Sentenza n. 94 del 1976
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SENTENZA N. 94

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 9 della legge 28 luglio 1971, n. 558 (disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 29 ottobre 1973 dal giudice conciliatore di Gossolengo nel procedimento civile vertente tra Dolci Emilio ed il Comune di Gossolengo, iscritta al n. 3 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48 del 20 febbraio 1974;

2) ordinanza emessa il 20 febbraio 1974 dal pretore di Cesena nel procedimento civile vertente tra Cappelletti Rino e il Prefetto di Forlì, iscritta al n. 135 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 146 del 5 giugno 1974.

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 28 gennaio 1976 il Giudice relatore Michele Rossano;

udito il vice avvocato generale dello Stato Giovanni Albisinni, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza 27 gennaio 1973 il Sindaco del Comune di Gossolengo intimava a Dolci Emilio di pagare la somma di lire 30.000 quale sanzione amministrativa per avere tenuto aperto il negozio di generi alimentari domenica 29 ottobre 1972, in violazione delle norme di cui all'art. 1, comma secondo, lett. a, legge 28 luglio 1971, n. 558, sulla disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio.

Avverso tale ingiunzione il Dolci proponeva opposizione, con atto notificato il 28 febbraio 1973, chiedendo al giudice conciliatore di Gossolengo di dichiarare la nullità della ingiunzione; e sollevava, con memoria 21 ottobre 1973, l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 1 legge 28 luglio 1971, n. 558, affermando che questo articolo violava gli artt. 4 e 41 della Costituzione.

Il giudice conciliatore di Gossolengo, con ordinanza 29 ottobre 1973, riteneva rilevanti ai fini della decisione della causa e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del citato art. 1 legge n. 558 del 1971 in riferimento agli artt. 4 e 41 della Costituzione.

L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 20 febbraio 1974.

Nel giudizio davanti a questa Corte non si é costituita la parte privata.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate non fondate.

2. - Con ordinanza 9 febbraio 1973 il Prefetto di Forlì intimava a Cappelletti Rino, gestore di impianto stradale per la distribuzione di carburante, di pagare la somma di lire 84.000, quale sanzione amministrativa per aver distribuito carburante in giorno di chiusura per turno; e disponeva la chiusura dell'impianto per la durata di cinque giorni.

Avverso tale ordinanza il Cappelletti proponeva opposizione davanti al pretore di Cesena, con atto notificato il 26 marzo 1973, sollevando la questione di legittimità costituzionale della legge 28 luglio 1971, n. 558.

Con ordinanza 20 febbraio 1974 il pretore di Cesena riteneva rilevante ai fini della decisione della causa e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 legge 28 luglio 1971, n. 558, in riferimento all'art. 41 della Costituzione.

L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 5 giugno 1974.

Nel giudizio davanti a questa Corte non si é costituita la parte privata.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con atto 5 giugno 1974, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.

Considerato in diritto

1. - Le questioni dedotte con le due ordinanze attengono alla disciplina dei criteri ai quali le Regioni debbono uniformarsi a termini della legge 28 luglio 1971, n. 558, che delega alle Regioni stesse, ai sensi dell'art. 118, secondo comma, della Costituzione, la determinazione dell'orario di apertura e di chiusura dei negozi e delle altre attività esercenti la vendita al dettaglio.

2. - L'ordinanza del giudice conciliatore di Gossolengo impugna, con distinto riferimento all'art. 4 e all'art. 41 della Costituzione, l'art. 1, lett. a, della legge citata, che prescrive alle Regioni nella "determinazione dell'orario di uniformarsi al criterio della chiusura totale nei giorni domenicali e festivi", salva la facoltà di autorizzare "nelle festività infrasettimanali solo le rivendite di pane... ad effettuare l'apertura antimeridiana limitatamente a questo genere".

3. - Secondo il giudice conciliatore, la norma, nelle zone rurali, priverebbe i commercianti dell'unica prospettiva di lavoro e di guadagno sufficienti, perché proprio nei giorni festivi si verificherebbe, in misura sempre più massiccia, l'esodo dalle città verso le campagne. Violerebbe, pertanto, l'art. 4 della Costituzione, che riconosce al cittadino il diritto al lavoro e vieta al legislatore di porre vincoli che siano in contrasto con il dovere di rendere effettivo tale diritto.

La censura non é fondata.

Dal riconoscimento del diritto al cittadino al lavoro e della libertà di scegliere un'attività lavorativa discende per lo Stato il dovere di non porre norme che tale diritto o tale libertà direttamente o indirettamente escludano, ma non consegue il divieto al legislatore di dettare disposizioni concernenti la tutela di esigenze sociali costituzionalmente protette (sentenze di questa Corte n. 12 del 15 marzo 1960; n. 102 del 2 luglio 1968 e n. 41 del 25 febbraio 1197). Nel sindacato di legittimità costituzionale non si può, pertanto, prescindere da una considerazione globale dell'intero sistema per verificare se limiti e condizioni trovino nel sistema stesso giustificazioni e siano, quindi, legittimi.

