Sentenza n. 105 del 1976
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SENTENZA N. 105

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 134 e 139 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), promosso con ordinanza emessa il 18 luglio 1974 dal pretore di Bologna nella causa di lavoro vertente tra Brezzi Mauro e la ditta confezioni Maxima, iscritta al n. 427 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 317 del 4 dicembre 1974.

Udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 1976 il Giudice relatore Vezio Crisafulli.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza emessa il 18 luglio 1974 nel corso del procedimento civile di lavoro vertente tra Brezzi Mauro e la ditta confezioni Maxima, il pretore di Bologna ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 134 e 139 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) che, rispettivamente, subordinano l'attività degli istituti privati di investigazioni alla licenza del prefetto, e impongono loro l'obbligo di collaborare con le forze dell'ordine, per contrasto con gli artt. 2, 3, 10, 13, 14, 15, 24, 27, 41 e 98 della Costituzione.

L'attività investigatrice privata lederebbe diritti inviolabili dell'uomo compromettendone un proficuo inserimento nella vita sociale (art. 2), creerebbe condizioni di diseguaglianza tra cittadini (art. 3), contrasterebbe con i principi delle convenzioni internazionali che garantiscono il rispetto della vita privata da parte dei pubblici poteri, convenzioni cui l'ordinamento giuridico italiano deve uniformarsi (art. 10), integrerebbe una aggressione alla sfera della libertà personale, di domicilio ed epistolare dell'individuo (artt.13, 14 e 15), comprometterebbe il diritto alla difesa in giudizio (art. 24), violerebbe la presunzione di non colpevolezza (art. 27), si concreterebbe nell'esercizio di una impresa contrario al rispetto della dignità umana (art. 41, secondo comma), si risolverebbe nell'esercizio di funzioni pubbliche da parte di privati cittadini che, non essendo al servizio della nazione come i pubblici impiegati, non possono esserne investiti (art. 98).

Considerato in diritto

La questione di legittimità costituzionale degli artt. 134 e 139 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, sollevata dal pretore di Bologna per contrasto con gli artt. 2, 3, 10, 13, 14, 15, 24, 27, 41 e 98 Cost., é manifestamente irrilevante.

La prima delle due disposizioni testé menzionate prevede che senza licenza del prefetto sia vietato ad enti o privati "di eseguire investigazioni o ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati" (oltre che svolgere attività di custodia o vigilanza di proprietà mobiliari od immobiliari); la seconda prescrive agli uffici di vigilanza e di investigazione privata ed ai loro agenti di prestare la loro opera a richiesta dell'autorità di pubblica sicurezza. Ora, é evidente che nessuna di tali disposizioni doveva trovare applicazione, né diretta né indiretta, nella controversia pendente davanti al pretore, avente ad oggetto il diritto o meno della ditta convenuta di rifiutare la corresponsione delle provvigioni, pretese dall'attore e relative a contratti cui la ditta medesima non aveva dato esecuzione valendosi dell'art. 1461 del codice civile.

Giacché, ed a prescindere dalla considerazione che una eventuale declaratoria di incostituzionalità non avrebbe altro effetto che di rendere indiscriminatamente libera l'attività in questione, il fatto che, nella specie, il mutamento delle condizioni patrimoniali dell'altro contraente, divenute tali "da porre in pericolo il conseguimento delle controprestazioni", risultasse dal rapporto di un istituto privato di investigazioni, era del tutto indifferente nel giudizio, ben potendo tali circostanze essere giunte a conoscenza della controparte in altri e diversi modi. Né ai rapporti di istituti del genere l'ordinamento attribuisce comunque un valore probatorio qualificato.

Altrettanto palese é la irrilevanza delle censure all'art. 139 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, totalmente estraneo al giudizio a quo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 134 e 139 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13, 14, 15, 24, 27, 41 e 98 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Luigi BROSIO - Cancelliere

 

 

Depositata in cancelleria il 6 maggio 1976.