Sentenza n. 152 del 1976
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SENTENZA N. 152

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 38 e 39 della legge 11 giugno 1971, n. 426 (disciplina del commercio), promosso con ordinanza emessa il 19 febbraio 1974 dal pretore di Viadana nel procedimento penale a carico di Piccinini Gianni ed altri, iscritta al n. 269 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 231 del 4 settembre 1974.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 7 aprile 1976 il Giudice relatore Enzo Capalozza;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Gozzi, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel corso di tre procedimenti penali riuniti - rispettivamente a carico di Gastone Sanguanini, esercente un negozio di merceria e confezioni, di Lucio e Luciano Piardi e di Gianni Piccinini, esercenti negozi di alimentari - il pretore di Viadana, con ordinanza 19 febbraio 1974, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 38 e 39 della legge 11 giugno 1971, n. 426, "nella parte in cui puniscono penalmente gli esercenti che omettono di apporre l'indicazione del prezzo sulle merci di largo e generale consumo, nel caso in cui l'esposizione delle merci medesime sia fatta nelle vetrine esterne, all'ingresso dei locali o sui banchi di vendita".

L'obbligo di indicazione del prezzo per tali generi di merci, previsto dalla prima parte dell'art. 38 della citata legge, viene sanzionato con la pena dell'ammenda dal successivo art. 39.

Per le merci di largo e generale consumo esposte diversamente e per le altre merci avrebbe, invece, provveduto la seconda parte dell'art. 38, demandando le modalità dell'obbligo di indicazione del loro prezzo e le esenzioni al regolamento di esecuzione della legge, emanato, poi, con d.m. 14 gennaio 1972.

Senonché, l'art. 55 del regolamento detta che "le merci esposte per la vendita al minuto, nelle vetrine esterne o all'ingresso del locale, o nelle immediate adiacenze, ovunque collocate" "devono recare, in modo chiaro e ben visibile, l'indicazione del prezzo di vendita". Per altro, dovendo la norma essere ricondotta nei limiti della disposizione di legge per la cui esecuzione é stata emanata, essa potrebbe venire riferita alle sole merci di non largo e generale consumo esposte nei modi ivi indicati, ovvero anche a quelle di largo e generale consumo, ma esposte nei modi ivi indicati e diversi da quelli previsti dall'art. 38, prima parte, della legge.

Tenuto conto, però, che per la violazione del citato art. 55, il successivo art. 56 del regolamento commina una sanzione amministrativa, si avrebbe una ingiustificata diversità di trattamento per le varie ipotesi di esposizione di merci di largo e generale consumo, identiche fra loro ai fini della tutela del consumatore.

Infatti la mancata indicazione del loro prezzo:

- nel caso di merci esposte come indicato dall'art. 38, prima parte, della legge, sarebbe punita con la sanzione penale dell'ammenda di cui al successivo art. 39;

- nel caso di merci esposte in modo diverso, a seconda della duplice possibile interpretazione dell'art. 55 del regolamento, sarebbe priva di alcuna sanzione ovvero sarebbe colpita dalla sanzione amministrativa, nella sola ipotesi di merci esposte nel modo ivi indicato.

Nel giudizio innanzi a questa Corte é ritualmente intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata.

Deduce l'Avvocatura che l'omessa indicazione del prezzo sulle merci di largo e generale consumo, comunque esposte, é prevista come reato e punita con l'ammenda dall'art. 39 della legge, che si riferisce alle violazioni del precedente articolo 38, senza distinguere fra le varie ipotesi; e sostiene che la sanzione amministrativa, prevista dall'art. 56 del regolamento, attiene soltanto alle modalità di indicazione del prezzo, senza alterare il regime sanzionatorio, posto, per l'omessa indicazione del prezzo, dalle norme denunziate.

Considerato in diritto

1. - Il pretore di Viadana ha denunziato a questa Corte gli artt. 38 e 39 della legge 11 giugno 1971, n. 426 (Disciplina del commercio), "nella parte in cui puniscono penalmente gli esercenti che omettono di apporre l'indicazione dei prezzo sulle merci di largo e generale consumo, nel caso in cui l'esposizione delle merci medesime sia fatta nelle vetrine esterne, all'ingresso del locale o sui banchi di vendita", assumendo la violazione dell'art. 3 della Costituzione per disparità di trattamento tra esercenti, e ciò in quanto le ulteriori modalità di esposizione (che formerebbero oggetto della disciplina contenuta negli artt. 55 e 56 del regolamento di esecuzione della legge, approvato con d.m. 14 gennaio 1972) sarebbero identiche alle prime, ai fini della tutela del consumatore.

2. - É da precisare che la censura é espressamente limitata alla legge formale, non potendo, come é ovvio, il regolamento essere oggetto di sindacato di costituzionalità in questa sede (sentenze n. 38 del 1961, n. 61 del 1963, n. 66 del 1966, n. 124 del 1973, n. 6 del 1975 etc.).

3. - La questione é infondata.

A differenza dell'art. 4 del r.d.l. 11 gennaio 1923, n. 138, che stabiliva al primo comma l'obbligo dell'indicazione del prezzo "in modo chiaro" per "chi esponga al pubblico per la vendita generi alimentari o merci di qualunque specie" (sanzionando l'infrazione con la pena pecuniaria di cui al successivo art. 5), l'art. 38 della legge n. 426 del 1971 conferma tale obbligo soltanto per "le merci di largo e generale consumo, esposte nelle vetrine esterne, all'ingresso del locale o sui banchi di vendita": la pena comminata dal successivo art. 39 é l'ammenda da lire ventimila a cinque milioni.

La legge, per altro, demanda al regolamento sia le modalità di indicazione dei prezzi per le merci di largo e generale consumo esposte diversamente e per le altre merci, sia le esenzioni; ed il regolamento (d.m. 14 gennaio 1972) detta, a sua volta, ulteriori disposizioni sulla pubblicità dei prezzi, oltre a specificare le esenzioni (art. 55), e determina le sanzioni amministrative per la inosservanza delle prescritte modalità regolamentari (art. 56).

4. - Il legislatore, nella sua scelta discrezionale, ha ritenuto di dover dare, con l'art. 38 (e con la sanzione penale dell'art. 39) una distinta disciplina, per quanto concerne la pubblicità dei prezzi, alle merci di largo e generale consumo (la cui individuazione spetta al giudice), in funzione della loro collocazione ed esposizione.

Ora, non é affatto ingiustificato né irrazionale che il trattamento riservato a dette merci "esposte nelle vetrine esterne, all'ingresso del locale o sui banchi di vendita" sia differenziato da quello delle merci diversamente esposte e delle altre merci comunque esposte, invece rimesso al regolamento di esecuzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 38 e 39 della legge 11 giugno 1971, n. 426 (Disciplina del commercio), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 7 luglio 1976.