Sentenza n. 172 del 1975
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SENTENZA N. 172

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 123 e 304 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 13 aprile 1973 dal tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Procaccianti Domenico, iscritta al n. 407 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 314 del 5 dicembre 1973.

Visto l'atto di costituzione di Giulitti Silvano, responsabile civile;

udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 1975 il Giudice relatore Enzo Capalozza.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un procedimento penale a carico di Domenico Procaccianti, il tribunale di Roma, con ordinanza 13 aprile 1973, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articoli 123 e 304 del codice di procedura penale, assumendo che la mancata previsione della nullità assoluta ed insanabile, in caso di violazione, in danno delle parti private diverse dall'imputato, dei diritti riconosciuti a quest'ultimo e in caso che non sia ad esse effettuata la comunicazione giudiziaria, contrasterebbe con le imprescindibili guarentigie della difesa, che non possono ritenersi limitate al solo imputato.

Il tribunale afferma che il responsabile civile - di cui si tratta nella specie - , quale convenuto in un giudizio civile svolgentesi in sede penale, dovrebbe equipararsi in toto, quanto alle garanzie difensive, ad un imputato, per le conseguenze preclusive che gli atti processuali compiuti (in particolare le perizie) avrebbero nei suoi confronti.

Dinanzi alla Corte si é costituito soltanto Silvano Giulitti - citato quale responsabile civile nel giudizio a quo - il cui patrono, richiamando le sentenze n. 55 del 1971 e n. 99 del 1963 della Corte, ha chiesto che le norme denunziate siano dichiarate illegittime in parte qua.

Considerato in diritto

1. - Con l'ordinanza in epigrafe é stata sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 123 e 304 del codice di procedura penale, nei limiti in cui non comminano la nullità assoluta per l'omissione degli avvisi al difensore previsti negli artt. 304 ter e quater e della comunicazione giudiziaria di cui al ridetto art. 304, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione.

2. - La questione non é fondata.

L'ordinamento del processo penale attribuisce le stesse garanzie difensive procedimentali all'imputato e alle altre parti private o soggetti privati interessati (artt. 123, 304, 304 bis, ter e quater, 390 cod. proc. pen.) e - ovviamente quando siano noti: vedasi la sentenza n. 206 del 1971 di questa Corte - anche prima che essi assumano, nel processo, la qualifica di parti.

Diverso é solo il presidio predisposto per tali garanzie: ché la loro violazione, mentre importa la nullità assoluta, insanabile e rilevabile d'ufficio dell'atto viziato, allorché riguarda l'imputato (art. 185, primo comma, n. 3 e secondo comma, cod. proc. pen.); non ha le medesime conseguenze, allorché riguarda le altre parti private o gli altri soggetti interessati. I quali, tuttavia, quando si tratti degli atti previsti nell'art. 304 bis, dispongono degli strumenti idonei a far eliminare la nullità relativa, nei tempi e nei modi prescritti, facendola valere dinanzi al giudice di merito (nella specie era stata espletata una perizia in sede istruttoria, prima della chiamata in causa, per il dibattimento, del responsabile civile: artt. 107, 108 e 110 cod. proc. pen.). E ciò a prescindere dalla controversa facoltà attribuita al giudice, che la nullità abbia rilevato, di non attendere passivamente l'eventuale esercizio dell'ius exceptionis e di provvedere a neutralizzarla, se é possibile, o, in alternativa, di ordinare la rinnovazione o la rettificazione dell'atto (art. 187 cod. proc. pen.).

Sicché é soddisfatto il precetto dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione.

D'altronde, é giurisprudenza costante di questa Corte che le modalità di svolgimento del diritto di difesa sono regolate secondo le speciali caratteristiche ed esigenze dei singoli giudizi, purché ne vengano assicurati lo scopo e la funzione (sentenze n. 56 del 1957, n. 5 del 1965 e, da ultimo, n. 149 del 1975).

3. - La differenza di trattamento non é in contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost., perché la collocazione e la situazione processuale delle parti private e dei soggetti privati interessati, da un lato, e dell'imputato, dall'altro, non sono sullo stesso piano. L'imputato é il protagonista del processo penale, mentre le altre parti e gli altri soggetti privati hanno carattere e ruolo meramente secondario ed eventuale nel rapporto processuale penale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 123 e 304 del codice di procedura penale, sollevata dal tribunale di Roma con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 3 luglio 1975.