Sentenza n. 7 del 1976
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SENTENZA N. 7

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Dott. Luigi OGGIONI, Presidente

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20, secondo comma (modificato dall'art. 9 del d.P.R. 28 giugno 1955, numero 930) e terzo comma, del r.d.l. 23 novembre 1936, n. 2523 (norme per la disciplina delle agenzie di viaggio e turismo), promosso con ordinanza emessa il 15 settembre 1973 dal pretore di Trieste nel procedimento penale a carico di Marinello Angelo ed altri, iscritta al n. 429 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15 del 15 gennaio 1974.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 12 novembre 1975 il Giudice relatore Leonetto Amadei;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso del procedimento penale a carico di Angelo Marinello ed altri imputati "della contravvenzione prevista dagli artt. 20 cpv. e 21 del r.d.l. 23 novembre 1936, n. 2523, modificato dall'art. 9 del d.P.R. 23 giugno 1955, n. 630 (e non 930, come erroneamente indicato nell'ordinanza), per avere gli uni, quali dirigenti sindacali e il terzo, quale direttore dell'ETSI, organizzato e condotto gite e viaggi occasionali a carattere culturale e di svago, senza fine di lucro, riservati agli aderenti all'organizzazione sindacale, senza chiedere la prevista autorizzazione all'Ente previdenziale del turismo e dello spettacolo", il pretore di Trieste ha sollevato d'ufficio la questione di legittimità costituzionale del precitato art. 20, secondo e terzo comma, del r.d.l. n. 2523 del 1936, e del correlativo art. 9 del d.P.R. n. 630 del 1955, in riferimento agli artt. 3, prima e seconda parte, 9, prima parte, e 39 della Costituzione.

2. - A parere del proponente il divieto che discenderebbe dalle norme impugnate per i comitati enti promotori di movimenti di massa, tra i quali rientrerebbero anche i sindacati dei lavoratori, di organizzare in proprio viaggi e gite occasionali, senza la preventiva concessione di deroga, contrasterebbe:

a) col principio di eguaglianza affermato nel primo comma dell'art. 3 della Costituzione, in quanto la differenziazione che sarebbe disposta dalla legge cui trattasi tra comitati od enti in senso generico e gli enti promotori di movimenti di massa non poggerebbe su valide giustificazioni;

b) col principio stabilito dal secondo comma dello stesso art. 3 della Costituzione in quanto i limiti imposti alla organizzazione di viaggi e gite a scopi culturali senza fine di lucro da parte di movimenti di massa impedirebbero quel pieno sviluppo della personalità umana che la Repubblica avrebbe obbligo di garantire e tutelare;

c) con il primo comma dell'art. 9 della Costituzione in quanto il divieto si risolverebbe in un limite allo sviluppo culturale dei lavoratori

d) con l'art. 39 della stessa Costituzione, in quanto rientrando tra i compiti delle associazioni sindacali anche quello di curare la elevazione culturale degli aderenti, qualsiasi limitazione normativa di tali compiti finirebbe con incidere sulla loro libertà organizzativa.

3. - Vi é stato intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato.

L'Avvocatura dello Stato conclude nelle deduzioni presentate per l'infondatezza della sollevata questione.

Non sussisterebbe la violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, non essendo ipotizzabile, ai fini riguardati dalla legge, una distinzione tra enti promotori di movimenti di masse od enti in senso generico e comitati; l'autorizzazione prevista dal secondo comma dell'art. 20, sarebbe necessaria per qualunque organizzazione che, senza scopi di lucro, promuova viaggi occasionali di svago o culturali. Verrebbe meno, altresì, la prospettata violazione della seconda parte dell'art. 3 della Costituzione per la considerazione che la richiesta autorizzazione non solo non comprimerebbe libertà individuali costituzionalmente garantite, ma, anzi, favorirebbe, in deroga allo schema legislativo, la realizzazione delle gite o viaggi stessi.

Nessun contrasto sarebbe, infine, ravvisabile con gli artt. 9, prima parte, e 39 della Costituzione.

Nel primo caso la prescritta autorizzazione avrebbe finalità inerenti esclusivamente a problemi logistici e di coordinamento delle attività turistiche comuni con lo spostamento di masse da un luogo all'altro; nel secondo caso, il riferimento all'articolo 39 non sarebbe pertinente in quanto tale articolo riguarderebbe solo l'istituzione e l'organizzazione interna dei sindacati e non già la loro attività esterna, assoggettata nel suo svolgimento, all'osservanza delle leggi ordinarie.

