Sentenza n. 9 del 1976
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SENTENZA N. 9

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Dott. Luigi OGGIONI, Presidente

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, terzo comma, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sulla tutela delle lavoratrici madri, promosso con ordinanza emessa il 15 novembre 1973 dal pretore di San Miniato nel procedimento civile vertente tra Ruggeri Franca e Barontini Carisio, iscritta al n. 77 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 82 del 27 marzo 1974.

Udito nella camera di consiglio del 13 novembre 1975 il Giudice relatore Leonetto Amadei. Ritenuto in fatto

Nel corso del procedimento civile, promosso da Franca Ruggeri contro Carisio Barontini e diretto ad ottenere la reintegrazione nel rapporto di lavoro di collaboratrice domestica, interrotto per licenziamento in seguito a stato di gravidanza, il pretore di San Miniato ha sollevato d'ufficio, con ordinanza del 15 novembre 1973, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, terzo comma, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, per avere escluso dal divieto di licenziamento durante il periodo di gravidanza e fino ad un anno di età del bambino le lavoratrici domestiche e familiari, in riferimento agli artt. 3, 4, 31, 35 e 37 della Costituzione.

Ad avviso del giudice a quo l'esclusione delle collaboratrici familiari dalla disciplina prevista per le altre lavoratrici madri sarebbe ingiusta e irragionevole e contrasterebbe tanto con il principio di eguaglianza, quanto con il diritto al lavoro e alla sua difesa. In modo particolare sarebbero violate le norme costituzionali predisposte a tutela della madre nell'adempimento delle essenziali funzioni familiari e a protezione del bambino. Osserva, inoltre, il proponente che la estensione alle collaboratrici domestiche del trattamento riservato alle altre lavoratrici non comporterebbe nessun onere per il datore di lavoro per quanto attiene alla assistenza e alla indennità di maternità, poiché tali previdenze sarebbero a completo carico dell'INAM.

Il datore di lavoro, d'altra parte, ben potrebbe assumere personale sostitutivo con contratto a termine, così come sarebbe previsto per le segretarie, le impiegate e le operaie. Tutto ciò si inquadrerebbe nel principio orientativo desumibile dalla sentenza della Corte costituzionale n. 85 del 1972, per il quale dovrebbe sussistere parità di diritti tra lavoratrici in genere e lavoratrici domestiche.

Non vi é stata costituzione delle parti e non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - L'ordinanza in epigrafe ha proposto, in riferimento agli artt. 3, 4, 31, 35 e 37 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, terzo comma, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, nella parte in cui esclude dal divieto di licenziamento durante il periodo di gestazione e fino ad un anno di età del bambino le collaboratrici domestiche; divieto, invece, previsto, per le altre lavoratrici.

2. - Questa Corte ha già, con sentenza n. 27 del 1974, dichiarato non fondata la stessa questione, proposta nei medesimi termini, ma solo in riferimento agli artt. 3 e 37 della Costituzione. In ordine, pertanto, a tale aspetto, deve essere dichiarata la manifesta infondatezza della questione. 3. - Non fondata é l'altra parte della questione che si riferisce agli artt. 4, 31 e 35 della Costituzione. Con la ricordata sentenza n. 27 del 1974 la Corte ha posto in evidenza, in linea generale, quali particolari aspetti concorrono a differenziare, nella sostanza, il rapporto di lavoro domestico da ogni altro tipo di lavoro dipendente, ritenendo, di conseguenza, legittima la diversa disciplina prevista dal legislatore in tema di rescissione del contratto a seguito di intervenuta gravidanza. É senz'altro da rilevare che le argomentazioni poste da questa Corte a sostegno della sentenza valgono ad escludere la violazione da parte della norma impugnata, come genericamente si assume nell'ordinanza, dei diritti che la Costituzione riconosce al cittadino a conseguire una occupazione e a conservare il posto di lavoro (art. 4) e dell'obbligo imposto alla Repubblica di tutelare e proteggere la maternità e l'infanzia (art. 31) e lo stesso lavoro in tutte le sue forme e applicazioni (art. 35).

Invero, se i richiamati articoli della Costituzione fanno divieto al legislatore di imporre limiti discriminatori alla libertà di conseguire e scegliere un posto di lavoro e di conservarlo, e gli fanno obbligo di sviluppare una adeguata protettiva attività assistenziale nei riguardi della famiglia, della maternità e dell'infanzia e di determinare modi e forme adatte alla tutela del lavoro stesso, tuttavia non gli impediscono, in senso assoluto, di regolamentare i rapporti tra datori di lavoro e lavoratore, tenendo conto della particolare natura che alcuni rapporti vengono ad assumere di fronte ad altri, e prevedendo di conseguenza, discipline diverse, dirette ad equilibrare e armonizzare tra loro interessi contrastanti. Non v'é dubbio che una disciplina uniforme che non si preoccupasse di ciò si potrebbe risolvere in un illogico, sproporzionato e irrazionale danno per una delle parti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara a) la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, terzo comma della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sulla tutela delle lavoratrici madri, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 37 della Costituzione con l'ordinanza indicata in epigrafe;

b) non fondata la questione di legittimità costituzionale del precitato articolo, sollevata, con la stessa ordinanza, in riferimento agli artt. 4, 31 e 35 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 1976.

Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI -  Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 15 gennaio 1976.