Sentenza n. 220 del 1975
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SENTENZA N. 220

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 508 del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa l'11 maggio 1973 dal pretore di Castelfiorentino nel procedimento penale a carico di Alfaioli Elio ed altri, iscritta al n. 243 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 205 dell'8 agosto 1973;

2) ordinanza emessa il 19 giugno 1973 dal giudice istruttore del tribunale di Biella nel procedimento penale a carico di Giardino Renzo ed altri, iscritta al n. 304 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 236 del 12 settembre 1973.

Udito nella camera di consiglio del 10 aprile 1975 il Giudice relatore Enzo Capalozza.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un procedimento penale iniziato a carico di trentasette dipendenti della s.p.a. Laterizi Certaldese, per avere occupato i locali della azienda, il pretore di Castelfiorentino, con ordinanza 11 maggio 1973, ha sollevato, in riferimento agli artt. 4, primo comma, 40 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 508 del codice penale.

Dopo aver richiamato la giurisprudenza della Cassazione, il pretore assume che, dovendosi considerare tuttora vigente tale disposizione, non potrebbe essere seguito l'orientamento di altri giudici di merito che, ritenendola, invece, implicitamente abrogata dai nuovi principi costituzionali, applicano alla relativa fattispecie la discriminante dell'esercizio del diritto di sciopero o altre norme incriminatrici, come quelle sulla violenza privata (art. 620 segg. cod. pen.) e sull'invasione di terreni o edifici (art. 633 cod. pen.).

Ammette, per altro, che un trattamento penale del genere ora indicato offrirebbe un'adeguata tutela ai diritti di proprietà e di libertà, la cui garanzia costituzionale non potrebbe prevalere su quella del diritto di sciopero, nel cui esercizio, fino a che non ne saranno precisati con legge gli esatti confini, dovrebbero confluire tutte le sue manifestazioni.

Sulla violazione dell'art. 40 Cost. osserva, in particolare, che i fatti di occupazione difficilmente potrebbero essere valutati, in pratica, prescindendo dalle motivazioni di carattere sindacale o connesse con l'esercizio di sciopero. Individua, poi, la principale ratio della norma denunziata nell'intento di impedire la turbativa dello svolgimento del lavoro quale fattore dell'economia nazionale; ed afferma che la Costituzione avrebbe capovolto il rapporto precedentemente esistente tra il bene dell'economia nazionale e quello dell'attività sindacale e del diritto di sciopero.

Riconosce, infine, che l'occupazione di locali aziendali, pur non facendo venir meno la destinazione economica dei medesimi, inciderebbe sulla regolarità del ciclo produttivo e sulla sua ripresa. Tale anormale svolgimento sarebbe, però, uno dei possibili momenti della dialettica tra l'attività di disposizione dell'organizzazione produttiva e quella sindacale a tutela del lavoro, nella quale si risolverebbero comportamenti vietati dalla censurata disposizione. La quale, perciò, contrasterebbe anche con gli altri due precetti costituzionali sul diritto al lavoro e sul limite dell'utilità sociale posto alla libertà di iniziativa economica.

2. - Analoga questione di legittimità costituzionale del primo comma del medesimo art. 508 cod. pen., "limitatamente alla parte che punisce l'invasione o l'occupazione dell'altrui azienda agricola o industriale", con esclusione della condotta consistente nel disporre di macchine altrui, é stata promossa, in riferimento agli artt. 3 e 40 Cost., con ordinanza 19 giugno 1973, dal giudice istruttore del tribunale di Biella, nel procedimento penale a carico di Renzo Giardino ed altri, introdottisi, senza violenza, in alcune fabbriche circostanti e nei locali adibiti alla produzione per invitare i lavoratori ivi occupati a partecipare ad uno sciopero.

