Sentenza n. 199 del 1976
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SENTENZA N. 199

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale della legge 3 febbraio 1965, n. 14 (regolamentazione delle assuntorie nelle ferrotranvie esercitate in regime di concessione), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 22 maggio 1973 dal tribunale di Lecce nel procedimento civile vertente tra Rizzo Gaetano e la società Ferrovie Sud-Est, iscritta al n. 163 del reg. ord. 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 146 del 5 giugno 1974;

2) ordinanza emessa il 21 dicembre 1973 dalla Corte d'appello di Roma nel procedimento civile vertente tra l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e la società Romana per le Ferrovie del Nord, iscritta al n. 262 del reg. ord. 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 231 del 4 settembre 1974.

Visti gli atti di costituzione dell'INAIL, della società Ferrovie Sud-Est e della società Romana per le Ferrovie del Nord, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 19 maggio 1976 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;

uditi l'avv. Tommaso Fontana, per l'INAIL, l'avv. Salvatore Sambiagio per la Società Romana per le Ferrovie del Nord, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Il tribunale di Lecce, nel procedimento civile vertente tra Gaetano Rizzo e la società per azioni Ferrovie del Sud-Est, con ordinanza del 22 maggio 1973, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della legge 3 febbraio 1965, n. 14 (regolamentazione delle assuntorie nelle ferrotranvie esercitate in regime di concessione), in riferimento agli artt. 3, 35 e 36 della Costituzione.

Chiamato a "decidere se il corrispettivo dell'opera prestata da un assuntore debba essere o no proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro prestato, e debba altresì rispondere all'esigenza di assicurare allo stesso assuntore, ed alla sua famiglia, un'esistenza libera e dignitosa" ed a "stabilire se il canone previsto dalla legge del 1965, e di fatto percepito dal Rizzo, risponda ai criteri dettati appunto dall'art. 36 della Costituzione", ha ritenuto essere di ostacolo, a tale esame, il complesso delle norme contenute nella legge n. 14 del 1965, che, disciplinando il lavoro degli assuntori come se fosse locatio operis, non consente al giudice ordinario di applicare l'art. 36 della Costituzione soprattutto perché la giurisprudenza ha tradizionalmente riservato tale applicazione all'area della locatio operarum.

Ha però rilevato che, "pur potendosi in astratto parlare di contratto misto, quello di assuntoria, é in maniera determinante, un contratto di locatio operarum", e che pertanto dalle norme denunciate "derivi una condizione di diseguaglianza tra lavoratori subordinati", ad una parte di essi essendo applicabile l'art. 36 e ad altra parte, sia pure esigua, e cioé agli assuntori, la stessa disposizione costituzionale non sarebbe applicabile.

Ed ha infine ritenuto che "la sovranità del potere legislativo nell'assoggettare un certo tipo di rapporto ad una determinata disciplina, diversa da quella accordata ad altri rapporti aventi identica struttura economica e sociale" "debba trovare il suo limite nelle norme costituzionali che garantiscono pari dignità sociale a tutti i cittadini, e che ai cittadini lavoratori subordinati, assicurano la realizzazione concreta di tale dignità, mercé l'applicazione dei criteri sanciti nell'art. 36 della Costituzione".

2. - Davanti a questa Corte si sono costituiti il Rizzo (fuori del termine di legge) e le Ferrovie del Sud-Est s.p.a. ed ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

a) La difesa delle Ferrovie del Sud-Est s.p.a. (avv. Giulio Pacelli), ritenuta fondamentale per la risoluzione della questione sottoposta all'esame di questa Corte la definizione della natura del contratto di assuntoria, ha ricordato che prima della legge n. 14 del 1965 il rapporto, caratterizzato dall'espletamento di un servizio e dalla corresponsione di un compenso pattuito contrattualmente, era considerato di lavoro autonomo regolato da una convenzione e da un capitolato approvati dal ministero, e che con la citata legge il legislatore ha voluto conservare al rapporto di assuntoria le caratteristiche di lavoro autonomo ed in effetti il contratto de quo rientra "nello schema del contratto d'opera, in quanto l'assuntore si obbliga, verso un corrispettivo, a prestare un servizio, quale risultato della sua autonoma attività organizzativa".

Si appalesa quindi privo di fondamento il presupposto base della tesi del tribunale di Lecce.

Il legislatore, quindi, non ha oltrepassato il limite delle norme costituzionali, con l'assoggettamento del rapporto in oggetto alla disciplina del lavoro autonomo, proprio per la diversità della struttura economica e sociale del rapporto stesso.

