Sentenza n.228 del 1976
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SENTENZA N. 228

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 (Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo), e allegate tabelle, e 16 della legge 18 marzo 1968, n. 249 (Delega al Governo per il riordinamento dell'Amministrazione dello Stato, per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti statali), nel testo modificato dall'art. 12 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, promosso con ordinanza emessa il 26 febbraio 1975 dal tribunale amministrativo regionale per la Emilia-Romagna su ricorsi Menozzi Fernando e Curti Alceste contro il Ministero della pubblica istruzione, iscritta al n. 433 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 306 del 19 novembre 1975.

Visto l'atto di costituzione di Menozzi Fernando e Curti Alceste, nonché l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 6 ottobre 1976 il Giudice relatore Angelo De Marco;

uditi gli avvocati Giuseppe Abbamonte e Giuseppe Guarino, per Menozzi Fernando e Curti Alceste, ed il vice Avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza 26 febbraio 1975, emessa nei procedimenti riuniti sui ricorsi di Menozzi Fernando e Curti Alceste contro il Ministero della pubblica istruzione, il tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna ha ritenuto rilevanti e non manifestamente infondate - sottoponendole quindi all'esame di questa Corte - le questioni di legittimità costituzionale:

a) dell'art. 1 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 (e allegale tabelle) in riferimento all'art. 76 della Costituzione, in quanto contrastante con l'art. 16 della legge di delega 18 marzo 1968, n. 249 (nel testo modificato dall'art. 12 della legge 28 ottobre 1970, n. 775);

b) in via subordinata, delle stesse norme, in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione.

Il Menozzi ed il Curti, entrambi presidi di scuole medie superiori, avevano chiesto al Ministero della pubblica istruzione che venisse loro accordato il trattamento economico spettante ai primi dirigenti della carriera direttiva delle amministrazioni statali ed il Ministero, con i provvedimenti impugnati davanti al T.A.R., aveva respinto tali richieste, opponendo, in sostanza, che le norme invocate dai richiedenti non riguardavano la disciplina della funzione dei capi di istituti scolastici.

Con l'ordinanza suddetta il T.A.R. perveniva alla decisione enunciata, rilevando:

che dalle tabelle allegate alle norme denunziate in effetti risultava che ai presidi delle scuole medie non era riconosciuto il trattamento dei primi dirigenti statali e che, quindi, i ricorsi non potevano essere accolti attraverso la semplice interpretazione delle norme stesse;

che, pertanto, solo attraverso una dichiarazione di illegittimità costituzionale di dette norme si sarebbe potuto pervenire a tale accoglimento, donde la rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale prospettate dai patroni delle parti ricorrenti;

che tali questioni risultavano non manifestamente infondate, in quanto: a) dalla legge di delega non risultava che al personale dirigente degli istituti di istruzione non si dovessero applicare le adottande norme sulla disciplina della dirigenza dei funzionari statali, donde la violazione dell'art. 76 della Costituzione; b) che, comunque, a parte il rilievo che, in passato, i presidi erano sempre stati inquadrati su piano identico ed anche superiore a quello dei provveditori agli studi per i quali le norme denunziate riconoscevano la qualifica dirigenziale, non poteva disconoscersi che ricorrevano tutti gli estremi di fatto e di diritto per riconoscere tale qualifica anche ai presidi: ne conseguiva la violazione degli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione.

Dopo gli adempimenti di legge il giudizio, come sopra promosso, viene ora alla cognizione della Corte.

In tale giudizio si sono costituite le parti private, il patrocinio delle quali, con gli atti di costituzione, conclude chiedendo che venga riconosciuta la fondatezza delle proposte questioni, ribadendo, al riguardo, le argomentazioni già ritenute non manifestamente infondate con l'ordinanza del T.A.R. ed insistendo nel dedurre la violazione dell'art. 5 della Costituzione, in tale ordinanza disattesa.

É intervenuto, altresì, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, con l'atto d'intervento, chiede che le proposte questioni vengano dichiarate infondate, deducendo al riguardo, in sostanza, quanto segue:

a) legittimamente per il personale scolastico, date le sue particolari caratteristiche, si é sempre ritenuto necessario un ordinamento speciale, cosicché non può parlarsi di violazione dell'art. 76 della Costituzione;

b) tale ordinamento speciale tiene il debito conto delle peculiari caratteristiche del personale scolastico, cosicché il diverso trattamento giuridico e retributivo per esso preveduto risulta razionale e pertanto é da escludersi l'asserita violazione degli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione.

