Sentenza n. 220 del 1976
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SENTENZA N. 220

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18, terzo comma, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro), promosso con ordinanza emessa il 4 dicembre 1973 dalla Corte di appello di Bologna nel proc. civ. vertente tra Spadini Luciano ed altri e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, iscritta al n. 297 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 250 del 25 settembre 1974.

Visti gli atti di costituzione di Spadini Luciano e Tentoni Claudio e dell'Amministrazione finanziaria dello Stato;

udito nell'udienza pubblica del 14 giugno 1976 il Giudice relatore Giulio Gionfrida;

uditi l'avv. Luciano Borelli, per Spadini Luciano e Tentoni Claudio, e il vice Avvocato generale dello Stato Giovanni Albisinni, per l'Amministrazione finanziaria dello Stato.

Ritenuto in fatto

1. - A seguito di gravame proposto contro la sentenza 15 giugno 1972 del tribunale di Bologna (che aveva respinto l'opposizione proposta da Luciano Spadini, Claudio Tentoni ed Orfeo Signorini avverso l'ingiunzione dell'Ufficio del registro, con cui ai predetti - in precedenza dichiarati falliti, in proprio e quali soci di società di fatto, e, quindi, rientrati in bonis - era stato intimato il pagamento dell'imposta sull'enunciazione della detta società, in misura corrispondente al patrimonio esistente al momento della registrazione della sentenza dichiarativa di fallimento, in che l'enunciazione stessa era ravvisata), l'adita Corte di appello di Bologna (ritenuto preliminarmente che, al fine dell'applicazione dell'imposta di registro sulle enunciazioni, anche in sentenza, di società irregolare o di fatto, il valore imponibile - che logicamente si correla al momento della costituzione della società - può, ex art. 18 della legge di registro, essere accertato, "presuntivamente", in base al patrimonio sociale al momento della enunciazione; essendo salva per il contribuente la prova contraria, con esclusione, però, di quella testimoniale), con ordinanza in data 4 dicembre 1973, ha ritenuto rilevante (in quanto si dolevano, nella specie, gli appellanti proprio di non essere stati ammessi a dimostrare per testi la minore entità del capitale sociale originario rispetto al patrimonio al momento della enunciazione) ed, inoltre, non manifestamente infondata - onde ha sollevato - questione di legittimità costituzionale del terzo comma dell'art. 18 innanzi citato, "per la parte, appunto, in cui esclude la possibilità, per il contribuente, di contrastare con la prova testimoniale la presunzione stabilita in favore del fisco, circa la corrispondenza del patrimonio sociale al capitale sociale originario".

Ha indicato a parametri gli articoli 3 e 24 della Costituzione e ne ha motivato l'ipotizzata violazione:

a) quanto al primo, in base al rilievo della ingiustificata discriminazione di trattamento, che verrebbe, per effetto della disposizione denunziata, nella specie a determinarsi, tra il fisco (ammesso ad accertare presuntivamente l'esistenza ed il valore degli atti traslativi di proprietà, tra cui appunto i conferimenti societari) ed il contribuente (non ammesso, invece, a resistere per testi la detta presunzione);

b) quanto al secondo, in considerazione della vulnerazione del diritto di difesa del contribuente, conseguente alla indicata limitazione della prova in suo danno sancita.

2. - Ritualmente notificata, comunicata e pubblicata l'ordinanza de qua ed instaurato il giudizio innanzi alla Corte, si sono in questo costituite le parti private, sostenendo (con argomentazioni sostanzialmente coincidenti con quelle svolte dal giudice di rinvio e, soprattutto, incentrate sull'assunto della ingiustificata posizione di "preminenza" attribuita all'Amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente) la illegittimità della norma impugnata.

3. - É intervenuto, altresì, il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso nel senso, invece, della non fondatezza della sollevata questione.

Considerato in diritto

1. - In un giudizio civile, concernente opposizione ad ingiunzione di pagamento della imposta di registro su enunciazione (in sentenza dichiarativa di fallimento) di società di fatto, la Corte di Bologna (adita in sede di gravame - Avverso la decisione del primo giudice che aveva respinto la detta opposizione) - rilevato, in premessa, che il tributo era stato nella specie calcolato in base a "presunzione di corrispondenza, del capitale esistente al momento dell'enunciazione, al patrimonio sociale originario" e che si dolevano, appunto, gli appellanti di non essere stati ammessi a provare in contrario, per testi, la minore entità dei conferimenti iniziali - ha, come detto, sollevato questione di legittimità, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 18 della legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269): "limitatamente all'inciso che esclude la possibilità per il contribuente di contrastare con la prova testimoniale la presunzione stabilita in favore del fisco di corrispondenza del capitale sociale al patrimonio originario".

