Sentenza n. 16 del 1977
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SENTENZA N. 16

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 423 e 431 del codice di procedura civile, come modificati dall'art. 1 della legge 11 agosto 1973, n. 533, sul nuovo rito del lavoro, promosso con ordinanza emessa il 1 aprile 1974 dal pretore di Avellino nella causa di lavoro vertente tra Solimene Maria e Pagliarulo Maria, iscritta al n. 254 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 201 del 31 luglio 1974.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 27 ottobre 1976 il Giudice relatore Giulio Gionfrida;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza 1 aprile 1974 - emessa nel corso di una controversia avente ad oggetto la richiesta, ai sensi dell'art. 2122 del codice civile, delle indennità di fine rapporto da parte del coniuge e di figli di un lavoratore deceduto - l'adito pretore di Avellino ha denunziato gli artt. 423, comma secondo, e 431 cod. proc. civ. modificati dall'art. 1 della legge 1973, n. 533, prospettandone il contrasto con l'art. 3 della Costituzione, per la parte in cui dette norme non prevedono che si applichi anche ai familiari del prestatore di opera di cui all'art. 2122 citato la disciplina concernente (rispettivamente) il pagamento di somme a titolo provvisorio e la provvisoria eseguibilità della sentenza di primo grado.

Ritualmente notificata, comunicata e pubblicata l'ordinanza de qua ed instaurato il giudizio innanzi alla Corte, é in questo intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per contestare la fondatezza della sollevata questione.

Considerato in diritto

1. - Il pretore di Avellino dubita - come in narrativa esposto - che contrastino con l'art. 3 della Costituzione gli artt. 423 e 431 cod. proc. civ. (come modificati dall'art. 1 della legge 1973, n. 533), nella parte in cui escludono che la disciplina dettata per le ordinanze di condanna a titolo provvisorio "su istanza del lavoratore" e per la esecutorietà della sentenza si applichi anche ai familiari superstiti di cui all'art. 2122 del codice civile.

Le questioni - come si rileva dalla lettura del dispositivo dell'ordinanza di rimessione in connessione con la relativa motivazione, svolta con specifico riguardo alla qualità degli attori in giudizio (coniuge e figli del lavoratore defunto) - risultano limitate all'ipotesi di azioni promosse dai componenti il nucleo familiare, di cui al primo comma dell'art. 2122 del codice civile citato.

2. - Il dubbio di costituzionalità dell'art. 423 é - come detto - formulato sul presupposto che il pagamento di somme a titolo provvisorio non possa essere disposto in favore dei familiari indicati, in quanto trattasi di soggetti diversi dal "lavoratore": al quale la norma, nella sua dizione, ha riguardo.

La Corte ritiene, però, non esatta siffatta restrittiva esegesi, esclusivamente fondata sulla lettera della legge, dovendosi dare prevalenza alla ratio della norma.

Questa - come noto - risponde all'esigenza di sollecito soddisfacimento di bisogni primari del lavoratore.

Ed é chiaro che tale esigenza, con specifico riguardo alle indennità di fine rapporto, si prospetta con non minore intensità per i componenti il nucleo familiare (in senso lato) del prestatore d'opera deceduto: nei cui confronti - come già precisato dalla Corte (v. sentenza n. 8 del 1972) - la corresponsione delle indennità in parola tende a consentire di "affrontare le difficoltà immediatamente connesse al venir meno, per morte, di chi, comunque, provvedeva al loro sostentamento".

La disposizione denunziata - contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo - va, quindi, correttamente interpretata nel senso della sua applicabilità ai superstiti indicati nel primo comma dell'art. 2122 del codice civile.

La questione esaminata é, pertanto, non fondata: in quanto, appunto, basata su una interpretazione inesatta della norma denunziata.

3. - L'ulteriore questione, di costituzionalità dell'art. 431 cod. proc. civ. modificato, va, poi, dichiarata inammissibile, trattandosi di norma che disciplina l'esecuzione della sentenza e, pertanto, non ha rilevanza nel giudizio a quo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 431 del codice di procedura civile, modificato dall'art. 1 della legge 11 agosto 1973, n. 533 (sul nuovo rito del lavoro), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dall'ordinanza del pretore di Avellino in epigrafe indicata;

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 423 del codice di procedura civile, modificato dall'art. 1 della legge 1973, n. 533, citata, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con l'ordinanza di cui sopra.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 gennaio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 14 gennaio 1977.