Con una elaborata memoria, depositata il 22 settembre 1976, il patrocinio delle parti private illustra dettagliatamente i motivi di illegittimità già dedotti nell'atto di costituzione, insistendo in modo particolare, attraverso una minuziosa elencazione delle mansioni amministrative esercitate dai presidi, nella tesi che tali mansioni non sono diverse o meno delicate di quelle proprie dei primi dirigenti.

Considerato in diritto

1. - Come si é posto in rilievo in narrativa la Corte é chiamata a decidere:

a) se gli artt. 1 e seguenti e 47 e seguenti del d.P.R. n. 748 del 1972, nonché le tabelle allegate, violino l'art. 76 della Costituzione, per essere in contrasto con gli artt. 1 e seguenti della legge di delegazione n. 249 del 1968, così come modificati dalla legge n. 775 del 1970, in quanto tali norme riguarderebbero tutti gli impiegati dello Stato e non consentirebbero di escludere i presidi delle scuole secondarie dalla disciplina della funzione dirigenziale dettata con le norme delegate;

b) se gli artt. 1 e seguenti e 47 e seguenti del d.P.R. n. 748 del 1972, le allegate tabelle, nonché gli artt. 1 e 16 della legge n. 249 del 1968, e successive modificazioni, violino gli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, in quanto ai presidi sono conferite funzioni che potrebbero assimilarsi a quelle proprie della dirigenza statale, in particolare a quelle esercitate dal personale dirigenziale del provveditorato agli studi, rispetto al quale sarebbe stata introdotta una sperequazione ingiustificata a danno dei presidi in precedenza fruenti di un trattamento economico pari o superiore (art. 3), nonché per inadeguata valutazione della qualità del servizio prestato (art. 36) con grave incidenza sul buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97).

Le questioni, così prospettate, sono prive di fondamento giuridico, sotto tutti i profili sopra esposti.

2. - Non sussiste, in primo luogo, la dedotta violazione dell'art. 76 della Costituzione, in quanto né la legge di delegazione 18 marzo 1968, n. 249, né la successiva legge modificativa 28 ottobre 1970, n. 775, si riferiscono al trattamento giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato.

Come, infatti, risulta dalla relazione alla Camera dei deputati del Ministro per la pubblica istruzione sul disegno di legge perfezionatosi, poi, nella legge 30 luglio 1973, n. 477, di delegazione al Governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridico di detto personale, tali norme avrebbero dovuto essere emanate in forza della legge di delegazione 20 dicembre 1954, n. 1181 e con l'adeguamento dei criteri stabiliti dall'art. 7 di tale legge, entro l'11 gennaio 1956.

Alla data dell'11 gennaio 1956, invece, poté essere approvato soltanto lo "Statuto degli impiegati civili dello Stato" con d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 17 insieme con il decreto 11 gennaio 1956, n. 16 sull'"Ordinamento delle carriere degli impiegati dello Stato" poi trasfusi nel "Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato", approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, l'art. 384 del quale, peraltro, fa "salve le disposizioni speciali vigenti", tra l'altro, "per il personale insegnante, direttivo ed ispettivo delle scuole".

Venuti, così, a cessare i poteri, come sopra delegati, restava aperto il problema di un aggiornamento della "disciplina speciale" relativa a detto personale.

La soluzione di tale problema venne a formare oggetto di apposito disegno di legge, approvato dal Consiglio dei ministri, presentato alla Camera dei deputati nel dicembre del 1966 (n. 2107) come di "Delega al Governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, docente ed assistente della scuola".

L'iter successivo di questo disegno di legge si incrociava con quello del riordinamento delle carriere, del trattamento economico e di quiescenza dei pubblici dipendenti in generale e dei dipendenti statali in particolare, che poi si concluse nelle leggi di delegazione n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970 ed infine nel d.P.R. n. 748 del 1972.

Il disegno di legge n. 2107, invece, venne a decadere nella primavera del 1968 per fine legislatura ed altrettanto ebbe a verificarsi, per lo scioglimento delle Camere, per altro disegno di legge di delegazione che pur aveva ottenuto definitiva approvazione della Camera dei deputati nella seduta del 14 luglio 1971 ed era stato trasmesso al Senato.

Di qui la nuova legge di delegazione n. 477 del 1973, in attuazione della quale é stato emanato il d.P.R. 30 gennaio 1976, n. 13, sul riordinamento dei ruoli del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato.

Resta così dimostrato che la delegazione conferita al Governo con le leggi n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970 non si estendeva all'ordinamento speciale del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola e che quindi legittimamente il d.P.R. n. 748 del 1972 tale ordinamento non ha contemplato.