D'altra parte il legislatore, pur confermando le caratteristiche dei rapporto di lavoro autonomo, si é esplicitamente preoccupato, in osservanza delle norme costituzionali a tutela del lavoro, che il trattamento economico del personale fosse adeguato alla reale portata delle mansioni.

Tutto ciò considerato, la difesa delle Ferrovie del Sud-Est s.p.a. ha concluso per la non fondatezza della questione.

b) Secondo la difesa dello Stato le conclusioni a cui perviene il tribunale, sono viziate da una non del tutto chiara impostazione metodologica da esso data al proprio ragionamento.

Anzitutto occorre osservare che la legge n. 14 del 1965 non contiene alcuna specifica qualificazione o classificazione giuridica del rapporto di assuntoria nelle ferrotranvie esercitate in regime di concessione e che pertanto una tale qualificazione giuridica rientra nel compito dell'interprete e conseguentemente del giudice.

In secondo luogo, va considerato che la questione prospettata nell'ordinanza nasce solo da una visione puramente formalistica della disciplina normativa di un rapporto giuridico che, secondo il tribunale, si limiterebbe a rivestire un contenuto sostanziale preesistente e, in certo modo, indipendente dalla norma positiva. É invece evidente che la natura giuridica del rapporto di assuntoria non può essere misurata che in base alla disciplina normativa positiva.

Ed in terzo luogo - si dice - é appena da osservare che, neppure nel caso di una ipotizzata dialettica tra la forma normativa e la sostanza giuridica del rapporto sarebbe configurabile una questione di legittimità costituzionale della norma, in quanto non sarebbe al giudice precluso di accertare la reale natura del rapporto e di decidere di conseguenza.

La difesa dello Stato, in subordine, ha rilevato che anche ad una valutazione sostanziale, la disciplina legislativa de qua appare del tutto conforme ai principi costituzionali invocati nell'ordinanza di rinvio. Trattasi nella specie di un rapporto di lavoro autonomo, al quale sono estesi, e senza che la natura di esso venga modificata, istituti tipici dei lavoro subordinato (assistenza, previdenza, assicurazione infortuni), quali accessori del rapporto base. E gli artt. 36, 35 e 3 non risultano violati.

3. - Con ordinanza del 21 dicembre 1973 la Corte d'appello di Roma - Sezione Lavoro, nel procedimento civile vertente tra l'INAIL e la Società Romana per le Ferrovie del Nord ha denunciato per contrasto con l'art. 38, comma quarto, della Costituzione, l'art. 9 della legge n. 14 del 1965.

Premesso che il rapporto di assuntoria é un "rapporto misto di lavoro subordinato e lavoro autonomo" e che per tali tipi di rapporto "devono garantirsi tutti i vantaggi spettanti ai lavoratori subordinati e quindi applicarsi tutte le relative norme costituzionali", il giudice a quo ha ravvisato esistente la dedotta violazione dell'art. 38 della Costituzione nel fatto che l'art. 9 non prevede, in relazione agli infortuni sul lavoro, l'assicurazione obbligatoria degli assuntori presso l'INAIL.

Davanti a questa Corte si sono costituite entrambe le parti ed ha spiegato intervento il Presidente del consiglio dei ministri.

a) La società Romana per le Ferrovie del Nord, a mezzo dell'avv. Salvatore Sambiagio, ha chiesto alla Corte di voler dichiarare la non fondatezza della questione. La tutela infortunistica, infatti, non ha carattere generale e può svolgersi al di fuori degli istituti all'uopo predisposti o integrati dallo Stato; e ciò implicitamente é riconosciuto dall'art. 204 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. In memoria, ha precisato che la ordinanza si basa sull'errata configurazione del rapporto di assuntoria che viene assimilato ai normali rapporti di lavoro subordinato, e sull'altrettanto errato assunto che la tutela antiinfortunistica sia sempre ed in ogni caso affidata all'INAIL; e concluso nel senso che ben poteva l'obbligo assicurativo contro gli infortuni sul lavoro, per la categoria di cui trattasi, svolgersi al di fuori del monopolio attribuito all'INAIL, il cui ambito resta pur sempre delimitato dalle norme di cui al d.P.R. n. 1124 del 1965, e conseguentemente non contraddice affatto al precetto costituzionale la operata distinzione della tutela infortunistica rispetto al beneficio delle assicurazioni sociali obbligatorie per le quali soltanto la norma contestata ha indicato la legge regolatrice.

b) Per l'INAIL, rappresentato e difeso dagli avv.ti Valerio Flamini e Tommaso Fontana, la soluzione della questione deve essere positiva proprio in base all'interpretazione della legge.

