Sentenza n. 98 del 1976
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SENTENZA N. 98

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 226 bis, ter e quater, del codice di procedura penale, introdotti dall'art. 5 della legge 8 aprile 1974, n. 98 (tutela della riservatezza e della libertà e segretezza delle comunicazioni), e dell'art. 339 del codice di procedura penale, nel testo risultante dall'art. 6 della predetta legge, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 23 aprile 1974 dal pretore di Bologna su denunzia di Giovannini Tamara, iscritta al n. 279 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 250 del 25 settembre 1974;

2) ordinanza emessa il 30 aprile 1974 dal pretore di Torino nel procedimento penale a carico di Cottini Amedeo, iscritta al n. 296 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 263 del 9 ottobre 1974;

3) ordinanza emessa il 1 agosto 1974 dal pretore di Campobasso nel procedimento penale a carico di ignoti, iscritta al n. 402 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 309 del 27 novembre 1974;

4) ordinanza emessa il 18 giugno 1974 dal pretore di Ferrara nel procedimento penale a carico di ignoti, iscritta al n. 456 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3 del 3 gennaio 1975;

5) ordinanza emessa il 19 ottobre 1974 dal pretore di Paternò nel procedimento penale a carico di ignoti, iscritta al n. 542 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48 del 19 febbraio 1975;

6) ordinanze emesse il 20 gennaio 1975 dal pretore di Galatina e il 29 gennaio 1975 dal pretore di Trento in due procedimenti penali a carico di ignoti, iscritte ai nn. 97 e 99 del registro ordinanze 1975 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 120 del 7 maggio 1975;

7) ordinanze emesse il 16 gennaio 1975 dal pretore di Milano e il 4 febbraio 1975 dal pretore di Lonigo in due procedimenti penali a carico di ignoti, iscritte ai nn. 132 e 143 del registro ordinanze 1975 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 159 del 18 giugno 1975;

8) ordinanza emessa il 13 gennaio 1975 dal pretore di Foligno nel procedimento penale a carico di ignoti, iscritta al n. 280 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 221 del 20 agosto 1975;

9) ordinanza emessa il 24 aprile 1975 dal pretore di Tivoli nel procedimento penale a carico di ignoti, iscritta al n. 291 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 228 del 27 agosto 1975;

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 febbraio 1976 il Giudice relatore Enzo Capalozza;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di distinti procedimenti, per l'accertamento di reati di loro competenza, undici pretori (e precisamente di Bologna, Campobasso, Ferrara, Lonigo, Milano, Foligno, Paternò, Tivoli, Galatina, Torino e Trento) hanno ritenuto rilevanti e non manifestamente infondati, sotto i profili di cui si dirà, i dubbi di legittimità costituzionale degli artt. 226 bis, 226 ter e 226 quater del codice di procedura penale, introdotti dall'art. 5 della legge 8 aprile 1974, n. 98, e dall'art. 339 dello stesso codice, nel testo sostituito dal successivo art. 6 della medesima legge, nelle parti in cui, riservando al procuratore della Repubblica o al giudice istruttore del luogo dove sono in corso le indagini, l'autorizzazione al compimento delle operazioni di intercettazione telefonica, escludono che questa possa essere data dal pretore.

2. - Le norme di raffronto poste a base delle ordinanze sono, prese nel loro complesso, le seguenti: gli artt. 3, primo comma, 25, primo comma, 101, seconda parte, 102, primo comma, 107, terzo e quarto comma, 108, secondo comma (evidentemente deve trattarsi del primo comma, che é il solo, tra i due, a riferirsi alla giurisdizione ordinaria), 109 e 112 della Costituzione.

3. - Le violazioni delle norme di raffronto sono sostenute, illustrate e ampliamente motivate nelle ordinanze dei giudici a quibus.

