Sentenza n. 183 del 1975
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SENTENZA N. 183

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2 terdecies, primo comma, della legge 4 agosto 1971, n. 592 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 5 luglio 1971, n. 432, concernente interventi in favore dell'agricoltura), promosso con ordinanza emessa il 22 dicembre 1972 dalla Corte d'appello di Firenze nel procedimento civile vertente tra Sacchini Settimio e l'Ente Maremma, iscritta al n. 109 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 133 del 23 maggio 1973.

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e di costituzione dell'Ente Maremma;

udito nell'udienza pubblica del 9 aprile 1975 il Giudice relatore Ercole Rocchetti;

uditi l'avv. Aldo Sandulli, per l'Ente Maremma, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

La Corte d'appello di Firenze, con sentenza non definitiva emessa il 22 dicembre 1972, liquidava in favore di Settimio Sacchini la complessiva somma di lire 19.039.986 a titolo di risarcimento dei danni derivanti dal decreto delegato di esproprio per riforma fondiaria, successivamente dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale, e relativo ad alcuni terreni in agro di Volterra.

L'Ente Maremma chiedeva che la somma liquidata fosse corrisposta, in applicazione dell'art. 2 terdecies, primo comma, della legge 4 agosto 1971, n. 592, mediante il rilascio di titoli del prestito della riforma fondiaria redimibile 5% di cui alla legge 21 ottobre 1950, n. 841.

Accogliendo la eccezione del Sacchini, che chiedeva il pagamento in contanti della somma liquidata, la Corte d'appello sollevava questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2 terdecies, primo comma, della legge n. 592 del 1971 con riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Secondo il giudice a quo, poiché, alla stregua dei principi generali, il cittadino ha diritto al risarcimento integrale dei danni conseguiti a un atto illegittimo della pubblica Amministrazione, la norma impugnata, che nella specie impone di corrispondere la somma liquidata con il rilascio di titoli della riforma fondiaria, il cui valore corrente é notoriamente inferiore a quello nominale, é in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, che sancisce la parità di trattamento dei cittadini di fronte alla legge.

Nel giudizio dinanzi alla Corte si é costituito l'Ente Maremma, che, con deduzioni del 12 giugno 1973, contesta la censura di legittimità costituzionale formulata nell'ordinanza di rinvio. In proposito, la difesa dell'Ente osserva che l'indennizzo per equivalente previsto dalla norma impugnata non può essere assimilato a quello inerente al risarcimento del danno per illecito contrattuale od extra contrattuale, ma riguarda un caso peculiare in ordine al quale appare giustificato da parte del legislatore il ricorso ad un criterio specifico, diverso tanto dal mero risarcimento quanto dal mero indennizzo per espropriazione fondiaria.

Comunque, secondo l'Ente di riforma fondiaria, la norma impugnata va considerata e valutata nella sua totalità e globalità, nel senso che gli eventuali inconvenienti derivanti dal pagamento in titoli risultano ampiamente compensati dalla assunzione da parte dello Stato dell'onere del pagamento del debito e quindi della garanzia illimitata del soddisfacimento dell'obbligazione. É altresì intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, la quale, con deduzioni del 24 maggio 1973 chiede che la Corte dichiari infondata la questione di legittimità costituzionale proposta dalla Corte d'appello di Firenze.

In proposito, l'Avvocatura, dopo aver osservato che non sussiste parità di situazioni tra il danneggiato in senso tecnico e il proprietario espropriato per la riforma fondiaria, rileva che il diritto del creditore ad essere soddisfatto in contanti anziché in titoli non gode di alcuna tutela, giacché, sul piano costituzionale, ciò che conta é l'ammissibilità o meno della liberazione di un debitore con mezzi di pagamento diversi dal denaro. Aggiunge poi che non dovrebbe essere dubbio che il legislatore ordinario, nella sua discrezionalità e nell'ambito di una ponderata valutazione degli interessi generali e particolari, non incontri alcuna preclusione nello stabilire che un indennizzo sia corrisposto in un certo modo anziché in un altro.