Premesso che, ove avesse statuito il contrario, l'art. 9 dovrebbe ritenersi viziato di incostituzionalità perché in contrasto con l'art. 38, comma quarto, della Costituzione, l'Istituto ha osservato che tra i diritti connessi agli oneri tipici del lavoro subordinato che gravano sugli assuntori, é anche quello dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, e che la tesi avanzata dalla controparte secondo cui, nella specie, esisterebbe un obbligo assicurativo, ma esso non deve essere necessariamente assolto tramite l'INAIL, é palesemente infondata. In primo luogo, perché é evidente che il richiamo (nell'art. 9 cit.) a contributi percentuali sulla retribuzione fatto in relazione anche all'assicurazione infortuni ha un senso solo se riferito all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni gestita dall'Istituto, mentre sarebbe inconferente ed inutile se riferito ad eventuali assicurazioni private. D'altronde sarebbe assurdo ritenere che, mentre l'assuntore é tenuto (art. 8 della citata legge n. 14 del 1965) ad assicurare contro gli infortuni tramite l'INAIL i coadiutori e comunque i suoi dipendenti, lo stesso diritto venisse negato agli assuntori che svolgono lo stesso lavoro e che sono da considerarsi, almeno sotto alcuni aspetti, lavoratori subordinati. E poi tra i diritti connessi agli oneri tipici del lavoro subordinato garantiti agli assuntori dalla legge n. 14 del 1965 rientra indubbiamente quello della tutela obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la quale, salvo una diversa statuizione del legislatore, che nella specie manca, viene normalmente attuata tramite l'INAIL.

L'Istituto ha concluso chiedendo a questa Corte, qualora si ritenga che l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro degli assuntori vada attuata presso imprese assicuratrici private, di voler dichiarare l'illegittimità costituzionale della norma denunciata.

Con la memoria, l'Istituto ha eccepito, sempre che la norma denunciata venga interpretata nel senso sopraddetto, la non rilevanza della questione. In subordine ha precisato, in aggiunta a quanto già sostenuto, che questa Corte, ispirandosi all'art. 38 della Costituzione, potrebbe affermare espressamente che la tutela assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro nei confronti degli assuntori non può che essere quella prevista, nella forma e nei contenuti, dal testo unico n. 1124 del 1965 e quindi, e di conseguenza, che debba essere attuata dall'INAIL e non da private società di assicurazione.

c) Per la difesa dello Stato la situazione prospettata dalla Corte d'appello di Roma non comporta - a stretto rigore - una vera e propria questione di legittimità costituzionale della norma denunciata; in subordine, la questione non é fondata, perché l'art. 9 citato si presenta come estensivo e non comprensivo della posizione dell'assuntoria e come tale non esclude l'applicabilità di altre norme cogenti che l'ordinamento prevede per il tipo di rapporto di assuntoria.

L'Avvocatura ha, infine, concluso per la non fondatezza della questione.

4. - All'udienza del 19 maggio 1976 i difensori hanno confermato le rispettive tesi e conclusioni.

Considerato in diritto

1. - Con l'ordinanza emessa il 22 maggio 1973 dal tribunale di Lecce nel procedimento civile vertente tra Gaetano Rizzo e la società Ferrovie del Sud-Est e con l'ordinanza emessa il 21 dicembre 1973 dalla Corte d'appello di Roma - sezione lavoro - nel procedimento civile vertente tra l'INAIL e la società Romana per le Ferrovie del Nord sono rispettivamente sollevate la questione di legittimità costituzionale della legge 3 febbraio 1965, n. 14 (regolamentazione delle assuntorie nelle ferrotranvie esercitate in regime di concessione) in riferimento agli artt. 3, 35 e 36 della Costituzione e la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 della stessa legge nella parte in cui non prevede, in relazione agli infortuni sul lavoro, l'obbligatorietà dell'assicurazione presso l'INAIL.

Le questioni così sollevate risultano strettamente connesse. I due procedimenti, pertanto, vanno riuniti e le relative cause sono decise con unica sentenza.

