Sentenza n. 117 del 1976
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SENTENZA N. 117

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Luigi OGGIONI, Presidente

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Proff. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 10, secondo comma, lettere a) e b); 16, primo comma, lettere a) e b); 17, lettere a) e b), della legge 2 aprile 1958, n. 339 (tutela del rapporto di lavoro domestico), promosso con ordinanza emessa il 13 marzo 1974 dal pretore di Bari nel procedimento civile vertente tra Forte Vincenza e Miscuglio Gino, iscritta al n. 312 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 250 del 25 settembre 1974.

Udito nella camera di consiglio dell'11 dicembre 1975 il Giudice relatore Antonino De Stefano.

Ritenuto in fatto

Con ricorso 27 dicembre 1973 Forte Vincenza conveniva in giudizio, dinanzi al pretore di Bari, Miscuglio Gino, alle cui dipendenze aveva prestato servizio in qualità di collaboratrice domestica dal 22 agosto 1949 al 30 giugno 1972. Chiedeva la ricorrente la condanna del convenuto a corrisponderle la differenza tra la retribuzione dovuta e quella effettivamente percepita ed in particolare, per quanto concerne la liquidazione dell'indennità sostitutiva per ferie non godute, l'indennità di preavviso e quella di anzianità, rilevato che le lettere b) degli artt. 10, 16 e 17 della legge 2 aprile 1958, n. 339, sul lavoro domestico, riservano ai "prestatori d'opera manuale" un trattamento meno favorevole rispetto a quello stabilito nelle lettere a) degli stessi articoli per "il personale impiegatizio", sollevava eccezione di incostituzionalità delle citate norme per contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

L'eccezione veniva accolta dal pretore che, con ordinanza 13 marzo 1974, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la relativa questione, rimetteva gli atti a questa Corte.

Osserva il pretore nell'ordinanza che la disparità di trattamento appare ingiustificata, poiché identiche sono le esigenze dei lavoratori dell'una e dell'altra categoria del medesimo settore, che con le citate disposizioni si intendono garantire, e precisamente: ritemprare con le ferie annuali le forze fisicopsichiche; poter cercare, con il congruo preavviso, altro lavoro in sostituzione di quello cessato per volontà del datore; soddisfare, con l'indennità di anzianità, le esigenze di vita nel periodo successivo alla cessazione del rapporto del lavoro in mancanza della retribuzione in precedenza percepita.

Fare distinzione, in relazione a dette identiche esigenze, a seconda delle condizioni personali dei lavoratori (quali sono appunto quelle di "impiegati" e "prestatori d'opera manuale") vuol dire vulnerare il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione.

In relazione a tale precetto il pretore ha perciò denunciato l'incostituzionalità sia delle lettere a) degli artt. 10, secondo comma, 16, primo comma, e 17 della legge n. 339/1958 nelle parti in cui dispongono soltanto "per il personale impiegatizio di cui all'art. 5, comma primo", sia delle intere lettere b) degli stessi articoli della citata legge che prevedono il deteriore trattamento ai "prestatori d'opera manuale". Nel giudizio dinanzi a questa Corte nessuno si é costituito.

Considerato in diritto

1. - La questione di legittimità costituzionale, sottoposta all'esame della Corte dall'ordinanza del pretore di Bari, concerne la disparità di trattamento operata dalla legge 2 aprile 1958, n. 339, nel settore del lavoro domestico, in ordine alla diversa durata delle ferie annuali, ai diversi termini del preavviso di risoluzione del rapporto ed alla diversa misura dell'indennità di anzianità, a seconda si tratti di lavoratori con mansioni impiegatizie o di prestatori d'opera manuale, specializzata o generica (art. 5 della citata legge, rispettivamente primo e secondo comma, richiamato dai successivi artt. 10, 16 e 17). Per il personale impiegatizio, infatti, la durata del periodo di ferie non può essere inferiore a quindici giorni consecutivi, qualora abbia un'anzianità di lavoro che non oltrepassi i cinque anni, ed a venticinque giorni consecutivi per anzianità superiore; mentre per i prestatori d'opera manuale é prevista la stessa durata minima di quindici giorni fino a cinque anni di anzianità, ma solo di venti giorni (anziché venticinque) per anzianità superiore (art. 10 della citata legge, comma secondo, lett. a e b). Anche i termini di preavviso, per la prima categoria, sono quelli previsti dall'art. 10 del r.d.l. 13 novembre 1924, n. 1825, convertito in legge 18 marzo 1926, n. 562, recante norme sull'impiego privato (quindici, trenta e quarantacinque giorni, per gl'impiegati di grado comune, trenta, quarantacinque e sessanta, per gl'impiegati di concetto, a seconda abbiano anzianità inferiore a cinque anni, da cinque a dieci, ed oltre i dieci anni); mentre per i prestatori d'opera manuale é prescritto il rispetto di un preavviso di quindici o trenta giorni, rispettivamente per anzianità inferiore a cinque anni o da cinque in poi (art. 16 della citata legge n. 339 del 1958, comma primo, lett. a e b). Infine, l'indennità di anzianità, per il personale impiegatizio, é commisurata ad una mensilità dell'ultima retribuzione per ogni anno di anzianità, mentre é commisurata, con gli stessi parametri, a soli quindici giorni per anno, per i prestatori d'opera manuale (art. 17 della citata legge n. 339 del 1958, lett. a e b). Secondo il giudice a quo, le cennate differenze non sarebbero giustificate e vulnererebbero il principio di eguaglianza sancito dal primo comma dell'art. 3 della Costituzione.