Per quanto riguarda l'art. 3, si deduce l'irragionevolezza della limitazione dei poteri del pretore (pret. di Bologna) e l'ingiustificata discriminazione nella previsione dell'intervento, in un atto istruttorio, di un organo diverso da quello che dovrebbe istituzionalmente attendervi, con la conseguente sottrazione dell'autorizzazione al pretore, non solo nei casi di urgenza per i reati di competenza di altro giudice, ma anche per quelli di sua competenza (pret. Galatina).

L'inosservanza dell'art. 25 Cost. viene prospettata sul riflesso che - sebbene questa Corte abbia riconosciuto operante il principio della precostituzione del giudice anche nella fase istruttoria del processo (pret. di Ferrara), e, ritenendo illegittima la remissione, da parte del procuratore della Repubblica, del procedimento pretorile al tribunale, abbia, in sostanza, escluso la possibilità di una competenza alternativa del procuratore della Repubblica e del pretore (pret. di Campobasso) - la denunziata disciplina avrebbe devoluto ad altro magistrato non competente per materia l'ammissione di uno specifico mezzo di prova (pret. di Galatina, di Trento, di Milano e di Lonigo), pur quando la situazione di fatto non consenta di raggiungere in altro modo la prova del reato di competenza pretorile (pret. di Bologna e di Foligno).

Sulla violazione dei precetti costituzionali relativi alla soggezione dei giudici soltanto alla legge (art. 101), con riserva di legge assoluta (art. 102, primo comma), alla loro indipendenza (art. 108, secondo comma) e distinzione per diversità di funzioni (art. 107, terzo comma), alla disponibilità diretta della polizia giudiziaria da parte dell'autorità giudiziaria (art. 109), alle garanzie del pubblico ministero (art. 107, quarto comma) ed al suo obbligo di esercitare l'azione penale (art. 112), si assume che il legislatore - anziché avvalersi del suo legittimo potere di modificare in via generale l'ordine delle competenze, per la cognizione dei vari reati, tuttavia conservando ad ogni magistrato le correlative potestà istruttorie, coercitive e di documentazione (pret. di Torino) - avrebbe previsto l'intervento, nel procedimento, di un organo diverso da quello cui spetta la decisione sul reato (pret. di Milano) e conferito anche al giudice istruttore poteri in sede di atti preliminari all'istruzione, che sarebbero, invece, propri del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale (pret. di Galatina).

Per quanto più specificamente riguarda l'art. 112 Cost., si osserva che la richiesta di autorizzazione del pretore al procuratore della Repubblica non potrebbe essere configurata come un atto di giurisdizione delegata, essendo quest'ultima caratterizzata dall'obbligatorietà ed insidacabilità da parte del soggetto delegatario (pret. di Torino); che, per contro, il rifiuto di autorizzazione paralizza l'esercizio dell'azione penale (pret. di Bologna); e, infine, che l'autorizzazione non dovrebbe essere di competenza di magistrati estranei al processo, sia per il carattere di massima urgenza che essa ha, sia perché potrebbe essere rifiutata, sia perché, quand'anche concessa, concreterebbe un'ingerenza non consentita dalla Costituzione (pret. di Tivoli).

4. - Dinanzi a questa Corte é intervenuto, per tutti i giudizi, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto che le questioni siano dichiarate non fondate, osservando, per altro, preliminarmente che quella sollevata dal pretore di Bologna sarebbe irrilevante, dato che non risulta "che un procuratore della Repubblica abbia rifiutato l'autorizzazione richiesta"

Afferma che la nuova disciplina avrebbe concentrato nell'ufficio del procuratore della Repubblica il potere di autorizzare le intercettazioni allo scopo di soddisfare l'esigenza di garantire contro abusive limitazioni l'esercizio della libera comunicazione telefonica, e non per restringere i poteri di indagine del pretore per i reati di sua competenza.

Contesta ogni violazione delle norme costituzionali invocate.