2. - Secondo il tribunale di Lecce é il complesso delle norme della legge n. 14 del 1965 ad essere in contrasto con le indicate disposizioni costituzionali. Con tali norme un certo tipo di rapporto sarebbe assoggettato "ad una determinata disciplina, diversa da quella accordata ad altri rapporti aventi identica struttura economica e sociale", ed in particolare da esse sarebbe derivata "una condizione di diseguaglianza tra lavoratori subordinati" per ciò che ad una parte di questi "sarebbe applicabile l'art. 36 della Costituzione, e ad una parte, sia pure esigua, e cioé agli assuntori, la stessa norma non sarebbe applicabile". Nella specie il legislatore nel dettare quella disciplina sarebbe andato al di là del limite posto dalle disposizioni costituzionali "che garantiscono pari dignità sociale a tutti i cittadini, e che ai cittadini lavoratori subordinati, assicurano la realizzazione concreta di tale dignità, mercé l'applicazione dei criteri sanciti nell'art. 36 della Costituzione".

Da codesta impostazione della questione risulta l'assenza di qualsiasi motivo specifico che si riferisca all'art. 35 della Costituzione: e per ciò non é dato di controllare l'asserito contrasto.

Resta essenzialmente la dedotta violazione degli artt. 3 e 36: con le norme denunciate si assume l'esistenza di una ingiustificata e irrazionale discriminazione in danno degli assuntori nelle ferrotranvie esercitate in regime di concessione in quanto, in particolare, a tali lavoratori é negata la tutela garantita dall'art. 36.

Ma ad avviso di questa Corte non ricorre la denunciata illegittimità costituzionale.

Posto che in base al principio di cui all'art. 3 a situazioni eguali deve corrispondere una eguale disciplina di legge e che per le situazioni diverse deve essere dettata una differente disciplina e posto che nella concreta valutazione del fatto assunto a contenuto dell'ipotesi e nella concreta regolamentazione giuridica di essa la discrezionalità del legislatore trova un limite nella razionalità delle scelte, va rilevato un evidente vizio nella prospettazione del dubbio di costituzionalità da parte del giudice a quo e nelle conclusioni a cui questi ritiene di poter pervenire.

Secondo il tribunale di Lecce il rapporto di assuntoria, considerato nella sua struttura economica e sociale, sarebbe un rapporto di lavoro subordinato; a tale qualificazione corrisponderebbe quella che sarebbe agevole trarre dalla considerazione della normativa in oggetto: "pur potendosi parlare di contratto misto, quello di assuntoria é in maniera determinante un contratto di locatio operarum"; ed invece la legge n. 14 del 1965 avrebbe disciplinato "il lavoro degli assuntori come se fosse locatio operis".

Il giudice a quo mentre si sofferma, sia pure brevemente, sull'esame della normativa e sulla qualificazione che in base ad essa deve darsi al rapporto, omette qualsiasi considerazione, limitandosi a fare, al riguardo, apodittiche affermazioni, circa la struttura economica e sociale del rapporto e circa il modo in cui il legislatore lo avrebbe considerato o qualificato.

Stando così le cose, un discorso in termini di violazione del principio di eguaglianza appare nella specie privo di qualsiasi serio fondamento.

Il giudice a quo, ritenendo di dover sollevare davanti a questa Corte una questione di legittimità costituzionale di codesto tipo, avrebbe dovuto dimostrare o almeno prospettare, di fronte ad una data situazione di fatto, una disparità di trattamento giuridico nei confronti di altre situazioni di fatto eguali o assimilabili a quella considerata. E ciò, invece, non ha fatto. Secondo esso giudice a quo infatti l'assuntoria, sia che ci si riferisca alla sua struttura economica e sociale, sia che si tenga presente la relativa disciplina giuridica, integrerebbe una ipotesi di locatio operarum.

E sostanzialmente, quindi, la ingiustificata disparità di trattamento, almeno secondo l'ordinanza di rimessione, non sussiste ché anzi ci sarebbe coincidenza tra fatto e qualificazione normativa.

Resta, é vero, l'affermazione che il legislatore, con il complesso delle norme denunciate, ha disciplinato il lavoro degli assuntori come se fosse locatio operis, ma ad essa non fa riscontro alcuna dimostrazione e neppure un qualsiasi riferimento di carattere testuale. E comunque il pensiero del giudice a quo sul punto si presenta perplesso.

La Corte, perciò, prescindendo dalla qualificazione del rapporto giuridico di assuntoria che non appare necessaria, non può non rilevare la non fondatezza della anzidetta questione.

E del pari non fondata risulta la denuncia circa la violazione dell'art. 36 della Costituzione, essendo la relativa questione del tutto accessoria o conseguenziale nei confronti di quella fin qui considerata.

