Sentenza n. 201 del 1976
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SENTENZA N. 201

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof . Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 25, secondo comma, della legge 7 luglio 1907, n. 429 (ordinamento dell'esercizio di Stato delle ferrovie non concesse ad imprese private), nel testo modificato dal regio decreto 28 giugno 1912, n. 728, e con le integrazioni di cui all'art. 9 del decreto legge 13 agosto 1917, n. 1393; dell'art. 35, ultimo comma, della legge 26 marzo 1958, n. 425, nonché delle altre disposizioni di legge collegate allo stesso art. 25 (art. 57 testo unico legge sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214; art. 56 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038; art. 4 del regio decreto 19 gennaio 1939, n. 295) e dell'art. 1310, primo comma, del codice civile, promossi con ordinanze emesse il 22 giugno e il 10 dicembre 1973 dalla Corte dei conti - sezione I giurisdizionale - nei giudizi di responsabilità a carico di Ciavatta Pasquale e di Torre Armando, Calabresi Bruno ed altri, iscritte ai nn. 56 e 399 del registro ordinanze 1974 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 69 del 13 marzo 1974 e n. 289 del 6 novembre 1974.

Visto l'atto di costituzione di Calabresi Bruno ed altri;

udito nell'udienza pubblica del 3 giugno 1976 il Giudice relatore Ercole Rocchetti;

udito l'avv. Gino Lanzara, per Calabresi Bruno ed altri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso del giudizio di responsabilità promosso dal Procuratore generale della Corte dei conti nei confronti dell'agente ferroviario Ciavatta Pasquale, responsabile di un incidente in ordine al quale l'Amministrazione era stata costretta a risarcire i danneggiati, la sezione I giurisdizionale della stessa Corte, su apposita eccezione del Procuratore generale, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, primo comma, e 103, secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25, secondo comma, della legge 7 luglio 1907, n. 429 (nel testo modificato dal regio decreto 28 giugno 1912, n. 728 e con le integrazioni di cui all'art. 9 del d.l.l. 13 agosto 1917, n. 1393 e art. 35, ultimo comma, della legge 26 marzo 1958, n. 425), nonché delle altre disposizioni di legge che si ricollegano allo stesso art. 25 (art. 57 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214; art. 56 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038; art. 4 del regio decreto 19 gennaio 1939, n. 295).

Le norme impugnate stabiliscono che talune categorie di funzionari e agenti della Amministrazione ferroviaria rispondono direttamente alla stessa amministrazione dei danni ad essa arrecati per loro colpa o negligenza e che l'amministrazione é in facoltà di rivalersi delle somme messe a loro carico mediante ritenute da praticare sui loro stipendi o paghe e, valutate le circostanze, ha il potere di ridurre, ed anche di non applicare, l'addebito per il danno subito.

Secondo il giudice a quo, questa disciplina contrasta con l'art. 3 della Costituzione perché crea una ingiustificata disparità di trattamento tra il personale dell'azienda ferroviaria e le altre categorie di dipendenti statali che esplichino funzioni od attività oggettivamente analoghe a quelle svolte dai dipendenti ferroviari: ed invero, mentre questi ultimi rispondono in via principale alla propria amministrazione nella quale possono trovare, e di fatto trovano, ampia comprensione e giustificazione, le altre categorie di dipendenti statali sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti e all'azione del Procuratore generale, che é organo indipendente e preordinato alla tutela della legge.

Inoltre, le norme denunciate, in quanto costituiscono una deroga al sistema di giurisdizione contabile attribuito in via generale ed esclusiva alla Corte dei conti, violano l'art. 103, secondo comma, della Costituzione, che tale giurisdizione "nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge" direttamente riconosce e garantisce.

L'ordinanza é stata ritualmente notificata, comunicata e pubblicata.

Nel presente giudizio nessuna delle parti si é costituita né é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

2. - Negli stessi termini, la questione é stata riproposta dalla sezione I giurisdizionale della Corte dei conti con ordinanza emessa il 10 dicembre 1973 nel giudizio di responsabilità a carico di Torre Armando ed altri. In tale giudizio instaurato dal Procuratore generale nei confronti del Torre e, come corresponsabili amministrativi, di altri dipendenti dell'amministrazione ferroviaria, la sezione ha sollevato anche con riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1310, primo comma, del codice civile, nella parte in cui dispone che l'interruzione della prescrizione nei confronti di un condebitore abbia effetto anche nei confronti degli altri condebitori solidali.

A questo riguardo la sezione rileva che il condebitore solidale viene a trovarsi, in relazione alla prescrizione, in posizione di diseguglianza e di sfavore rispetto a colui che può essere convenuto come debitore unico, posizione che risulta in contrasto non solo con il principio di eguaglianza ma anche col diritto di difesa.