2. - La questione non é fondata: in quanto, invero, la retta esegesi della norma impugnata consente di escludere che si trovi in essa sancita la presunzione in favore del fisco sopra indicata.

3. - Stabilisce, infatti, il comma primo dell'art. 18 citato che, qualora si abbia la prova di una convenzione che faccia presupporre in un soggetto il diritto di proprietà (od usufrutto) su immobili, ciò basti per far ritenere che egli ne sia divenuto titolare in virtù di un trasferimento assoggettabile ad imposta.

In relazione a tale "presunzione di trasferimento", appunto, prevede poi il comma terzo dello stesso articolo che la (pur consentita) prova contraria - di un (eventuale) diverso titolo di acquisto del bene (quale, ad esempio, l'usucapione) - non possa essere fornita, dal contribuente, mediante testimoni.

Ora, é pur vero che la disposizione richiamata é stata ritenuta applicabile (in correlazione all'art. 62 della legge di registro) anche alle enunciazioni contenute in sentenza ed, in particolare, alle enunciazioni di società irregolare o di fatto in sentenza dichiarativa di fallimento: affermandosi (con costante giurisprudenza) che, ove risulti (ad esempio dall'inventario) l'appartenenza alla società di immobili, debba presumersi l'avvenuto conferimento (od un titolo comunque traslativo d'acquisto) di detti beni.

Ed é vero altresì, per quanto attiene alla data dei conferimenti (o trasferimenti) sopraddetti, che questa può venire, in pratica, a determinarsi in coincidenza con il momento stesso dell'enunciazione della società: giacché - in difetto di "prova contraria del contribuente ai sensi dell'art. 18", secondo la espressione testualmente usata dalla Cassazione in alcune decisioni richiamate dal giudice a quo (ma le Commissioni tributarie parlano, più genericamente, di "prova inoppugnabile") - é (solo) al momento dell'accertamento (contenuto nella enunciazione) che si presume, nei confronti del fisco, venuta ad esistenza la società (e quindi attuati i conferimenti).

Gli é, però, che entrambe tali ricordate presunzioni (di conferimento degli immobili esistenti nel patrimonio sociale e di coincidenza cronologica del momento della costituzione della società di fatto con quello del suo accertamento), che la giurisprudenza riconduce alla previsione normativa dell'art. 18 cit., attengono, in realtà, ad ipotesi ben diverse da quella che nella specie, invece, ricorre (giusta la prospettazione, del resto, dello stesso giudice a quo).

Nel caso in esame, infatti - in quanto é pacifica la premessa dell'avvenuta costituzione della società in epoca anteriore a quella della sua enunciazione - il problema che si pone, in relazione ad un dato immobile facente parte del patrimonio sociale, é quello unicamente di accertare la data del relativo conferimento: di stabilire, cioé, se il bene stesso sia stato conferito ab initio (come, nell'opposta ingiunzione si assume, dal fisco, al fine di ricomprenderlo nell'oggetto dell'atto costitutivo tassato) od, invece, in epoca successiva.

Ora - stante, appunto, la dissociazione temporale tra costituzione ed accertamento della società di fatto - l'originarietà del trasferimento (la sua riconducibilità, cioé, al momento stesso della costituzione della società e non ad uno dei possibili momenti successivi) deve essere, evidentemente, accertata in concreto, in base ai comuni elementi probatori.

Nell'ambito di tali elementi, non é escluso il ricorso anche alla presunzione: ma si tratterà, come é evidente, di presunzione semplice regolata dai generali principi del diritto, e non dalla norma speciale dell'art. 18; anche in considerazione del fatto che la presunzione stessa, nella diversa ipotesi che venga in discussione la tassazione (non della costituzione della società, ma) del singolo conferimento, gioverebbe, in realtà, non già al fisco, ma al contribuente, il quale, con la datazione anteriore dell'atto, dimostrerebbe il minor valore del bene che ne costituisce oggetto.

4. - In conclusione, in quanto é erronea la premessa interpretativa del giudice a quo relativamente al contenuto della norma impugnata, deve dichiararsi infondata la questione di costituzionalità sul presupposto di tale interpretazione, appunto, sollevata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 3 agosto 1976.