3. - Escluso, per le ragioni sopra esposte, che vi sia stata violazione dell'art. 76 della Costituzione, resta da accertare se, con il non comprendere nelle delegazioni di cui alle citate leggi n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970 anche il personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola, il legislatore sia incorso nella violazione delle norme di cui agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, denunziata dal giudice a quo.

Al riguardo non può negarsi che con la legge di delegazione n. 1181 del 1954 il legislatore si fosse proposto un riordinamento delle carriere di tutto il personale dello Stato che, discostandosi dai criteri rigorosamente unitari che informavano la legge 11 novembre 1923, n. 2395, tenesse presenti le particolari caratteristiche di alcune categorie di personale per le quali si rendeva necessario un ordinamento speciale.

Senonché, come sopra si é rilevato, con tale delegazione si é pervenuti soltanto a quei decreti delegati n. 16 e n. 17 dell'11 gennaio 1956, trasfusi nel "Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato", approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3.

Mentre per talune categorie restavano fermi gli ordinamenti speciali che - anche vigente l'ordinamento gerarchico del 1923 - si erano dovuti adottare da tempo (ordinamento giudiziario, ordinamento del personale diplomatico, ordinamento degli ufficiali e sottufficiali delle forze armate) e per un'altra categoria - appunto quella alla quale si riferisce il presente giudizio - non si riuscivano a perfezionare le più volte progettate leggi di delegazione sopra citate, dirette a disciplinare il necessario ordinamento speciale, non si era ancora pervenuti a concretizzare una disciplina adeguata dell'ordinamento di quel personale addetto ai servizi centrali e periferici dei Ministeri che costituisce la struttura portante dell'Amministrazione statale.

Vi si é, infine, pervenuti con quelle leggi n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970 di delegazione, il cui essenziale criterio informatore risulta dalla intitolazione del decreto di attuazione n. 748 del 1972: "Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo".

Si é, così, creata nell'ambito delle carriere direttive dell'Amministrazione statale una particolare categoria di funzionari, caratterizzata da una rigorosa selezione qualitativa, alla quale, con l'attribuzione di una larga sfera di potestà decisionale e corrispondente responsabilità, viene affidata la dirigenza dell'Amministrazione, con quella agilità e prontezza di decisione e di azione che sono necessarie in funzione della corretta attuazione dell'art. 97 della Costituzione.

Di qui la necessità di tenere nettamente distinta l'attività strettamente amministrativa da ogni altra attività inerente ad altri settori, anche essenziali, delle attribuzioni statali, dato che la funzione dirigenziale é collegata alla tradizionale articolazione degli uffici ministeriali in direzioni generali, uffici centrali assimilabili e divisioni, articolazione che, in quanto ne ricorrano le condizioni, si estende agli uffici periferici, la cui situazione deve essere disposta con legge, anche ai fini delle determinazioni delle qualifiche dei funzionari da preporre alla loro direzione (art. 2, commi primo, quinto, sesto e settimo, della legge n. 249 del 1968).

Infatti, con il d.P.R. n. 748 del 1972, sono stati dettagliatamente specificati i compiti dei dirigenti sia degli uffici centrali, sia di quelli periferici (art. 2) in relazione agli uffici ai quali debbono essere preposti ed, in particolare, per quanto attiene ai primi dirigenti di uffici periferici (art. 6) dispone che debbono essere preposti ad uffici con circoscrizione provinciale o di particolare importanza.

Inoltre (art. 6 secondo comma) "negli uffici periferici diretti da dirigenti con qualifica superiore, essi (ossia i primi dirigenti) sono preposti alle ripartizioni di livello corrispondente alla divisione, ove esistano, o svolgono altre funzioni di pari rilevanza previste dalle disposizioni particolari concernenti le singole amministrazioni". Dal che chiaramente si desume che gli uffici periferici ai quali i primi dirigenti possono essere preposti o debbono avere circoscrizione provinciale o debbono essere di livello corrispondente alla divisione o di pari rilevanza.

Ora, tenuto presente che oggetto del giudizio a quo é la richiesta del riconoscimento ai presidi delle scuole medie della qualifica di primo dirigente e non semplicemente quello dell'attribuzione del trattamento economico di tale qualifica, alla stregua delle considerazioni che precedono, deve escludersi che sussistano le denunziate violazioni degli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, che inficierebbero le norme delle leggi n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970, in base alle quali quel riconoscimento é stato negato.