Anche tale ordinanza é stata notificata, comunicata e pubblicata ai sensi di legge.

3. - Nel giudizio instaurato da quest'ultima ordinanza, si sono costituiti dinanzi alla Corte i signori Bruno Calabresi, Mario Cecconi e Agostino Pittaluga, a mezzo dell'avv. Gino Lanzara, il quale, con ampia comparsa, depositata in cancelleria il 2 ottobre 1974, integrata da una successiva memoria, chiede che la Corte da un lato dichiari la illegittimità costituzionale dell'art. 1310, primo comma, codice civile, e dall'altro dichiari manifestamente infondata la questione dello art. 25 della legge 7 luglio 1907, n. 429, e successive modificazioni e integrazioni e delle norme connesse a tale disposizione.

All'udienza di discussione le parti costituite hanno ulteriormente illustrato le proprie deduzioni scritte.

Considerato in diritto

1. - La sezione I giurisdizionale della Corte dei conti, con le due ordinanze in data 22 giugno e 10 dicembre 1973, ha proposto questione di costituzionalità dell'art. 25, secondo comma, (quarto, quinto e sesto del testo vigente) della legge 7 luglio 1907, n. 429, nonché delle norme che la modificano e di quelle che vi si ricollegano, le quali tutte sono state avanti richiamate.

L'impugnativa riguarda la parte in cui quelle norme dispongono che particolari categorie di funzionari ed agenti delle ferrovie dello Stato, in casi determinati, e per quanto concerne i danni da loro arrecati per colpa e negligenza alla amministrazione, sono chiamati a rispondere avanti gli organi della stessa, i quali, valutate le circostanze, hanno il potere di ridurre, o anche di non applicare, l'addebito, e cioé di bonificarlo per intero.

L'impugnazione é proposta in riferimento all'art. 103, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, in quanto la giurisdizione in materia di contabilità pubblica spetta istituzionalmente alla Corte dei conti che procede d'ufficio allo accertamento delle responsabilità nei confronti di tutti i pubblici dipendenti, rispetto ai quali non esiste il potere di esonero dell'intero addebito, eccezionalmente previsto dalle norme impugnate in favore dei dipendenti dell'amministrazione ferroviaria.

2. - Con la seconda delle due ordinanze, la stessa sezione propone poi anche questione di legittimità costituzionale dell'art. 1310, comma primo, del codice civile "nella parte in cui dispone che l'interruzione della prescrizione nei confronti di un condebitore abbia effetto anche nei confronti degli altri debitori solidali".

L'impugnazione é proposta in riferimento agli artt. 3, comma primo, e 24 della Costituzione.

3 - Nell'iniziare l'esame della prima delle due questioni di costituzionalità, occorre preliminarmente darsi conto della eccezione di irrilevanza proposta dalla difesa della parte privata. Essa sostiene che, avendo la Corte dei conti già ammesso, con sentenza parziale, la propria giurisdizione sul caso, non ha più rilievo discutere se la decisione sulla responsabilità dei dipendenti delle ferrovie debba appartenere ad essa Corte anziché all'amministrazione ferroviaria, perché questo problema involge anch'esso una questione di giurisdizione, in quanto esprime un conflitto tra un giudice e la pubblica amministrazione.

Ma l'eccezione non é fondata, perché, in presenza di due questioni diverse, anche se vertenti entrambe in materia di giurisdizione, la decisione dell'una non preclude quella dell'altra. Nel caso, decisa la giurisdizione sui soggetti, quali pubblici dipendenti in azione connessa al rapporto di servizio, resta impregiudicata l'altra relativa all'oggetto della contesa, concernente il potere contestato fra il giudice e la pubblica amministrazione a decidere sul caso.

4. - Passando ora all'esame del merito della prima questione, si osserva che in base al vigente testo dell'art. 25 impugnato, solo alcuni dei dipendenti delle ferrovie dello Stato sono direttamente sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativa. Essi sono: i componenti del Consiglio di amministrazione, il direttore generale, i funzionari di ragioneria, gli ordinatori di spesa ed i cassieri, mentre tutti gli altri dipendenti rispondono invece all'Azienda e la Corte dei conti é chiamata ad occuparsi di essi, o su loro ricorso, contro la liquidazione dei danni operata dall'Amministrazione (il che sembra non accada mai perché la misura della liquidazione é, d'ordinario, assai tenue) o, su richiesta della Amministrazione, quando l'entità della liquidazione non consente il rimborso per trattenuta sullo stipendio ed occorra quindi agire in esecuzione sul patrimonio del dipendente debitore.

