Sentenza n. 157 del 1976
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SENTENZA N. 157

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.P.R. 24 dicembre 1969, n. 1053 (disposizioni per l'applicazione di regolamenti comunitari nei settori delle materie grasse di origine vegetale, degli ortofrutticoli e degli agrumi), promossi con due ordinanze emesse il 3 aprile 1974 dalla Corte d'appello di Firenze nei procedimenti penali rispettivamente a carico di Bassi Rino e di Pernini Felice, iscritte ai nn. 280 e 431 del registro ordinanze 1974 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 231 del 4 settembre 1974 e n. 317 del 4 dicembre 1974.

Udito nella camera di consiglio del 22 aprile 1976 il Giudice relatore Enzo Capalozza.

Ritenuto in fatto

Con due ordinanze di pari data (3 aprile 1974) e di identico tenore, emesse nel corso di due distinti procedimenti penali, la Corte d'appello di Firenze ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, dell'art. 1 del d.P.R. 24 dicembre 1969, n. 1053, concernente "disposizioni per l'applicazione di regolamenti comunitari nei settori delle materie grasse di origine vegetale, degli ortofrutticoli e degli agrumi", in relazione all'art. 1, lett. b e c, della legge di delegazione 13 ottobre 1969, n. 740.

Osserva il giudice a quo che la suddetta legge di delegazione ha autorizzato, fra l'altro, il Governo ad emanare le norme necessarie per assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai regolamenti del trattato istitutivo della Comunità economica europea, già operanti nel nostro ordinamento, e per sanzionare penalmente le relative infrazioni nei limiti dell'ammenda fino a lire due milioni e dell'arresto fino ad un anno, applicabili congiuntamente o alternativamente.

La norma denunziata, prevedendo, invece, che per la corresponsione dell'integrazione del prezzo dell'olio di oliva prodotto nella campagna 1969-1970, si applichino le disposizioni del d.l. 18 dicembre 1968, n. 1234, convertito con modificazioni nella legge 12 febbraio 1969, n. 5, implicitamente configurerebbe come delitto, anziché come reato contravvenzionale, in violazione della delega, l'inesatta esposizione di dati o notizie relativi ai prodotti agricoli di cui é causa.

Nel giudizio dinanzi a questa Corte non vi é stata costituzione di parte, né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Questa Corte é chiamata, con due distinte ordinanze, a decidere se l'art. 1 del d.P.R. 24 dicembre 1969, n. 1053, violi gli artt. 76 e 77 della Costituzione per avere superato i limiti posti dalla legge di delegazione 13 ottobre 1969, n. 740. La quale commina le pene contravvenzionali dell'ammenda fino a due milioni di lire e dell'arresto fino a un anno, applicabili congiuntamente o alternativamente, mentre il decreto delegato, richiamando il decreto-legge 18 dicembre 1968, n. 1234, convertito con modificazioni nella legge 12 febbraio 1969, n. 5, consentirebbe di punire come delitti alcune previsioni di reato.

2. - La questione é unica e, pertanto, i due giudizi vengono riuniti per essere definiti con la stessa sentenza.

3. - É da premettere che, a seguito del regolamento comunitario 22 settembre 1966, n. 136, concernente l'attuazione di un'organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi, il decreto-legge 9 novembre 1966, n. 912, emanato per la campagna olearia 1966-1967, puniva all'articolo 12 - ove il fatto non costituisse più grave reato -, con la reclusione da un mese a quattro anni e con la multa da lire cinquantamila a lire tre milioni la consapevole esposizione, in denunce, dichiarazioni o atti equipollenti, di notizie o dati inesatti relativamente ai prodotti ammessi all'integrazione, e l'uso - sempreché il fatto non costituisse più grave reato di tali denunce, dichiarazioni o atti equipollenti; disponeva, inoltre, l'aumento di un terzo della pena comminata dal codice penale (art. 640) per l'ipotesi che il fatto fosse commesso al fine di ottenere integrazioni o indennizzi non dovuti o in misura superiore ai dovuti.

Successivamente, la legge di conversione 23 dicembre 1966, n. 1143, mutando questa terza ipotesi di illecito, considerava perfetto il reato col raggiungimento del fine (cioé col conseguimento delle integrazioni o degli indennizzi) e determinava la pena nella reclusione da uno a cinque anni e nella multa da lire ventiquattromila a centoventimila.

Altre norme (alcune delle quali attinenti, in via transitoria, ai prodotti di qualsiasi provenienza e da chiunque detenuti alla data di entrata in vigore del decreto) stabilivano sanzioni pecuniarie (a volte la multa: artt. 34, in relazione agli artt. 17, 18 e 26; 37, in relazione agli artt. 22 e 23; 48, in relazione agli artt. 45 e 47; talaltre l'ammenda: art. 38, primo comma, in relazione all'art. 5; o anche una sanzione pecuniaria generica e non qualificata, evidentemente di carattere amministrativo: art. 38, secondo e terzo comma).

Salva la innovazione all'art. 12 (e un ritocco all'art. 38), il quadro sanzionatorio non é stato modificato dalla citata legge di conversione.