2. - La questione non é fondata.

La citata legge n. 339 del 1958, nel disciplinare il rapporto di lavoro domestico prestato per almeno quattro ore giornaliere a favore di una convivenza familiare, ha distinto, ai fini del periodo di prova (art. 5), delle ferie annuali (art. 10), del preavviso (art. 16) e della indennità di anzianità (artt. 17 e 20), tra "personale impiegatizio" (ivi comprendendo "precettori, istitutori, governanti, bambinaie diplomate, maggiordomi, dame di compagnia ed altri lavoratori aventi analoghe funzioni") e "prestatori d'opera manuale specializzata o generica" (ivi comprendendo "cuochi, giardinieri, balie, guardarobiere, bambinaie comuni, cameriere, domestiche tuttofare, custodi, portieri privati, personale di fatica, stallieri, lavandaie ed altri lavoratori aventi simili mansioni") Pur nel particolare ambito del rapporto di lavoro domestico - che si differenzia essenzialmente, sia in relazione all'oggetto, sia in relazione ai soggetti interessati, da ogni altro rapporto di lavoro, secondo quanto affermato nelle sentenze di questa Corte n. 16 del 1969, n. 27 del 1974 e n. 27 del 1976 - la introdotta distinzione riproduce in buona sostanza quella fra "impiegati" ed " operai" accolta nel 1924 dalla citata legge sull'impiego privato e conservata dal codice civile del 1942 nell'art. 2095.

Ora, é noto che a siffatta distinzione, anche se basata su criteri incerti e controversi, si accompagnavano, in origine, accentuate differenze di disciplina, in quanto la categoria degli operai restava in gran parte esclusa dalla tutela del rapporto di lavoro, apprestata per gli impiegati. Questa diversità si é andata nel tempo attenuando, come si evince dal codice civile del 1942, che ha esteso i principali istituti, progressivamente elaborati sul piano legislativo e dei contratti collettivi, a tutti i lavoratori subordinati, pur prevedendo che i contenuti degli istituti medesimi possano variare a seconda della qualifica del lavoratore e del settore di lavoro (così, per le ferie annuali, l'art. 2109 cc.; per il preavviso, l'art. 2118 cc.; per l'indennità di anzianità, l'art. 2120 c.c.). Il processo evolutivo, tuttora in corso, é indubbiamente contraddistinto dalla tendenza verso una sostanziale parificazione, in parte già realizzata, del trattamento normativo delle due indicate categorie; ma la sua maturazione ed il suo ulteriore svolgimento restano soprattutto affidati agli strumenti dell'autonomia collettiva e dell'intervento legislativo, chiamati a contemperare esigenze socioeconomiche non sempre univoche. Non può, dunque, allo stato considerarsi superata la cennata distinzione fra le due categorie, e da ciò apoditticamente inferirsi come ingiustificate talune disparità di trattamento; le eventuali differenze devono, invece, essere singolarmente valutate, ai fini di vagliarne la conformità al principio di eguaglianza, alla stregua delle ragioni che sono alla loro base e delle esigenze al cui soddisfacimento esse sono preordinate.