All'udienza di discussione le parti hanno concluso ribadendo le tesi esposte nelle deduzioni scritte.

Considerato in diritto

Viene proposta alla Corte questione di costituzionalità dell'art. 2 terdecies, primo comma, della legge 4 agosto 1971, n. 592, col quale si dispone che venga pagata in titoli della speciale emissione 5% (e non in denaro) la somma che al proprietario espropriato per riforma fondiaria é dovuta a seguito della sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato la illegittimità del decreto delegato di esproprio.

Secondo il giudice a quo, la norma violerebbe il principio di eguaglianza, tutelato dall'art. 3, primo comma, della Costituzione, perché imporrebbe un pagamento in titoli - e quindi ridotto, essendo di solito il loro corso di borsa inferiore al valore nominale - laddove al cittadino leso da un atto illegittimo della pubblica Amministrazione é attribuito dall'ordinamento l'integrale risarcimento del danno.

La questione non é fondata.

L'ordinanza di rimessione pone a confronto due situazioni giuridiche che non possono essere considerate fra loro equivalenti, ond'é che dal loro differenziato trattamento non può indursi alcuna violazione del principio di eguaglianza.

Diversa é infatti la natura giuridica dei due atti dalla cui illegittimità sorge l'obbligo di reintegrazione patrimoniale. Quello che dispone l'esproprio in sede di riforma fondiaria é un atto avente valore di legge, mentre l'atto illegittimo della pubblica Amministrazione é un atto amministrativo. E, nel caso della espropriazione per riforma fondiaria, non ha rilevanza la natura amministrativa dell'atto successivo di assegnazione da parte dell'ente di riforma, perché quell'atto, emesso in base al decreto delegato non ancora dichiarato illegittimo, non é per tale derivazione, inficiato da alcuna illegittimità.

Quanto alla reintegrazione patrimoniale che consegue alle due specie di atti illegittimi - il decreto legislativo di esproprio e l'atto amministrativo - anche a proposito di essa deve parlarsi di natura diversa nei due casi.

Alla dichiarazione di illegittimità costituzionale del decreto, venendo a mancare il titolo, consegue un obbligo di restituzione che, non potendo attuarsi in forma specifica, deve necessariamente effettuarsi per equivalente. Alla dichiarazione di illegittimità dell'atto amministrativo consegue, invece, ove ne ricorrano i presupposti, un vero e proprio obbligo al risarcimento del danno. Le regole vigenti in materia non possono quindi invocarsi sic et simpliciter nell'altro caso.

La reintegrazione patrimoniale, in dipendenza di decreto delegato di espropriazione per riforma fondiaria dichiarato illegittimo, trova invece maggiori affinità col pagamento dell'indennizzo e può pertanto, ove lo Stato non abbia possibilità di effettuarla in danaro, avvenire anche con titoli di credito equivalenti.

E ciò tanto più se, come nel caso, il pagamento avviene mediante la emissione di un titolo speciale, a caratteristiche particolari che ne assicurino una certa stabilità di valutazione in sede di vendita del titolo in borsa.

Tali accorgimenti sono stati infatti adottati nella emissione del titolo di che trattasi, perché la legge 21 ottobre 1950, n. 841, integrata dalle norme del decreto del Ministro del tesoro 28 giugno 1951, ha infatti autorizzato la creazione di un titolo ad emissione graduale recante sempre la stessa scadenza del 1 gennaio 1978 e con ammortamento per estrazione, in un primo tempo di una serie, e poi di due all'anno, ed a proporzioni crescenti fino al 50% della massa in circolazione.

Con i detti accorgimenti tecnici il titolo ha mantenuto un valore abbastanza costante, toccando punte spesso prossime al valore nominale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 terdecies, comma primo, della legge 4 agosto 1971, n. 592, che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 5 luglio 1971, n. 432, concernente interventi in favore dell'agricoltura; questione con l'ordinanza in epigrafe proposta in riferimento all'art. 3, comma primo, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria l'8 luglio 1975.