3. - Con l'ordinanza della Corte d'appello di Roma sezione lavoro - si denuncia, come si é sopra ricordato, la contrarietà dell'art. 9 in parte qua con l'art. 38, comma quarto, della Costituzione.

La questione non é fondata.

La Corte non ritiene di poter condividere la tesi interpretativa dell'art. 9 citato, sostenuta dal giudice a quo.

Se ci si fermasse alla lettera della legge, potrebbe anche pensarsi che il legislatore avesse voluto prevedere che fosse obbligatoria l'assicurazione degli assuntori in relazione agli infortuni sul lavoro e non anche che tale assicurazione avesse luogo presso l'apposito ente pubblico (INAIL). E ciò perché il legislatore dopo avere disposto che "gli assuntori sono obbligatoriamente iscritti a cura delle aziende, alle assicurazioni sociali di cui al regio decreto 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modifiche e integrazioni, limitatamente all'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia, e i superstiti e all'assicurazione contro la tubercolosi" si limita a dire che "essi sono inoltre assicurati contro gli infortuni sul lavoro", non parla di iscrizione obbligatoria a quest'ultima assicurazione e non indica l'organo o l'istituto presso cui effettuare tale assicurazione. Ulteriori argomenti a favore della tesi che l'impresa concessionaria debba assicurare l'assuntore contro gli infortuni sul lavoro ma non necessariamente presso l'INAIL, potrebbero desumersi dal fatto che nel testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con il d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 gli assuntori non sono stati espressamente compresi nell'assicurazione (art. 4) e dei contratti di assicurazione che li avessero riguardati non é stata prevista la risoluzione, come si é disposto per altri contratti relativi a soggetti compresi per la prima volta tra gli assicurati.

Ma in contrario é possibile rilevare che la diversità della espressione adoperata per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e per le altre assicurazioni si spiega perché l'introduzione nella nuova disciplina della materia, dell'obbligo de quo é avvenuta a mezzo di apposito emendamento; che il riferimento alle leggi regolatrici delle assicurazioni sociali appariva necessario per esse dato che le stesse non venivano a trovare integrale applicazione; che la mancanza di uno specifico riferimento agli assuntori nel testo unico n. 1124 del 1965 può essere derivata da difetto di coordinamento tra l'attività legislativa e quella delegata, ragionevolmente spiegabile stante la brevità del tempo intercorso tra la pubblicazione della legge n. 14 del 1965 e quella del d.P.R. n. 1124 dello stesso anno; che dagli artt. 126 e 256 del testo unico é dato di dedurre quanto meno una conferma in ordine all'esistenza di una competenza esclusiva dell'INAIL a gestire l'assicurazione de qua; che in base al riferimento contenuto nel secondo comma dell'art. 9 della legge n. 14 del 1965 c'é da ritenere che le forme di previdenza di cui al primo comma (e tra esse dovrebbe dirsi rientrante quella che ci occupa) sono complessivamente ed unitariamente trattate e per esse si parla di contribuzioni con implicito riferimento al sistema di assicurazione obbligatoria proprio degli organi o istituti predisposti o integrati dallo Stato che provvedono ai compiti previsti nell'art. 38 della Costituzione e tra i quali rientra l'INAIL.

E si può, per ciò, ritenere che il legislatore, con l'inciso sopra riportato, abbia voluto prevedere e disporre che gli assuntori fossero assicurati contro gli infortuni sul lavoro presso l'INAIL.

D'altronde va tenuto presente che codesta interpretazione della norma é ammissibile sia che si ritenga di poter qualificare il contratto di assuntoria come contratto di locatio operis o di locatio operarum e sia che si prescinda, come si é fatto a proposito della prima questione in esame ed in passato con la sentenza n. 51 del 1967, da ogni e qualsiasi qualificazione: é infatti certa la volontà del legislatore nel senso sopra espresso e la natura del contratto e del rapporto, qualunque essa sia, é pienamente compatibile con codesta volontà.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate: la questione di legittimità costituzionale della legge 3 febbraio 1965, n. 14 (regolamentazione delle assuntorie nelle ferrovie esercitate in regime di concessione) e nei sensi di cui in motivazione, quella dell'art. 9 di detta legge nella parte in cui non prevede, in relazione agli infortuni sul lavoro, l'obbligatorietà dell'assicurazione presso l'INAIL, questioni sollevate con le ordinanze indicate in epigrafe rispettivamene dal tribunale di Lecce in riferimento agli artt. 3, 35 e 36 della Costituzione e dalla Corte d'appello di Roma - sezione lavoro - in riferimento all'art. 38, comma quarto, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 28 luglio 1976.