Considerato in diritto

1. - Le undici ordinanze indicate in epigrafe sollevano questioni identiche o, comunque, strettamente connesse. Pertanto, i relativi giudizi possono essere riuniti e definiti con unica sentenza.

2. - La Corte é chiamata a decidere se gli artt. 226 bis, 226 ter, 226 quater, inseriti nel codice di procedura penale dall'art. 5 della legge 8 aprile 1974, n. 98 ("Tutela della riservatezza e della libertà e segretezza delle comunicazioni"), nelle parti in cui escludono che il pretore, per taluni reati di sua competenza, possa autorizzare la polizia giudiziaria ad eseguire intercettazioni telefoniche, e, analogamente, l'art. 339 dello stesso codice, nel testo modificato dall'art. 6 di detta legge, violino:

a) l'art. 3, primo comma, della Costituzione, per l'intrinseca irragionevolezza della operata limitazione, oltreché per l'ingiustificata discriminazione nei confronti di una intera categoria di magistrati;

b) l'art. 25, primo comma, Cost., per essere stata attribuita l'autorizzazione a disporre le intercettazioni a magistrato non competente per materia a conoscere del reato;

c) gli artt. 101, 102, primo comma, 107, terzo e quarto comma, 108, primo comma, 109 e 112 Cost., per l'interferenza di un organo diverso da quello cui funzionalmente spettano l'azione penale (il cui esercizio verrebbe paralizzato dal rifiuto dell'autorizzazione) e la successiva pronunzia decisoria.

3. - É opportuno seguire un ordine logico (e, in parte, di correlazione e di conseguenzialità), anziché di progressione numerica nell'esame delle norme di raffronto invocate.

4. - Non sussiste la violazione del principio del giudice naturale (art. 25, primo comma, Cost.) - che va inteso solo come giudice precostituito per legge - posto che la competenza ad autorizzare le intercettazioni telefoniche nella fase preistruttoria, rispetto a fattispecie astratte realizzabili in futuro (sentenza n. 120 del 1975), é legislativamente attribuita al procuratore della Repubblica del circondario nel quale debbono svolgersi le indagini.

Ha esattamente osservato l'Avvocatura generale dello Stato che il richiesto concorso, previsto e voluto dalla legge, di altro magistrato per il compimento di determinate indagini non può dirsi di per sé in contrasto con l'indicato principio.

D'altronde, l'art. 25 Cost. attiene alla precostituzione del giudice e non di ogni magistrato (sentenza n. 148 del 1963).

5. - La distribuzione di competenza implica, nel suo concetto, una distinzione e, per ciò stesso, non può essere ritenuta lesiva del principio di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.). Ed anche un penetrante sindacato di ragionevolezza - consentito entro rigorosi limiti a questa Corte - porterebbe al medesimo risultato, perché la concentrazione nel procuratore della Repubblica del potere di autorizzare le intercettazioni telefoniche é stata scelta e prescritta dal legislatore - a seguito di avvenimenti e di episodi che avevano interessato e turbato l'opinione pubblica - proprio a un dichiarato scopo garantistico, che é quello di rendere più facilmente controllabile e più omogenea - in un campo così delicato che investe diritti di libertà costituzionalmente tutelati (artt. 15, primo comma; 21, primo comma) - l'iniziativa dell'indagine a fini di giustizia e, insieme, quello di evitare possibili amplificazioni del suo esercizio.

6. - Neppure é violato l'art. 112 Cost., secondo il quale "il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale" (ed é pacifico che l'obbligo si estenda al pretore, il quale svolge, nei procedimenti di sua competenza, funzioni di pubblico ministero: artt. 31, 389, ultimo comma, 398, primo e secondo comma, cod. proc. pen.; sentenza n. 61 del 1967), dappoiché il relativo dovere permane pur se al pretore é inibito di avvalersi di uno specifico mezzo di indagine quando questo é affidato al procuratore della Repubblica.

