Sentenza n. 187 del 1976
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SENTENZA N. 187

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11, quarto, quinto e sesto comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153 (revisione degli ordinamenti pensionistici e delle norme in materia di sicurezza sociale), promosso con ordinanza emessa il 27 febbraio 1974 dal pretore di Firenze nella causa di lavoro vertente tra Fardi Mario e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 218 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 167 del 26 giugno 1974.

Visto l'atto di costituzione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;

udito nell'udienza pubblica del 19 maggio 1976 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;

udito l'avv. Giovanni Battista Rossi Doria, per l'INPS.

Ritenuto in fatto

1. - Mario Fardi, titolare di pensione di anzianità dal 1965, raggiungeva il 12 novembre 1968 l'età prevista per il pensionamento di vecchiaia.

Prima della cessazione dell'attività di lavoro dipendente, avvenuta il 31 gennaio 1969, inoltrava, sotto la data del 15 gennaio 1969 domanda all'INPS per ottenere la riliquidazione della pensione.

L'INPS, il 24 febbraio 1971, provvedeva alla riliquidazione della pensione nella misura del 71,5 %, considerando che il Fardi aveva diritto alla riliquidazione nel 65 % in base al d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, artt. 5 e 14 e che la legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 9 aveva successivamente introdotto un aumento del 10% con effetto dal 1 gennaio 1969. Ciò premesso, e ritenuto che l'art. 11 della legge n. 153 del 1969 aveva portato la misura massima della pensione dal 65% sopraddetto al 74% per le pensioni con decorrenza dal 1 gennaio 1969 ed all'80% per quelle che avrebbero avuto decorrenza dal 1 gennaio 1976, il Fardi faceva ricorso all'INPS per ottenere il 74% ma otteneva delibere negative. Con ricorso del 7 gennaio 1974, adiva, quindi, il pretore di Firenze, giudice del lavoro, chiedendo la condanna dell'INPS a corrispondergli la pensione del 74% con decorrenza dal 10 febbraio 1969.

L'INPS, costituitosi in giudizio, deduceva la non fondatezza delle pretese dell'attore e chiedeva il rigetto del ricorso.

Durante il corso del giudizio, a seguito di eccezione dell'attore e senza opposizione sul punto, da parte dell'Istituto convenuto, il pretore, con ordinanza del 27 febbraio-14 marzo 1974, sollevava la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge n. 153 del 1969, commi quarto, quinto e sesto, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Assumeva che le norme denunciate, che regolano la "riliquidazione" delle pensioni INPS prevedono le ipotesi che l'età richiesta per il pensionamento di vecchiaia sia compiuta o successivamente al 31 dicembre 1968 (comma quarto) o anteriormente al 1 maggio 1968, ricollegando ad entrambe il vantaggio, appunto, della riliquidazione, mentre nulla prevedono per la ipotesi di compimento dell'età richiesta nel periodo compreso tra il 1 maggio 1968 ed il 31 dicembre 1968 e conseguentemente escludono dal beneficio della detta riliquidazione una categoria di lavoratori, discriminandoli negativamente rispetto agli altri lavoratori. E riteneva questa evidente discriminazione, basata unicamente sul tempo del raggiungimento della detta età, priva di qualsiasi giustificazione razionale.

Per tanto, considerava non manifestamente infondata la questione; e, tenuto conto della domanda dell'attore diretta ad ottenere la riliquidazione della pensione nella misura prevista per i pensionati che avevano raggiunto l'età per il pensionamento vecchiaia dopo il 31 dicembre 1968 e quindi dopo il 1 maggio 1968, della detta questione dichiarava la rilevanza ai fini della decisione.

2. - Davanti a questa Corte si é costituito l'INPS, a mezzo degli avvocati Giovanni Battista Rossi Doria e Nicola Terzulli e fuori del termine di legge ha depositato l'atto di intervento il Presidente del Consiglio dei ministri a mezzo dell'Avvocato generale dello Stato.

L'INPS ha precisato che, in sede di riliquidazione della pensione per raggiunta anzianità al Fardi, aveva applicato nei suoi confronti l'art. 13 della legge 21 luglio 1965, n. 903, l'art. 14, ultima parte, del d.P.R. n. 488 del 1968 e l'art. 9 della legge n. 153 del 1969 e ne aveva determinato la pensione nella misura del 71,5% (65% +10%) ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. n. 488 del 1968; e che nei suoi confronti non era applicabile il quarto comma dell'art. 11 della legge n. 153 del 1969, essendo il suo caso specifico regolato dal quinto comma dello stesso articolo.

