Sentenza n. 121 del 1976
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 121

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 17 della legge 11 febbraio 1971, n. 11 (nuova disciplina dell'affitto dei fondi rustici), promosso con ordinanza emessa il 5 febbraio 1973 dal tribunale di Trani - sezione specializzata agraria - nel procedimento civile vertente tra Tripputi Adelaide e Sorrenti Vincenzo, iscritta al n. 151 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 163 del 27 giugno 1973.

Visti gli atti di costituzione di Sorrenti Vincenzo e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 12 febbraio 1976 il Giudice relatore Giulio Gionfrida;

uditi l'avv. Emilio Romagnoli, per Sorrenti, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nei corso di un giudizio civile, instaurato da Adelaide Tripputi contro Vincenzo Sorrenti per rilascio di fondo rustico, l'adito tribunale di Trani - rilevato che il convenuto aveva resistito alla domanda invocando il "regime di proroga previsto dall'art. 17 della legge 11 febbraio 1971, n. 11" - ha, di ufficio, con ordinanza 5 febbraio 1973, sollevato il dubbio di legittimità dell'art. 17, appunto, menzionato: prospettandone il contrasto con i precetti costituzionali di cui agli artt. 41, 42 e 44.

Ritualmente notificata, comunicata e pubblicata l'ordinanza de qua ed instaurato il giudizio innanzi alla Corte, si é in questo costituito il Sorrenti, sostenendo la piena legittimità della norma impugnata.

É intervenuto, altresì, il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura di Stato: che ha, anch'essa, concluso nel senso di una declaratoria di infondatezza della sollevata questione.

Considerato in diritto

1. - Dispone l'art. 17 della legge 11 febbraio 1971, n. 11, che "per i contratti di affitto a conduttore non coltivatore, regolati dalla legge 22 luglio 1966, n. 606, il periodo minimo di durata, di cui al primo comma della legge stessa, é elevato a 15 anni, e la disciplina ivi contenuta si applica ai contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, anche se stipulati prima dell'entrata in vigore della legge 1966, n. 606".

Il tribunale di Trani denunzia - come detto - la norma sopra riportata; e ne prospetta il contrasto con gli artt. 41, 42 e 44 della Costituzione.

Il dubbio di illegittimità muove dalla considerazione che, trattandosi di affitto (non già a coltivatore diretto, sebbene) a conduttore non coltivatore, il proprietario e il conduttore sono "almeno in astratto su un piano di assoluta parità", tale da "non tollerare che la disponibilità del fondo sia concessa per un tempo superiore a quello convenuto".

La disposta "elevazione del periodo minimo di durata dell'affitto" (che nella prevista ipotesi di applicazione ai contratti "in corso" alla data di entrata in vigore della norma é empiricamente, dal giudice a quo, assimilata ad una "proroga del contratto") concreterebbe, invece, nella predetta ipotesi, proprio tale inammissibile compromissione della libertà di disporre e del diritto, altresì, di proprietà sul fondo, che dell'atto di autonomia negoziale costituisce l'oggetto.

Da ciò la violazione dei precetti costituzionali indicati.

2. - La questione non é fondata.

Questa Corte ha già avuto modo, in più occasioni, di affermare che l'autonomia contrattuale - che pur riceve tutela costituzionale nella previsione degli artt. 41 e 42 - "deve cedere di fronte a motivi d'ordine superiore, economico e sociale, ritenuti rilevanti dalla Costituzione" (v., per tutte, sent. n. 37 del 1969).

L'evenienza contemplata si verifica puntualmente nella specie: giacché la limitazione della libera disponibilità dei fondo - che si connette all'elevazione a 15 anni (disposta dalla legge impugnata) del periodo minimo (già fissato in anni 6 dalla precedente legge 1966 n. 606) di durata del contratto di affitto a conduttore non coltivatore - si giustifica in funzione proprio della superiore finalità del "razionale sfruttamento del suolo" (di cui all'art. 44 della Costituzione), che qui si specifica nel fine di una più progredita (e, quindi, più rispondente all'utile sociale) gestione dell'impresa agricola: per cui, appunto, si rende indispensabile una, sia pur relativa, stabilità dell'affitto del fondo, su cui l'impresa insiste.

L'individuazione, in concreto (in anni 15), dello spatium temporis necessario per il raggiungimento dei detti scopi di stabilità e funzionale gestione dell'impresa rappresenta, poi, innegabilmente, una scelta consentita al legislatore: per altro, nella specie, motivata dall'intento di adeguamento della normativa nazionale alle direttive fissate, in materia, in sede comunitaria.

Una volta ritenuto dal legislatore che per il raggiungimento della predetta superiore finalità del razionale sfruttamento del suolo occorresse assicurare al conduttore non coltivatore una durata minima della gestione agricola maggiore di quella prevista dalla disciplina anteriore, l'applicazione della nuova norma anche ai contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge é espressione di una scelta discrezionale, e non irrazionale, del legislatore, di immediata e generale attuazione del nuovo assetto normativo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 della legge 11 febbraio 1971, n. 11 (Nuova disciplina dell'affitto dei fondi rustici), sollevata, in riferimento agli artt. 41, 42 e 44 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 20 maggio 1976.