Si deve, infatti, rilevare che in base all'ordinamento speciale per il personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola, i presidi delle scuole secondarie - anche se in qualche periodo hanno avuto attribuito grado uguale e perfino superiore a quello dei provveditori agli studi - rispetto ai quali si lamenta la disparità di trattamento ai fini del presente giudizio - sono stati sempre inquadrati nei ruoli del personale della scuola.

Si hanno, quindi, posizioni differenziate - essendo stati invece i provveditori agli studi sempre inquadrati nei ruoli del personale amministrativo - il che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, legittima una disciplina del pari differenziata.

Per uniformarsi a tale giurisprudenza occorre, pertanto, accertare se quelle differenziazioni abbiano un fondamento razionale.

Al riguardo basta rilevare che, anche se tra le attribuzioni dei presidi ve ne sono alcune di carattere amministrativo di non trascurabile rilevanza, la loro prevalente attribuzione é quella di sopraintendere al governo della scuola, soprattutto sotto il profilo didattico ed é appunto per questo che i presidi sono sempre stati e sono tuttora prescelti tra il personale docente laureato e fanno parte dei ruoli della scuola.

D'altra parte per codesto personale non é possibile neppure ipotizzare una funzione dirigenziale paragonabile a quella sopra illustrata riguardante il personale amministrativo. Si tratta, invero, di un personale che, dall'inizio della carriera fino al suo termine, anche se di alto livello scientifico, quale quello universitario, esercita le stesse funzioni di studio e di insegnamento, che possono differenziarsi per efficacia, in relazione alle doti personali di chi le esercita, ma, funzionalmente, non si prestano ad alcuna classificazione o differenziazione, tanto vero che in detta carriera non é preveduta altra progressione che non sia quella meramente economica.

Comunque, l'attribuzione ai presidi della qualifica di primo dirigente implicherebbe il passaggio nel ruolo amministrativo il che, a parte ogni altra considerazione, non sarebbe possibile, in quanto, come sopra si é rilevato, ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. n. 748 del 1972, occorrerebbe per essi la circoscrizione provinciale. Le scuole citate dal patrocinio delle parti private e dirette da funzionari con qualifica dirigenziale, sono infatti scuole speciali uniche in tutto il territorio nazionale e, quindi, con circoscrizione più che provinciale.

Né può opporsi che le scuole rientrano tra le "amministrazioni ad ordinamento autonomo" alle quali si applicano le norme sulla dirigenza, dato che, anche se la formulazione dell'art. 384 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, può far sorgere qualche dubbio al riguardo, nel caso del personale scolastico si tratta di ordinamento speciale e non autonomo, come dimostra la dipendenza diretta dal Ministero della pubblica istruzione ed, in sede decentrata, dal provveditore agli studi, per quanto riguarda la parte meramente amministrativa.

Pienamente razionale e rispondente all'ordinamento instaurato col d.P.R. n. 748 del 1972 risulta, quindi, la differenziata disciplina in esame, con la conseguenza che, come già si é detto, non sussiste la dedotta violazione del principio di eguaglianza.

Altrettanto é a dirsi per la dedotta violazione dell'art. 36 della Costituzione, che attiene al trattamento economico.

Invero, attualmente, i provveditori agli studi hanno la qualifica di dirigente superiore e non di primo dirigente e quindi il loro trattamento economico non é comparabile con quello dei presidi. Inoltre, sta di fatto che i presidi - per i quali, a conferma della loro prevalente qualità di docenti era da tempo istituita un'indennità di studio (vedasi da ultimo la legge 15 febbraio 1963, n. 355) - hanno uno stipendio base ed un'indennità (ora definita "assegno annuo pensionabile"), nel loro complesso di poco inferiore allo stipendio base ed all'indennità di funzione dei primi dirigenti, il che, attesa la diversità di posizione posta sopra in rilievo, ben può attribuirsi ad esatta e non errata applicazione dell'art. 36, il quale evidentemente lascia al legislatore un certo margine di discrezionalità.

Escluse così le violazioni sia dell'art. 3, sia dell'art. 36 della Costituzione, viene meno anche quella dell'art. 97 della Costituzione, che sulla loro esistenza dovrebbe trovare fondamento.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 (Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle Amministrazioni del lo Stato, anche ad ordinamento autonomo), e allegate tabelle, e 16 della legge 18 marzo 1968, n. 249 (Delega al Governo per il riordinamento dell'Amministrazione dello Stato, per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti statali), nel testo modificato dall'art. 12 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, sollevata, in riferimento agli artt. 76, 3, 36 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 novembre 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO – Leopoldo ELIA.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 24 novembre 1976.