Ha messo in evidenza che il citato art. 11, al fine di graduare nel tempo gli effetti economici delle riforme relative alla liquidazione o riliquidazione delle pensioni in rapporto alla retribuzione ovvero alla commisurazione della contribuzione alla retribuzione, operate con il d.P.R. n. 488 del 1968 e con la legge n. 153 del 1969, ha sostanzialmente raggruppato i pensionati secondo due criteri concorrenti. Il primo é quello del momento della decorrenza della pensione, per cui i pensionati si distinguono a seconda che la decorrenza della prestazione sia anteriore al 1 maggio 1968, sia compresa tra il 1 maggio 1968 ed il 31 dicembre 1968 ovvero tra il 1 gennaio 1969 ed il 31 dicembre 1975, e infine sia successiva al 1975. Ed a tali pensionati si applica diversa percentuale di calcolo della pensione, secondo le tabelle allegate al d.P.R. n. 488 del 1968 e alla legge n. 153 del 1969. Il secondo criterio riguarda particolarmente i pensionati per anzianità ed é in rapporto al compimento dell'età per il pensionamento per vecchiaia, per cui i pensionati si distinguono a seconda che abbiano compiuto l'età pensionabile prima o dopo il 1 maggio 1968 (art. 11, comma quinto).

L'Istituto poi ha considerato ragionevole, in modo evidente, la normativa che riguarda la distinzione tra i pensionati in genere ed i pensionati per anzianità, e quella che distingue tra loro i pensionati per anzianità a seconda del tempo durante il quale fu consentita contemporanea possibilità di pensionamento e di retribuzione. Ed a quest'ultimo riguardo ha osservato che il momento discriminante (10 maggio 1968) - sia pure con particolare considerazione di favore di coloro che compirono l'età entro l'anno precedente l'entrata in vigore della nuova legge - deve anche essere messo in rapporto all'aggravio economico che lo Stato aveva previsto a suo carico e con un graduale aumento con la legge n. 153 del 1969 ed in definitiva alle possibilità economiche tanto della collettività in genere quanto dell'Ente erogatore.

L'Istituto ha concluso chiedendo alla Corte di provvedere come di giustizia sulla questione prospettata.

3. - All'udienza del 19 maggio 1976 il difensore dell'INPS ha confermato le conclusioni prese con l'atto di costituzione in giudizio.

Considerato in diritto

1. - Il pretore di Firenze, giudice del lavoro, chiamato a provvedere sulla domanda di condanna dell'INPS a corrispondere nella misura del 74% la pensione di vecchiaia riliquidata, avanzata da un lavoratore dipendente, che aveva conseguito la pensione di anzianità sin dal 1965 ed aveva raggiunto il 12 novembre 1968 l'età richiesta per il pensionamento di vecchiaia, ha sollevato, in riferimento all'art. 3, comma primo, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, commi quarto, quinto e sesto, della legge 30 aprile 1969, n. 153 (revisione degli ordinamenti pensionistici e delle norme in materia di sicurezza sociale), nella parte in cui non prevede la riliquidazione della pensione, nella misura del 74% nei confronti dei pensionati di anzianità che avessero raggiunto l'età richiesta per il pensionamento di vecchiaia nel periodo compreso tra il 1 maggio 1968 ed il 31 dicembre dello stesso anno.

2. - Allo scopo di poter valutare quanto assume il giudice a quo e cioé accertare se, ed entro quali limiti, il legislatore abbia dettato, per situazioni eguali, un trattamento differenziato con evidente discriminazione in danno di una categoria di lavoratori, e senza alcuna giustificazione razionale, e quindi di poter giudicare circa la fondatezza o meno della sollevata questione, occorre tener presente l'intera normativa dettata per la riliquidazione della pensione in favore dei lavoratori che, acquisito il diritto alla pensione di anzianità in base all'art. 13 della legge 21 luglio 1965, n. 903, abbiano successivamente compiuto l'età richiesta per il pensionamento di vecchiaia.

Con l'art. 14, ultimo comma, del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, si é disposto che "il titolare della pensione di anzianità, liquidata a norma dell'art. 13 della legge 21 luglio 1965, n. 903, che compia, successivamente al 30 aprile 1968, l'età prevista per il pensionamento di vecchiaia e faccia valere contribuzione effettiva in costanza di lavoro e figurativa per periodi compresi tra la data di decorrenza della pensione e quella di compimento dell'età pensionabile, può ottenere, dopo il compimento dell'età anzidetta, la riliquidazione della pensione con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della relativa domanda, in base alle disposizioni del presente decreto" e cioé nella misura massima del 65%.

Con il quinto comma dell'art. 11 della legge n. 153 del 1969 si é prevista l'ipotesi che il detto titolare di pensione di anzianità avesse compiuto l'età richiesta per il pensionamento di vecchiaia anteriormente al 1 maggio 1968, e la si é disciplinata alla stessa stregua della precedente ipotesi.

