Sentenza n. 71 del 1976
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SENTENZA N. 71

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, ultimo comma, del d.l.l. 8 marzo 1945, n. 90, modificativo dell'art. 10 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria sulle successioni), promosso con ordinanza emessa il 16 maggio 1974 dalla Corte d'appello di Palermo nel procedimento civile vertente tra l'Amministrazione delle finanze dello Stato e Bongiorno Francesco ed altri, iscritta al n. 422 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 309 del 27 novembre 1974.

Udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 1976 il Giudice relatore Giulio Gionfrida.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza emessa il 16 maggio 1974, nel procedimento di secondo grado conseguente all'impugnazione proposta dall'Amministrazione delle finanze avverso la sentenza 25 luglio 1972 del tribunale di Palermo (che aveva affermato il diritto di Francesco Bongiorno e fratelli - succeduti al defunto Rosario Parisi, in rappresentanza della premorta figlia adottiva di lui Angela Virga Parisi - ad essere tassati, ai fini dell'imposta di successione, come nipoti ex filio), l'adita Corte di appello di Palermo - ritenuto, in premessa, che, nella specie, la tassazione, a termini della vigente normativa, andava, invece, effettivamente operata (così come preteso dall'Amministrazione appellante) con le aliquote stabilite per gli estranei (non trovandosi gli eredi in relazione di parentela con il de cuius, né tale relazione potendo discendere dal rapporto di adozione intercorso tra l'autore della successione ed il genitore premorto degli stessi eredi) - ha sollevato, in quanto a suo avviso rilevante e non manifestamente infondata, questione di legittimità della normativa sopraddetta: individuata nell'art. 1, comma ultimo, del d.l.l. 8 marzo 1945, n. 90 (modificativo dell'art. 10 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270).

La disposizione indicata - "per la parte in cui non prevede, in correlazione al successivo art. 17 dello stesso r.d. 1923 ed all'articolo unico della legge 20 novembre 1955 n. 1123, un eguale trattamento fiscale dei discendenti dei figli legittimi e dei discendenti dei figli adottivi del de cuius, che succedano a questo per rappresentazione" - colliderebbe, invero, secondo il giudice a quo, con il precetto costituzionale dell'art. 3 della Costituzione.

2. - Nel giudizio innanzi a questa Corte non vi é stata costituzione di parti né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Dispone l'ultimo comma del d.l.l. 8 marzo 1945, n. 90 (sulle imposte sulle successioni e donazioni, modificativo del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270), che "l'erede che viene alla successione per diritto di rappresentazione deve l'imposta nella misura che risulta dalla applicazione delle aliquote corrispondenti al grado di parentela esistente fra l'erede stesso e l'autore della successione".

Ora, secondo il giudice a quo (che in ciò condivide l'assunto dell'Amministrazione appellante), poiché nessun rapporto di parentela, in realtà, si instaurerebbe (in virtù dell'adozione) tra adottante e discendenti dell'adottato, si avrebbe, conseguentemente, che - nel caso, in particolare, di successione per rappresentazione dei discendenti dell'adottato nei confronti dell'adottante defunto - la tassazione andrebbe operata con applicazione delle aliquote previste per gli estranei (o, comunque, corrispondenti al grado di parentela che, a prescindere dal rapporto di adozione tra de cuius e rappresentato, eventualmente, per altra via sussista tra gli eredi e l'autore della successione).

Diversamente, nell'ipotesi di trasmissione che si verifichi "a favore dei discendenti dei figli legittimi", varrebbe il più favorevole trattamento stabilito per i "discendenti in linea retta" del de cuius.

La Corte di appello di Palermo denuncia appunto tale disparità di trattamento che, sotto il profilo fiscale, si verificherebbe tra discendenti dell'adottato e discendenti dei figli legittimi (che succedano al de cuius ex art. 467 cod. civ.).

La questione si puntualizza - come in narrativa detto nella impugnazione dell'art. 1, ultimo comma, del d.l.l. 1945 n. 90 (letto in correlazione all'art. 17 r.d. 1923 n. 3270 ed all'articolo unico della legge 1955 n. 1123) per contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

2. - La questione non é fondata.

A norma dell'art. 300 cpv. del codice civile - la legittimità del quale non é posta in discussione - deve, infatti, escludersi che sussista (al di fuori delle eccezioni di cui agli artt. 87, lett. a, 468 del codice civile, che, però, non riguardano la fattispecie disciplinata dalla normativa impugnata) "alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia dell'adottato".

La posizione, in particolare, dei discendenti dell'adottivo nei confronti dell'adottante risulta quindi - proprio per l'inesistenza tra tali soggetti di un qualsiasi vincolo familiare - evidentemente non omogenea rispetto alla situazione che intercorre tra genitore e discendenti del proprio figlio, la quale, invece, si incentra su un vero e proprio rapporto di parentela in linea retta (ex art. 74 cod. civ.).

Epperò deve conseguentemente allora ritenersi che non irrazionalmente - sul presupposto di tale rilevata diversità di situazione - ha operato il legislatore tributario, stabilendo, ai fini del pagamento dell'imposta successoria, aliquote differenziate per i discendenti, rispettivamente, dei figli legittimi e degli adottivi, che succedano al de cuius per rappresentazione.

Né tale disciplina viene, d'altra parte, in contraddizione con la assimilazione (disposta dalla sopravvenuta legge n. 1123 del 1955) del trattamento fiscale degli adottivi a quello dei figli legittimi, nel caso di successione diretta; giacché l'unificazione delle aliquote si giustifica, in tale ultimo caso, in considerazione proprio dell'esistenza, tra adottante ed adottato, di una relazione - equivalente a quella di parentela (che intercorre tra genitore e figlio) - dipendente dal vincolo appunto (di natura civile) dell'adozione: vincolo che, come già detto, non si estende, però, ai discendenti (ed alla famiglia in genere) dell'adottato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, ultimo comma, del decreto legislativo luogotenenziale 8 marzo 1945, n. 90, recante "modificazioni delle imposte sulle successioni e sulle donazioni" (in correlazione all'art. 17 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, ed all'articolo unico della legge 20 novembre 1955, n. 1123), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria l'8 aprile 1976.