Considerato in diritto

1. - L'ordinanza in epigrafe pone in dubbio, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 9, primo comma, e 39 della Costituzione, la legittimità costituzionale dell'art. 20, secondo e terzo comma, del r.d.l. 23 novembre 1936, n. 2523, modificato dall'art. 9 del d.P.R. 28 giugno 1955, n. 630, nella parte in cui fa divieto ai comitati e agli enti promotori di movimenti di massa di svolgere le attività, proprie del settore turistico, previste dall'art. 2 (organizzazione di viaggi) dello stesso r.d.l., senza la preventiva autorizzazione di deroga.

La questione non é fondata.

2. - Il r.d.l. 23 novembre 1936, n. 2523, contenente norme per la disciplina delle agenzie di viaggio e turismo, fa divieto, nel primo comma dell'art. 20, ai comitati o enti promotori di movimenti di massa di svolgere l'attività promozionale, organizzativa e direttiva di cui all'art. 2, se non per il tramite di aziende autorizzate. Il secondo comma dello stesso articolo stabilisce che alla disposizione generale di cui al primo comma possono essere consentite deroghe ministeriali per la organizzazione di viaggi o gite occasionali con carattere patriottico, religioso o culturale senza scopi speculativi.

L'art. 9 del d.P.R. 26 giugno 1955, n. 630 - decentramento dei servizi del commissariato del turismo, - in modifica del precitato secondo comma dell'art. 20 del r.d.l. 1936, estende all'ente provinciale del turismo la facoltà di concedere deroga.

Dal combinato disposto delle norme impugnate é dato rilevare che il legislatore, in tema di attività turistica, ha seguito due direttive aventi per oggetto sia la tutela di interessi statali o settoriali, sia l'incremento di attività turistiche promosse da privati in relazione ai fini specifici, agevolandole e sottraendole ad ogni legame con gli enti a cui la legge, in via generale riconosce la facoltà di esercitarle nella loro pienezza e, per questo, sottoposte ad un regime di vigilanza e di controllo diretto a garantire un effettivo svolgimento dell'attività stessa nello stretto ambito del settore di competenza.

Il proponente si duole, come primo punto di contestazione delle norme, che la formulazione di queste porterebbe ad escludere i sindacati dalla facoltà di organizzare viaggi o gite occasionali, senza scopo di lucro, avvalendosi delle agevolazioni previste dal secondo comma dell'art. 20 del r.d.l. del 1936.

Da qui la violazione del principio di eguaglianza.

Giustamente l'Avvocatura dello Stato nota, nelle sue deduzioni, che l'art. 20, per effetto della modifica apportata dal d.P.R. 26 giugno 1955, n. 630, non legittima, ai fini della facoltà in esso contemplata, alcuna distinzione tra ente e ente promotore, per cui qualsiasi organizzazione, e quindi anche un sindacato, rimane libera di promuovere e realizzare in proprio gite patriottiche, religiose e culturali senza scopi speculativi, previa concessione, a richiesta, di deroga alle disposizioni di carattere generale. Non sussiste più, pertanto, a giudizio della Corte, nessuna differenziazione dei sindacati dai comitati od enti promotori per quanto riguarda il trattamento.

Non é esatto, altresì, affermare che comunque anche la normativa relativa alla deroga rappresenterebbe una limitazione al pieno sviluppo della persona umana (art. 3 secondo comma) e una non accettabile compressione allo sviluppo culturale dei lavoratori (art. 9, primo comma).

Invero le agevolazioni previste dal legislatore si inquadrano nei fini propri delle norme costituzionali che si assumono violate. L'intervento amministrativo di concessione di deroga assume in concreto valore promozionale e la sua ragione d'essere trova piena giustificazione nella necessità di salvaguardare nei limiti quel complesso di interessi generali dello Stato che, in ogni circostanza, devono essere tenuti presenti dai pubblici poteri e con i quali ogni attività libera di manifestarsi deve ragionevolmente collimare.

In ordine all'asserita violazione dell'art. 39 della Costituzione, la Corte osserva che con esso si garantiscono la libertà dei cittadini di organizzarsi in sindacati e la libertà delle associazioni che ne derivano.

Sotto questo profilo sono pertanto da rigettare le censure mosse alla disciplina giuridica impugnata.

In questa, invero, difetta qualsiasi negazione o violazione delle libertà sindacali e della conseguente libertà di azione sindacale.

L'organizzare gite o viaggi a carattere culturale, religioso e patriottico se può rappresentare un complemento apprezzabile dell'attività sindacale, intesa in senso lato, tuttavia costituisce pur sempre attività che rimane al di fuori della istituzione e organizzazione interna dei sindacati stessi e, pertanto, va soggetta all'osservanza delle leggi ordinarie dello Stato così come per ogni altro ente, cittadino o raggruppamento di cittadini.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, secondo e terzo comma, del r.d.l. 23 novembre 1936, n. 2523, come modificato dall'art. 9 del d.P.R. 28 giugno 1955, n. 630, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 9, primo comma, e 39 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 1976.

Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI -  Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 15 gennaio 1976.