Con il sesto comma dello stesso articolo si é stabilito che alla pensione riliquidata a norma del comma precedente (e deve logicamente ritenersi - anche a norma del citato art. 14, ultimo comma, del d.P.R. n. 488 del 1968) dovesse applicarsi l'aumento previsto dall'art. 9 della stessa legge n. 153 del 1969 e cioé un aumento in misura pari al dieci per cento dell'ammontare della pensione.

Con il quarto comma del ripetuto art. 11, infine, si é disposto che alle pensioni riliquidate a favore dei titolari che avrebbero compiuto l'età prevista per il pensionamento di vecchiaia in data successiva al 31 dicembre 1968 e al 31 dicembre 1975 si sarebbero dovute applicare le percentuali massime rispettivamente del 74% e dell'80%.

Con le sopra richiamate norme, pertanto, si é realizzata la disciplina legislativa dell'ipotesi di compimento dell'età prevista per il pensionamento di vecchiaia, da parte dei titolari di pensione di anzianità liquidata a norma dell'art. 13 della legge n. 903 del 1965. E ciò é avvenuto in modo completo ed uniforme, nel senso che a tutti i titolari di pensione di anzianità é stato attribuito il diritto alla riliquidazione della pensione appena raggiunta l'età richiesta per il pensionamento di vecchiaia, e con la fissazione, graduata nel tempo, della misura massima della percentuale di commisurazione della pensione alla retribuzione.

Non sussiste, di conseguenza, in assoluto la mancata previsione (lamentata in ordinanza) dell'ipotesi di compimento dell'età richiesta nel periodo compreso tra il 1 maggio 1968 ed il 31 dicembre dello stesso anno, giacché se é vero che codesta ipotesi non é disciplinata nell'art. 11 della legge n. 153 del 1969, é nel contempo certo che ad essa si riferisce il disposto dell'art. 14, ultimo comma, del d.P.R. n. 488 del 1968.

Da tutto ciò deriva che la sollevata questione non é fondata.

Ove, infatti, si ritenga che si ha trattamento differenziato di situazioni eguali perché la riliquidazione delle pensioni é ammessa se l'età richiesta per il pensionamento di vecchiaia sia compiuta o successivamente al 31 dicembre 1968 (comma quarto) o anteriormente al 1 maggio 1968 (comma quinto) e nulla é previsto per le ipotesi di compimento dell'età richiesta nel periodo dal 1 maggio al 31 dicembre 1968, c'é da rilevare la mancanza della asserita discriminazione: una norma disciplina quest'ultima ipotesi e si trova, come si é già detto, nell'art. 14, ultimo comma, del d.P.R. n. 488 del 1968.

Ed ove, in via utile, si pensasse di rinvenire la denunciata differenza di trattamento nel fatto che per la riliquidazione riconosciuta ai lavoratori i quali hanno raggiunto l'età per il pensionamento di vecchiaia, si applicano percentuali diverse, e cioé il 65% o il 74% a seconda che codesta età venga compiuta tra il 1 maggio ed il 31 dicembre 1968 o in data successiva al 31 dicembre 1968, la questione risulterebbe del pari non fondata. Come si é già osservato, infatti, la misura massima della percentuale di commisurazione della pensione alla retribuzione da applicarsi in sede di riliquidazione é fissata dalle norme sopra indicate nel 65%, (e con l'aumento del 10%), nel 74% e nell'80% se l'età richiesta per il pensionamento di vecchiaia é compiuta entro il 31 dicembre 1968 (e non rileva se prima o dopo il 30 aprile 1968), dopo il 31 dicembre 1968, ovvero dopo il 31 dicembre 1975. Vi é quindi una gradualità in sede di miglioramento del trattamento di pensione: gradualità che, mentre da un canto esclude che in sede di riliquidazione tra i soggetti che si trovano, anche dal punto di vista temporale, nelle medesime condizioni (ad esempio, perché hanno raggiunto l'età per il pensionamento di vecchiaia entro il 31 dicembre 1968) alcuni siano avvantaggiati ed altri danneggiati, dall'altro canto, messa in correlazione con la gradualità prevista per la liquidazione delle pensioni, corrisponde a momenti di sviluppo della politica legislativa di solidarietà sociale che, in quanto successivi nel tempo, non si prestano, anche per la logica che li giustifica, ad apparire in contrasto con l'art. 3 della Costituzione ed anzi possono apparire in adeguata armonia con i fini perseguiti dal costituente con l'art. 38.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, commi quarto, quinto e sesto, della legge 30 aprile 1969, n. 153 (revisione degli ordinamenti pensionistici e delle norme in materia di sicurezza sociale), sollevata, in riferimento all'art. 3, comma primo, della Costituzione, dal pretore di Firenze con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 22 luglio 1976.