Il giudice istruttore fa, anzitutto, presente che la suddetta norma - inserita in un gruppo organico di disposizioni dichiaratamente volte a reprimere lo sciopero, assunto ora a diritto fondamentale e costituzionalmente garantito - punendo l'invasione o l'occupazione di un'azienda commesse "al solo scopo di impedire o turbare il normale svolgimento del lavoro", colpisce con una grave sanzione penale chi senza violenza e senza realizzare il presupposto della violazione di domicilio, esercita il suddetto diritto proprio in una delle sue espressioni più vitali e connaturali, e cioé nel momento della propaganda e della azione di proselitismo.

Afferma, poi, che una tale sanzione sarebbe ingiustamente più severa di quella prevista dall'art. 633 dello stesso codice per il reato di invasione di terreni o edifici, in quanto comporterebbe sempre la procedibilità di ufficio, una più severa pena edittale e l'applicazione congiunta e non alternativa della pena detentiva e pecuniaria, per una condotta materiale identica, ma posta in essere non arbitrariamente né a fine di profitto, bensì nell'ambito dell'esercizio del diritto di sciopero.

Da ciò discenderebbe, in violazione del principio di eguaglianza garantito dall'art. 3 Cost. e correlato con l'art. 40, una disparità di trattamento, non più compatibile con i vigenti principi fondamentali, anche perché la tutela della continuità della produzione nazionale, che, unitamente a quella degli interessi patrimoniali dell'imprenditore, sarebbe a base della norma denunziata, non potrebbe assumere alcuna rilevanza penale, quando venga in conflitto con il diritto di sciopero.

3. - In nessuno dei due giudizi innanzi a questa Corte vi é stata costituzione di parte, né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - L'art. 508 del codice penale viene denunziato, nel suo complesso, dal pretore di Castelfiorentino, per violazione degli artt. 4, primo comma, 40 e 41 della Costituzione, e dal giudice istruttore del tribunale di Biella, "limitatamente alla parte in cui punisce l'invasione o l'occupazione dell'altrui azienda agricola o industriale", per violazione degli artt. 3 e 40 della Costituzione.

2. - Le due ordinanze dei giudici a quibus attengono alla stessa materia e, pertanto, i giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

3. - É da considerare che la Costituzione, lungi dall'estraniarsi dal campo economico, ne regola e ne tutela i rapporti nel titolo III, privilegiando bensì il lavoro, ma contemperandone le esigenze con quelle della produzione e della libertà. Quanto alla produzione, può affermarsi che proprio per effetto dell'ampia apertura sociale della nostra Costituzione - della quale significativa espressione é il complesso sistema di limiti, controlli e programmi che in forza dell'art. 41 circoscrive e, nel contempo, indirizza l'iniziativa economica -, viene imposto al legislatore ordinario di non ritenere irrilevanti i comportamenti che, quando non siano espressione di un diritto costituzionalmente garantito quale é lo sciopero - e contenuti, é ovvio, nell'ambito strettamente necessario all'esercizio del diritto medesimo - impediscano o turbino il normale svolgimento del lavoro. E non può, quindi, dirsi illegittima una disposizione, quale é quella in esame, che punisce l'invasione od occupazione dell'azienda agricola o industriale, non già di per sé, ma solo se messa in atto col dolo specifico di recare al lavoro impedimento o turbativa. Nel che é agevole cogliere la tutela dell'ulteriore interesse, di grande rilievo costituzionale inerente alla libertà del lavoro.

4. - Mette conto subito rilevare che é ictu oculi infondata la censura del pretore di Castelfiorentino, per ciò che attiene al secondo comma dell'art. 508 cod. pen., perché non é mai coperto da protezione costituzionale il danneggiamento, in qualsiasi modo ed in qualsiasi circostanza effettuato. E non lo é, a fortiori, quello di aziende agricole o industriali ovvero di attrezzi, macchine, scorte, apparecchi o strumenti alle aziende adibiti. Del danneggiamento, quale circostanza aggravante se commesso da lavoratori in occasione di scioperi, si é occupata questa Corte, che si é pronunziata per l'illegittimità: ma illegittimità della norma che prevede l'aggravante, non di quella che prevede l'incriminazione del danneggiamento (sentenza n. 119 del 1970).

