Sentenza n. 160 del 1976
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SENTENZA N. 160

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 18, primo e terzo comma, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 22 ottobre 1974 dal tribunale di Pistoia nel procedimento penale a carico di Chiti Vannino, iscritta al n. 486 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7 dell'8 gennaio 1975;

2) ordinanza emessa il 22 novembre 1974 dal pretore di Monsummano Terme nel procedimento penale a carico di Breschi Carlo ed altro, iscritta al n. 52 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 77 del 20 marzo 1975.

Udito nella camera di consiglio del 6 maggio 1976 il Giudice relatore Guido Astuti.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un procedimento penale a carico di Chiti Vannino, il tribunale di Pistoia, accogliendo l'eccezione proposta dal difensore dell'imputato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, commi primo e terzo, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, in riferimento agli artt. 17, comma terzo, e 21 della Costituzione.

La norma impugnata, prevedendo che i promotori di una riunione in luogo pubblico debbano dare il prescritto preavviso al questore almeno tre giorni prima, si porrebbe in contrasto con il principio di libertà di manifestazione del pensiero e con l'art. 17 Cost., che, pur contemplando l'obbligo del preavviso, non pone alcun termine dilatorio, con la conseguenza che dovrebbe ritenersi validamente dato il preavviso comunicato all'autorità in tempo utile per adottare gli opportuni provvedimenti. Analoga questione é stata sollevata dal pretore di Monsummano Terme nel procedimento penale a carico di Breschi Carlo e altro.

Non vi é stata costituzione delle parti private, né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Con le ordinanze indicate in epigrafe viene sollevata, in riferimento agli artt. 17, terzo comma, e 21 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, primo e terzo comma, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, "testo unico delle leggi di pubblica sicurezza", nella parte in cui dispone che i promotori di una riunione in luogo pubblico devono darne avviso almeno tre giorni prima al questore, comminando sanzioni per i contravventori. La disposizione impugnata confliggerebbe con l'art. 17 della Costituzione, che prevede il preavviso senza imporre alcun termine dilatorio, e comporterebbe una ingiustificata limitazione delle libertà di riunione e di manifestazione del pensiero; si assume al riguardo che dovrebbe essere sufficiente un preavviso comunque dato all'autorità di pubblica sicurezza in tempo utile per consentire l'adozione di eventuali provvedimenti, e che dovrebbe quindi escludersi il reato di omesso preavviso quando la detta autorità fosse stata preventivamente avvisata della riunione, indipendentemente dall'osservanza del termine di tre giorni.

Poiché le due ordinanze propongono la medesima questione, i giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - La questione non é fondata. La norma costituzionale circa l'obbligo di preavviso non esclude, anzi consente e postula la statuizione legislativa di un congruo termine, entro il quale l'autorità possa valutare l'eventuale sussistenza di motivi tali da giustificare il divieto della riunione à sensi del terzo comma dell'art. 17, nonché adottare, ove occorra, i provvedimenti opportuni per la tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico. L'ampiezza di questo termine dilatorio deve necessariamente essere prestabilita dal legislatore, non potendosi ovviamente pretendere che sia oggetto di apprezzamento caso per caso; ed un termine di tre giorni non può considerarsi irragionevole o eccessivo, sol che si tenga conto delle molteplici esigenze che possono presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza, ad esempio, nei casi non infrequenti in cui riceva l'avviso di una pluralità di riunioni indette per lo stesso giorno, ovvero dell'organizzazione di un raduno con rilevante numero di partecipanti, a carattere regionale o nazionale.

D'altra parte, il termine dilatorio, imposto dalla legge per le sole riunioni in luogo pubblico, non comporta, di per sé, apprezzabile compressione delle libertà costituzionali di riunione e di manifestazione del pensiero; e la sua inosservanza giustifica la sanzione penale comminata ai contravventori dal terzo comma dell'art. 18, secondo quanto la Corte ha già avuto occasione di dichiarare con sentenza 19 giugno 1956, n. 9.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, primo e terzo comma, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, sollevata dalle ordinanze di cui in epigrafe in riferimento agli artt. 17, terzo comma, e 21 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 7 luglio 1976.