni effettuate in sede di formazione dello stato passivo si svolge di regola mediante riesame delle prove documentali già acquisite nella fase amministrativa o prodotte in causa dagli interessati, trattandosi piuttosto di interpretarne e valutarne giuridicamente il contenuto, che di disporre nuovi incombenti istruttori.

Per questo la legge speciale non ha previsto la nomina di un giudice istruttore e una fase di trattazione probatoria prima della rimessione al collegio, disponendo che il presidente del tribunale, sulla richiesta dei commissari, possa senz'altro fissare l'udienza per la discussione e decisione sui reclami, e che nello stesso modo debba procedersi anche nell'eventuale giudizio sulle contestazioni circa l'ammissibilità di domande tardive, e nel giudizio di appello (artt. 79 e 80 della stessa legge). Nel vigente ordinamento processuale civile non é questo il primo né il solo caso in cui il giudizio, anche di primo grado, debba svolgersi direttamente e per intero davanti al collegio; né può dirsi che la mancanza di una fase preliminare di cognizione davanti al giudice istruttore comporti di per sé lesione del diritto di difesa. Anche davanti al tribunale é infatti consentita la richiesta e l'ammissione di eventuali ulteriori provvedimenti istruttori, secondo i principi stabiliti dagli artt. 277 e seguenti del codice di procedura civile; e d'altra parte, pur dovendo i reclami essere decisi in unico giudizio, giusta il disposto dell'art. 78, primo comma (che corrisponde a quello dell'art. 99 della legge fallimentare), ove alcune delle cause risultino non ancora mature per la decisione il collegio può adottare con ordinanza i necessari provvedimenti istruttori, ed ammettere provvisoriamente al passivo in tutto o in parte i crediti contestati, come previsto dallo stesso art. 99 dinanzi richiamato. Anche sotto questo profilo, le norme della legge speciale dirette a soddisfare le esigenze di speditezza del procedimento e l'interesse della generalità dei creditori ad una sollecita definizione delle loro posizioni non contrastano con la garanzia costituzionale del diritto di difesa, che appare adeguatamente assicurato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 78, ultimo comma, della legge 7 marzo 1938, n. 141 (Disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina della funzione creditizia), sollevata dalle ordinanze di cui in epigrafe in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 209, ultimo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, della amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), e dell'art. 78, secondo comma, della detta legge 7 marzo 1938, n. 141, sollevata dalle ordinanze di cui in epigrafe in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 gennaio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 14 gennaio 1977.