7. - Non é vulnerato l'art. 108, primo comma, Cost. (le ordinanze dei pretori di Paternò e di Tivoli citano erroneamente il secondo comma, che si riferisce alle giurisdizioni speciali e agli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia), per il quale "le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge", perché con tale precetto non si rimette la disciplina della magistratura alla sola legge sull'ordinamento giudiziario (alla quale fa, invece, richiamo l'art. 107, ultimo comma, Cost.), bensì ad una legge dello Stato: si tratta, insomma, di una riserva di legge, non di un rinvio ad una legge determinata.

8. - Né può dirsi violato l'art. 109 Cost., che pone la polizia giudiziaria alle dirette dipendenze dell'autorità giudiziaria: la normativa denunziata non sottrae alla dipendenza del pretore la polizia giudiziaria, ma si limita ad attribuire al procuratore della Repubblica dei poteri di istruttoria preliminare, rispetto ad atti tassativamente indicati, che, se comportano l'impiego della polizia giudiziaria, solo perché sono al pretore inibiti impediscono che egli di questa si avvalga: al pretore non é sottratta la dipendenza della polizia giudiziaria, ma sono preclusi certi atti che la polizia giudiziaria compie.

9. - E neppure vi é contrasto con l'art. 102, primo comma, Cost., diretto a riservare ai magistrati ordinari la funzione giurisdizionale, demandandone l'apposita disciplina all'ordinamento giudiziario: invero, l'art. 226 ter non toglie tale funzione ai magistrati ordinari.

10. - Non é richiamato a proposito, quale parametro di costituzionalità, l'art. 107, terzo e quarto comma, Cost., per cui i magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni (terzo comma), in quanto l'affidamento di determinate attribuzioni preistruttorie al procuratore della Repubblica, in aggiunta a quelle che già gli competono, non viola il principio della distinzione per funzioni; e le garanzie del pubblico ministero (quarto comma) non vengono lese dalle funzioni aggiuntive che la disciplina impugnata gli riserva nella fase di cui trattasi.

11. - Gran parte degli argomenti addotti valgono pure a dimostrare che la normativa denunziata non confligge con l'art. 101, seconda parte, Cost. per il quale "i giudici sono soggetti soltanto alla legge": da un lato, non si tratta di attribuzioni affidate a un magistrato in funzione di giudice e, dall'altro, non viene instaurato alcun rapporto di gerarchia tra pretore e procuratore della Repubblica, ma sono regolati, con legge, i rapporti tra i due organi (sentenza n. 95 del 1975 e ordinanza n. 244 del 1975).

12. - Non é fondata, infine, la censura della norma contenuta nell'art. 6 della legge n. 98 del 1974, che ha modificato il testo originario dell'art. 339 cod. proc. pen. (pretore di Torino).

L'interpretazione su cui si fonda la doglianza - dalla quale deriverebbe l'esclusione del pretore, oltreché dall'autorizzazione alla polizia giudiziaria, anche dal compimento diretto di atti istruttori di intercettazione - non può essere condivisa, ove si considerino la formulazione della norma nel suo testo attuale e la immutata collocazione, nel codice di procedura penale, dell'art. 339 ("Dell'istruzione formale"), applicabile pure all'istruzione sommaria (art. 392, primo comma, cod. proc. pen.) e, nella specie, all'istruzione pretorile (art. 398, primo comma, cod. proc. pen.).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 226 bis, 226 ter e 226 quater, inseriti nel codice di procedura penale dall'art. 5 della legge 8 aprile 1974, n. 98 (Tutela della riservatezza e della libertà e segretezza delle comunicazioni), e, nei sensi di cui in motivazione, dell'art. 339 dello stesso codice nel testo modificato dall'art. 6 di detta legge, sollevate con le ordinanze in epigrafe in riferimento agli artt. 3, primo comma, 25, primo comma, 101, 102, 107, terzo e quarto comma, 108, secondo comma, 109 e 112 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 28 aprile 1976.