Sentenza n. 148 del 1975
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SENTENZA N. 148

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18 del Regolamento della Camera dei deputati approvato il 18 febbraio 1971, promosso con ordinanza emessa il 25 settembre 1974 dal giudice istruttore del tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di De Andreis Pietro Mario ed altri, iscritta al n. 434 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.317 del 4 dicembre 1974.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 aprile 1975 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza emessa il 25 settembre 1974, nel corso di un procedimento penale a carico di De Andreis Pietro Mario ed altri, nel quale erano implicati due parlamentari, il giudice istruttore presso il tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 68, primo e secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 del Regolamento 18 febbraio 1971 della Camera dei deputati.

Premesse alcune considerazioni intese a dimostrare la possibilità di un sindacato della Corte costituzionale relativamente a norme contenute in regolamenti parlamentari nell'assunto che questi ultimi siano da ritenere compresi nella categoria degli atti aventi forza di legge di cui all'art. 134 Cost., il giudice a quo osserva che la questione sollevata appare rilevante, in quanto non sarebbe possibile concludere nei confronti degli attuali imputati senza anticipare in parte giudizi che potrebbero riguardare anche i due parlamentari per i quali la disposizione impugnata consente alla Camera dei deputati di rinviare discrezionalmente ogni decisione in merito alla richiesta autorizzazione a procedere.

Nel merito, infatti, la norma in questione viene sottoposta a censure di illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede un termine perentorio, bensì soltanto ordinatorio per decidere sulle richieste di autorizzazione a procedere. Ulteriori profili di illegittimità sono anche prospettati in quanto la norma predetta per la sua genericità consentirebbe di formulare giudizi politici di opportunità, anziché di mera legittimità, determinando così una inammissibile radicale differenza di trattamento tra cittadini comuni e parlamentari, nonché di pretendere che il giudice si spogli del processo nel momento iniziale degli indizi, mentre il giudizio del Parlamento esigerebbe una rigorosa ricerca della prova.

2. - É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con deduzioni depositate il 24 dicembre 1974, nelle quali contesta anzitutto la rilevanza della questione facendo presente che all'autorità giudiziaria non spetta di applicare la norma impugnata che disciplina lo svolgimento dei lavori della Camera dei deputati, ma nell'eventuale ipotesi di ritardo nella pronuncia in merito ad una autorizzazione a procedere soltanto di dare applicazione all'art. 15, quinto comma, del codice di procedura penale, che lo faculta ad agire nei confronti degli imputati non parlamentari.

Nel merito, poi, un tale regime di separazione dei giudizi, comune oltre che all'ipotesi del ritardo anche a quella di diniego dell'autorizzazione, si rivelerebbe conforme al principio affermato nell'art. 68 della Costituzione, a garanzia della indipendenza e della sovranità del Parlamento.

Per conseguenza le conclusioni dell'Avvocatura dello Stato si precisano nella richiesta di una pronuncia di inammissibilità o di infondatezza della questione.

 

Successivamente l'Avvocatura ha fatto presente alla Corte che nel frattempo l'autorizzazione é stata concessa. L'Avvocatura chiede pertanto, in via preliminare, che siano rinviati gli atti al giudice a quo per nuovo esame della rilevanza.

Considerato in diritto

1. - É agevole constatare preliminarmente la manifesta irrilevanza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 del Regolamento della Camera dei deputati, sollevata dal giudice istruttore di Milano, con particolare riferimento alla mancata prefissione di un termine perentorio entro il quale l'Assemblea debba pronunciarsi - in un senso o nell'altro - sulla richiesta autorizzazione a procedere, nonché, più in generale, con riguardo alla prassi applicativa che sarebbe consentita dalla dizione della disposizione medesima.

La norma di cui doveva farsi applicazione nel giudizio a quo, infatti, non é l'art. 18 del Regolamento della Camera, che attiene unicamente all'ordine dei lavori parlamentari (sent. n. 9 del 1970), bensì l'art. 15, del codice di procedura penale, del quale, d'altronde, questa Corte nella menzionata decisione ebbe a riconoscere la conformità all'art. 68 della Costituzione.

Ora, é precisamente l'art. 15 del codice che, contrariamente all'assunto da cui muove il giudice istruttore in punto di rilevanza, disciplinando nel suo quinto comma l'ipotesi (che concretamente ricorreva nella specie) di più coimputati, per alcuni dei quali soltanto sia necessaria l'autorizzazione, espressamente consente, ove questa tardi ad essere concessa, che si proceda frattanto al giudizio contro gli altri imputati: senza prescrivere limiti di sorta all'accertamento dei fatti e alle connesse valutazioni del giudice (dalle quali, ovviamente, nessun pregiudizio potrebbe mai derivare ai soggetti rimasti estranei al procedimento).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile, per manifesta irrilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 del Regolamento della Camera dei deputati approvato il 18 febbraio 1971, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 68 della Costituzione, dal giudice istruttore di Milano con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 19 giugno 1975.