Le considerazioni innanzi svolte appaiono suscettibili di proficua applicazione anche nell'ambito del lavoro domestico, nel quale - pur dopo la dichiarata illegittimità costituzionale dell'art. 2068, comma secondo, c.c., nella parte in cui disponeva che fossero sottratti alla disciplina del contratto collettivo i rapporti di lavoro concernenti le prestazioni di servizi di carattere domestico (sentenza n. 68 del 1969) - permane quella situazione di scarsa incisività dell'autonomia collettiva, constatata da questa Corte nella sentenza n. 101 del 1968, ed é, quindi, tuttora preminente l'intervento del legislatore.

3. - Alla luce di quanto sin qui detto, passando all'esame delle denunciate disparità di trattamento, va innanzi tutto rilevato, per quanto concerne la diversità di durata del periodo di ferie annuali, che essa appare di modesta entità; infatti, ai sensi dell'art. 10 della citata legge n. 339 del 1958, ove l'addetto ai servizi domestici abbia maturato un'anzianità non superiore ai cinque anni, é indiscriminatamente garantito un periodo di quindici giorni consecutivi, non rilevando si tratti di personale impiegatizio o di prestatori d'opera manuale; e soltanto nella ipotesi di maggiore anzianità sono garantiti ai primi cinque giorni in più rispetto ai secondi (venticinque anziché venti). A parte, poi, la constatazione che nell'ambito del lavoro subordinato il regime della durata delle ferie in generale é estremamente variabile da categoria a categoria e da settore a settore, ben può riconoscersi che la moderata e circoscritta limitazione del periodo delle ferie per le mansioni più modeste del lavoro domestico, trova giustificazione nelle peculiari esigenze della convivenza familiare. Invero, come é stato osservato nella già ricordata sentenza di questa Corte n. 27 del 1974, il lavoro domestico familiare non é prestato a favore di un'impresa destinata alla produzione ed allo scambio di beni, avente, nella prevalenza dei casi, un sistema di lavoro organizzato in forma plurima e differenziata, con possibilità, quindi, di ricambio o di sostituzione di soggetti, sebbene a favore di un nucleo familiare ristretto ed omogeneo, ed é perciò destinato a svolgersi nell'ambito di una convivenza, cui di norma, durante il periodo delle ferie del prestatore d'opera, viene a mancarne la collaborazione, senza possibilità di sostituzione. 4. - Adeguata giustificazione alla diversità dei termini di preavviso (art. 16 della citata legge n. 339 del 1958) - anche in tal caso ricorrendo la constatazione della loro variabilità nell'ambito del lavoro subordinato - va del pari riconosciuta nella maggiore difficoltà che il personale impiegatizio domestico (precettore, maggiordomo ecc.) potrebbe certamente incontrare - rispetto ai prestatori d'opera manuale (cameriere, domestiche tuttofare ecc.) - nella ricerca di nuova occupazione, alla quale d'altronde corrisponde la maggiore difficoltà del datore di lavoro di procedere alla sua sostituzione, atteso che l'obbligo del preavviso sussiste anche da parte del dipendente che spontaneamente si licenzi.

5. - Infine, per quanto concerne la diversa misura della indennità di anzianità (art. 17 della citata legge n. 339 del 1958), trovano appropriata applicazione alla questione in esame le considerazioni svolte nella sentenza di questa Corte n. 18 del 1974. In essa, infatti, premesso che, secondo la ormai costante giurisprudenza della Corte, a decorrere dalla sentenza n. 3 del 1966, va riconosciuta alla indennità di anzianità natura e funzione di retribuzione differita, si afferma che la sua diversificazione ben può essere vista sotto il profilo della valutazione della diversa qualità del lavoro prestato dall'impiegato e dall'operaio. Né vale il dire - si aggiunge nella medesima sentenza - che tale diversità, essendo stata già presa in considerazione nella determinazione della retribuzione corrisposta nel corso del rapporto di lavoro, non può porsi a base di ulteriore differenziazione per quanto attiene all'ammontare della indennità di anzianità, giacché entrambe le parti del trattamento retributivo sono in funzione della prestazione di lavoro, e quindi della qualità di tale prestazione. Se tali considerazioni sono allora valse per dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2120 c.c., nella parte in cui rimette la determinazione dell'ammontare della indennità di anzianità all'autonomia collettiva, ben possono adesso egualmente valere per ritenere giustificata la diversificazione operata dal legislatore nei confronti delle due categorie di addetti ai servizi domestici.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, secondo comma, lettere a e b; 16, primo comma, lettere a e b; 17, lettere a e b, della legge 2 aprile 1958, n. 339, per la tutela del rapporto di lavoro domestico, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 1976.

Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE – Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 20 maggio 1976.