Né può sostenersi che vi sia ingiustificata ed irrazionale disparità di trattamento normativo tra chi commetta un reato di danneggiamento (semplice o aggravato), previsto e punito dall'art. 635, e chi commetta il danneggiamento previsto e punito dal secondo comma dell'art. 508, stante il carattere plurioggettivo di quest'ultimo, che vulnera due diversi e distinti beni penalmente protetti (l'economia pubblica e la proprietà privata o pubblica.

D'altronde, nel vigente ordinamento vi sono reati di danneggiamento puniti, per una scelta discrezionale del legislatore, più severamente che non quelli del ridetto secondo comma dell'art. 508 (vedansi gli artt. 424, secondo comma, 425,427,429).

5. - Analogo argomento va addotto, in riferimento all'art. 3 Cost., circa la pretesa disparità di trattamento punitivo tra le ipotesi criminose dell'art. 508, primo comma, e quelle dell'art. 633 dello stesso codice ("Invasione di terreni o edifici"), annoverate tra i delitti che offendono soltanto il patrimonio.

6. - Già da ciò che si é detto nel paragrafo 2 risulta che l'incriminazione dei fatti contemplati dalla prima ipotesi dell'art. 508 cod. pen. (censurata sia dal pretore di Castelfiorentino, sia dal giudice istruttore di Biella) non é in contrasto con gli artt. 40 e 41 della Costituzione.

Altri argomenti confermano la validità di siffatta conclusione.

In ordine all'art. 41 Cost., é vero che la rilevanza sociale dell'economia esclude un'assoluta libertà dell'imprenditore. Epperò questo significa che la libertà di iniziativa economica subisce legittimi limiti (negativi e positivi), legittimi controlli, legittime imposizioni ed indirizzi programmatici: non significa affatto che essa debba soffrire menomazioni da parte di chiunque voglia contrastarla.

 

Né, ad avviso della Corte; vi può essere interferenza fra il bene protetto dall'art. 40 Cost. e l'interesse tutelato dall'art. 508 cod. pen., giacché l'esercizio del diritto di sciopero non comporta come mezzo indispensabile l'occupazione dell'azienda altrui. Peraltro, giova ancora una volta ribadire che quest'ultima norma punisce l'invasione o l'occupazione dell'altrui azienda se ed in quanto la condotta sia posta in atto "col solo scopo di impedire o turbare il normale svolgimento del lavoro". Dal che discende che si é fuori dalle previsioni dell'art. 508, se al momento dell'occupazione, lo svolgimento del lavoro sia già sospeso per effetto di una causa antecedente e indipendente rispetto all'occupazione stessa, come, ad esempio, nel caso di serrata e finché questa perduri.

7. - Non é invocato a proposito, infine, l'art. 4, primo comma, Cost., per il quale "la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto", dappoiché la prima ipotesi del primo comma dell'art. 508, nel suo testuale tenore, concerne - anche alla stregua di taluni passi dei lavori preparatori (Rel. min. sul progetto del codice, II, p. 294) e di precedenti di giurisprudenza ordinaria - comportamenti di preclusione o di turbativa del lavoro. Orbene, é di tutta evidenza che la sfera di efficacia sanzionatoria della norma é ben lungi dall'estendersi ad ostacolare il diritto al lavoro, volta, come essa é, proprio a proteggere, del lavoro, la continuità e la regolarità.

8. - La mancanza del dolo specifico, cioé dello scopo essenziale ed esclusivo della condotta, richiesto esplicitamente dalla legge, condurrà l'interprete ad esaminare e valutare se sussistano gli estremi obiettivi e subiettivi dell'art. 633 cod. pen. o di altri fatti di reato (Rel. del presidente della Commissione min. p. 388): compito che esula dall'indagine di legittimità costituzionale e che, comunque, é estraneo al tema che ne occupa.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 508 del codice penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 4, primo comma, 40 e 41 della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe dal pretore di Castelfiorentino e dal giudice istruttore del tribunale di Biella.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 17 luglio 1975.