Il criterio impugnato é determinato dall'esigenza di tutela del diritto irrinunciabile al riposo, diritto che, nella sua configurazione normale e globale, coincide con le domeniche e gli altri giorni festivi.

Questa Corte, con sentenza 5 aprile 1974, n. 111, ha precisato che "anche la tutela del diritto del lavoratore al riposo settimanale costituisce una delle ragioni di finalità sociale e di salvaguardia della dignità umana poste al limite della libera iniziativa economica privata; né vale distinguere fra lavoratore dipendente e lavoratore in proprio. La legge ha inteso tutelare anche il lavoratore in proprio creando, attraverso l'obbligo della chiusura, il presupposto logico giuridico della chiusura, perché anch'egli possa usufruire del riposo settimanale". I limiti, quindi, al diritto al lavoro e alla libertà del suo esercizio debbono essere stabiliti dalla legge con valutazione di esigenze sociali unitarie e globali, di competenza degli organi legislativi, e con disposizioni delle autorità amministrative competenti ai sensi di legge, come é stabilito dall'art. 1, lett. a, legge citata per le rivendite di pane e dall'art. 3 della legge in oggetto, secondo cui "nelle località ad economia turistica e limitatamente ai periodi di maggiore afflusso turistico, determinati per ogni località, sentito l'Ente provinciale per il turismo, le Regioni, sentite le organizzazioni e gli enti di cui al primo comma dell'art. 1, "possono fissare l'orario di apertura e di chiusura dei negozi sia nei giorni feriali sia in quelli domenicali e festivi, indipendentemente dalle disposizioni di cui al precedente art. 1".

Tale norma rivela come il legislatore, alla stregua della disciplina costituzionale, ha ritenuto proprio per la tutela del diritto al lavoro, che la coincidenza del riposo dei lavoratori con le domeniche e i giorni dichiarati festivi sul piano nazionale possa essere derogata, nel settore del commercio della vendita al dettaglio, per interessi di carattere generale (come quello del turismo) e in situazioni concrete accertate con procedimenti dagli organi amministrativi competenti.

4. - Tanto meno é fondata la questione per quanto concerne l'art. 41 della Costituzione.

Contrariamente a quanto é affermato nell'ordinanza, l'attività di esercizio commerciale, quanto ad orario e a determinazione dei giorni di chiusura obbligatoria, deve adeguarsi alla esigenza unitaria della tutela del diritto al lavoro e a quella della disciplina unitaria dei prezzi. E la legge impugnata ha osservato le indicate esigenze in quanto, escludendo la deroga al principio di coincidenza di chiusura nei giorni festivi, ha ritenuto non meritevoli di tutela affermati interessi particolari non aventi riflessi globali, che avrebbero potuto comportare assunzione di altro personale, per esigenza di turni, con ripercussioni sui prezzi.

5. - É anche non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal pretore di Cesena, dell'art. 9 legge 28 luglio 1971, n. 558, in riferimento all'art. 41 della Costituzione. L'art. 9 porrebbe limiti ingiustificati alla libera iniziativa economica dei privati "essendo certo", secondo il pretore, "più utile per la collettività che i distributori di carburante rimangano aperti, a disposizione del pubblico, il maggior tempo possibile, purché naturalmente sia salvaguardato il diritto al riposo degli addetti".

Non sembra discutibile che la necessaria regolamentazione degli orari di apertura e dei turni festivi dei distributori di carburante debba essere sottratta all'arbitrio dei singoli gestori, né si comprende come dovrebbe essere tutelata in concreto l'esigenza di garantire, con la dovuta uniformità, l'irrinunciabile diritto dei lavoratori dipendenti al riposo settimanale, sia pure per turno in un giorno festivo.

Va, inoltre, considerato che gli orari debbono essere disciplinati, tenendo conto del traffico, della regolarità del servizio e degli interessi delle varie imprese; e che non spetta a questa Corte interferire su valutazioni di competenza esclusiva degli organi legislativi.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate:

a) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 legge 28 luglio 1971, n. 558 (Disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio) sollevata dal giudice conciliatore di Gossolengo, con ordinanza 29 ottobre 1973, in riferimento agli artt. 4 e 41 della Costituzione;

b) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 legge 28 luglio 1971, n. 558 (Disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio) sollevata dal pretore di Cesena, con ordinanza 20 febbraio 1974, in riferimento all'art. 41 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 28 aprile 1976.