4. - Per la campagna olearia 1967-1968, provvide il decreto- legge 21 novembre 1967, n. 1051, convertito con modificazioni nella legge 18 gennaio 1968, n. 10, che, all'art. 9, ripeteva le norme penali dell'art. 12, primo, secondo e terzo comma, della legge di conversione del precedente decreto ed aggiungeva previsioni di reati contravvenzionali per la omessa o irregolare tenuta di registri, per la omessa o ritardata trasmissione di documenti, per il mancato rilascio della dichiarazione di produzione: le pene erano, rispettivamente, l'ammenda da lire cinquantamila a lire due milioni; da lire ventimila a lire quattrocentomila; da lire centomila a lire due milioni.

5. - Quelle sù citate sono tutte norme speciali e temporanee con efficacia circoscritta alle campagne olearie per le quali erano state espressamente emanate.

6. - Di poco posteriori sono i regolamenti comunitari 28 ottobre 1969, n. 2132, e 21 novembre 1969, n. 2309, obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili in tutti gli Stati membri. Tali regolamenti non prevedono sanzioni, ma impegnano ciascuno Stato membro, produttore di olio, a instaurare un regime di verifiche e di controlli, intesi ad assicurare che sussistano i requisiti per l'integrazione del prezzo del prodotto, e specificano le modalità di tali verifiche e controlli, oltre a dettare minute prescrizioni e ad imporre rigorosi adempimenti per il conseguimento dell'integrazione stessa.

7. - La legge delega n. 740 del 1969, a sua volta, ha, tra l'altro, autorizzato il Governo a dare esecuzione agli obblighi che derivano dai regolamenti già operanti e dalle direttive e decisioni comunitarie e a stabilire le sanzioni amministrative e le pene per le infrazioni, nei limiti dell'ammenda sino a lire due milioni e dell'arresto sino a un anno, applicabili congiuntamente o alternativamente.

La relazione parlamentare Vedovato al disegno di legge (cam. dep., V Legisl., doc. n. 553-A, pag. 7) era stata inequivoca e categorica, affermando che "la facoltà concessa al Governo di legiferare in materia di sanzioni amministrative e penali, di solo carattere contravvenzionale, per le infrazioni alle norme dei regolamenti, delle direttive e delle decisioni comunitarie, (...) risponde ad una esigenza quanto mai effettiva: chiarire cioé che le sanzioni previste dall'articolo 650 del codice penale relativamente alle infrazioni ai provvedimenti legalmente dati dall'autorità devono estendersi alle violazioni dei provvedimenti dipendenti dall'esecuzione dei Trattati di Roma".

A prescindere dalla inesatta equiparazione tra il reato (contravvenzionale) di cui all'art. 650 cod. pen. e le infrazioni (contravvenzionali) di cui alla legge delega, per le quali il trattamento sanzionatorio é assai più severo, non c'è dubbio che quest'ultima ha inteso mantenersi nell'ambito delle infrazioni (contravvenzionali) inerenti a prescrizioni, provvedimenti e decisioni delle autorità comunitarie, senza interferire nella materia dei delitti previsti e puniti dalle leggi penali dello Stato.

8. - Dalle considerazioni che precedono consegue che la sollevata questione é fondata, non potendosi dubitare che il d.P.R. n. 1053 del 1969, che é stato emanato in attuazione della delega, abbia violato gli artt. 76 e 77 Cost., per aver recepito le disposizioni del decreto-legge n. 1234 del 1968, convertito nella legge n. 5 del 1969, che contempla, oltre a reati contravvenzionali, sanzionati con l'arresto e 'ammenda, anche delitti, sanzionati con la reclusione e la multa.

9. - Va da sé, tuttavia, che i comportamenti illeciti attinenti al regime delle integrazioni del prezzo dell'olio, se altrimenti previsti come delitti, né degradano a fatti contravvenzionali, né, esclusi dalla sfera di applicabilità del decreto delegato, a seguito della presente decisione, cessano di essere dei delitti: essi restano punibili alla stregua del codice penale, sotto i titoli di falso e di truffa (ed é compito del giudice a quo accertare se le fattispecie concrete vi rientrino).

In sostanza, le violazioni della legge di delegazione non consistono nell'avere il decreto attribuito carattere delittuoso e comminato le corrispondenti sanzioni (reclusione e multa) a fatti che essa legge limita a quelli contravvenzionali (e sanzionati con l'arresto e con l'ammenda), bensì nell'aver previsto, anziché delle sole contravvenzioni, anche dei delitti di falso e di truffa, che erano in passato ipotizzati dalla legislazione speciale in esame (e da questa puniti più severamente che non dal codice penale).

10. - É superfluo rilevare che la delega é rispettata quanto alle contravvenzioni di cui alla legislazione anteriore (d.l. n. 1234 del 1968 - legge n. 5 del 1969), stante che, come si é già riscontrato, le pene ivi previste (un massimo di lire due milioni di ammenda) non eccedono i limiti della delega stessa.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale, nei sensi di cui in motivazione, dell'art. 1 del d.P.R. 24 dicembre 1969, n. 1053 (Disposizioni per l'applicazione di regolamenti comunitari nei settori delle materie grasse di origine vegetale, degli ortofrutticoli e degli agrumi), nella parte in cui, richiamando in vigore il decreto-legge 18 dicembre 1968, n. 1234, convertito con modificazioni nella legge 12 febbraio 1969, n. 5, prevede fatti di reato punibili con la reclusione e con la multa.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 7 luglio 1976.