A ciò deve aggiungersi la particolarità della disposizione che conferisce all'Amministrazione ferroviaria, oltre al potere riduttivo, anche quello relativo alla rimessione totale dell'addebito, costituente un vero privilegio per i suoi dipendenti, perché non previsto per nessun altro di ogni appartenente ad un'amministrazione statale.

Dalla normativa discende quindi una grave limitazione dei poteri ordinariamente spettanti alla Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativa dei pubblici dipendenti derivante dalla violazione di doveri inerenti al rapporto di servizio; limitazione che contrasta certamente con la disposizione del secondo comma dell'art. 103 della Costituzione.

Invero, non si dubita che nelle "materie di contabilità pubblica" rientri quella concernente i giudizi di responsabilità amministrativa a carico dei dipendenti dello Stato (sentenza n. 68 del 1971) la cui fondamentale caratteristica é l'impulso d'ufficio, con azione promossa da un organo indipendente ed imparziale quale il procuratore generale della Corte dei conti.

Ciò vale per ritenere illegittima la parte della normativa che assegna all'Amministrazione ferroviaria l'accertamento e la liquidazione dell'addebito.

Ma qualche rilievo va fatto anche in relazione a quella parte della normativa che si riferisce al potere di rimessione totale dell'addebito, perché essa, se avesse base razionale, potrebbe anche permanere, pur dopo la riassunzione della Corte dei conti della piena giurisdizione in materia.

Ma anche questo aspetto della questione va risolto nel senso della fondatezza della eccezione proposta, perché, pur ammettendo che la funzione di alcune categorie degli agenti ferroviari presenti delle particolarità, non può non riconoscersi che altri dipendenti, come quelli addetti alla conduzione di autoveicoli, navi ed aeromobili statali, svolgono mansioni sostanzialmente affini. La differenza di trattamento riservata ai ferrovieri non ha pertanto ragione di esistere e la norma che la contempla deve ritenersi viziata, perché contrastante con l'art. 3, primo comma, della Costituzione.

Al riguardo é però da notare che i dipendenti statali sopra indicati, i quali, nell'esercizio delle loro attribuzioni attinenti alla conduzione di mezzi di locomozione, cagionino un danno all'amministrazione, sono tenuti a risarcimento solo nel caso di danni arrecati per dolo o per colpa grave (legge 31 dicembre 1962, n. 1833, e legge 17 marzo 1975, n. 69). Anche ai dipendenti delle ferrovie che esercitino mansioni affini a quelle testé richiamate, non potrà essere usato trattamento diverso, e pertanto la relativa normativa dovrà essere estesa anche a loro.

5. - La seconda questione, che ha per oggetto l'art. 1310, comma primo, del codice civile e concerne l'efficacia che, nei confronti di tutti i condebitori solidali, ha l'atto interruttivo della prescrizione intimato anche a uno solo di essi, é stata recentemente (sentenza n. 8 del 1975) dichiarata non fondata dalla Corte in riferimento agli stessi articoli 3, comma primo, e 24 della Costituzione, rispetto ai quali é stata ora riproposta.

Si é in detta sentenza ritenuto, con dovizia di argomenti, che, in una obbligazione solidale passiva, l'effetto conservativo dell'atto interruttivo della prescrizione non può non estendersi automaticamente ai coobbligati.

E poiché nessun nuovo elemento é stato al riguardo fornito, la questione non può che essere nuovamente dichiarata non fondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 25, secondo comma, della legge 7 luglio 1907, n. 429, nel testo modificato dal regio decreto 28 giugno 1912, n. 728 (quarto, quinto e sesto comma) e con le integrazioni di cui all'art. 9 del d.l.l. 13 agosto 1917, n. 1393, e art. 35, ultimo comma, della legge 26 marzo 1958, n. 425, nonché delle altre disposizioni di legge che ad esso articolo si ricollegano (art. 57 testo unico sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214; art. 56 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038; art. 4 del regio decreto 19 gennaio 1939, n. 295), nella parte in cui tali norme dispongono che i funzionari ed agenti delle ferrovie dello Stato non compresi nel comma terzo dell'art. 25, negli artt. 14 e 37 della legge 7 luglio 1907, n. 429, testo vigente, rispondono direttamente alla Amministrazione dei danni ad essa arrecati per la loro colpa o negligenza, e che le autorità competenti a pronunciarsi al riguardo possono, valutate le circostanze, ridurre o anche non applicare, l'addebito per il danno subito dall'Amministrazione;

b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1310, comma primo, del codice civile, proposta dalla seconda delle due ordinanze di cui in epigrafe, con riferimento agli artt. 3, comma primo, e 24 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO – Leopoldo ELIA.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 28 luglio 1976.