Sentenza n. 110 del 1975
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SENTENZA N. 110

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 4, terzo comma, del d.l. 1 ottobre 1973, n. 580 (misure urgenti per l'Università), introdotto dalla legge di conversione 30 novembre 1973, n. 766, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 23 ottobre 1974 dal tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna sul ricorso di Albini Aldo contro l'Università di Bologna, iscritta al n. 12 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21 del 22 gennaio 1975;

2) ordinanza emessa il 12 luglio 1974 dal Consiglio di Stato - sezione VI - sul ricorso di Scotto Ignazio contro l'Università di Perugia, iscritta al n. 21 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21 del 22 gennaio 1975.

Visti gli atti di costituzione di Albini Aldo, di Scotto Ignazio e dell'Università di Bologna;

udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 1975 il Giudice relatore Giulio Gionfrida;

uditi l'Avv. Antonio Sorrentino, per Scotto Ignazio, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per l'Università di Bologna.

Ritenuto in fatto

1. - A seguito del ricorso proposto, il 13 marzo 1974, dal Prof. Ignazio Scotto, magistrato del Consiglio di Stato, avverso il provvedimento in data 19 febbraio 1974 - con cui l'Università di Perugia aveva respinto la sua domanda intesa ad ottenere la stabilizzazione, ex art. 4 d.l. 1973, n. 580, dell'incarico (d'insegnamento del diritto del lavoro) conferitogli fin dall'anno accademico 1963-64 - l'adito Consiglio di Stato, sezione VI giurisdizionale, in accoglimento di eccezione dello stesso Scotto, ritenutane la rilevanza in causa e la non manifesta infondatezza, ha sollevato, con ordinanza 12 luglio 1974, questione di legittimità - in riferimento agli artt. 3,35 e 97 della Costituzione - della norma contenuta nel terzo comma dell'art. 4 del d.l. 1 ottobre 1973, n. 580, quale risulta dalla legge di conversione n. 766 del 30 novembre 1973, "in quanto subordina la stabilizzazione quale docente universitario alla cessazione della carica o ufficio ricoperti, per i funzionari dello Stato con qualifica dirigenziale, i magistrati ordinari ed amministrativi, gli appartenenti ai ruoli diplomatico e consolare, gli ufficiali in servizio permanente di tutte le armi e della pubblica sicurezza, i presidenti, i vicepresidenti, gli amministratori delegati, i direttori o i segretari generali di tutti gli enti pubblici, anche economici, a carattere nazionale".

2. - Questione sostanzialmente identica (con riferimento però, ai soli parametri costituzionali di cui agli artt. 3 e 97) ha sollevato il T.A.R. della Regione Emilia-Romagna, con ordinanza 23 ottobre 1974, emessa sul ricorso di Aldo Albini, magistrato amministrativo regionale, avverso il provvedimento 19 febbraio 1974 del Rettore dell'Università di Bologna.

3. - Ritualmente notificate, comunicate e pubblicate le ordinanze indicate, si sono costituiti, nei rispettivi giudizi innanzi alla Corte, i ricorrenti Scotto ed Albini, sostenendo (anche con successive memorie) la fondatezza della sollevata questione.

4. - Si é costituita, altresì, nel secondo giudizio, l'Università di Bologna, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso nel senso, invece, della legittimità della norma impugnata.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze di rimessione in narrativa indicate - che, per l'identità dell'oggetto della sollevata questione, possono preliminarmente riunirsi - denunziano l'illegittimità costituzionale della norma contenuta nel terzo comma dell'art. 4 del d.l. 1 ottobre 1973, n. 580 (risultante dall'emendamento introdotto con legge di conversione n. 766 del 30 novembre 1973), secondo cui "la stabilizzazione é subordinata alla cessazione dalla carica o ufficio ricoperti per i funzionari dello Stato con qualifica dirigenziale, i magistrati ordinari ed amministrativi, gli appartenenti ai ruoli diplomatico e consolare, gli ufficiali in servizio permanente di tutte le armi e della pubblica sicurezza, i presidenti, i vicepresidenti, gli amministratori delegati, i direttori o i segretari generali di tutti gli enti pubblici, anche economici, a carattere nazionale".

Non sussisterebbero, infatti, secondo i giudici a quibus, obiettivi elementi idonei a giustificare razionalmente la differenza sussistente tra il trattamento previsto per i soggetti elencati nella disposizione impugnata e il trattamento, più favorevole, implicitamente previsto per gli altri soggetti pur essi dipendenti dello Stato, anche se non aventi qualifica dirigenziale, o per amministratori o dipendenti da enti pubblici diversi da quelli indicati o, infine, per gli avvocati dello Stato.

E ciò darebbe ragione all'ipotizzata violazione dell'art. 3 della Costituzione.

D'altra parte, la denunziata discriminazione di trattamento sembrerebbe anche in contrasto con l'art. 35 della Costituzione, là dove dispone che la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni e cura la formazione e la elevazione professionale dei lavoratori, nonché con l'art. 97 della stessa Carta, ove si consideri che la sancita incompatibilità verrebbe in pratica a distogliere dall'insegnamento o dall'assolvimento di altri uffici soggetti particolarmente qualificati, in confronto a soggetti che tale qualificazione posseggono, presuntivamente, in grado inferiore.

2. - Nello sfondo della sollevata questione sta, dunque, la normativa (art. 4, comma primo, d.l. 1973, n. 580 cit.), che - senza interferire sulla compatibilità di incarichi di insegnamento universitario con mansioni inerenti ad altri rapporti di pubblico impiego ed avendo, anzi, questa a suo presupposto (in conformità della pregressa disciplina di cui agli artt. 21 della legge 1958, n. 311, e 2 della legge 1962, n. 16) - introduce un particolare meccanismo, c.d. di "stabilizzazione", per cui, data una determinata anzianità di insegnamento, l'incaricato ha diritto "a conservare l'incarico, a domanda, fino all'entrata in vigore della legge di riforma universitaria": e ciò con parziale innovazione rispetto alla disciplina contenuta nell'art. 1 della precedente legge 1971, n. 360, secondo cui, invece, l'incarico andava rinnovato annualmente, sia pur sempre a domanda dell'interessato.

3. - La Corte non é chiamata a valutare la legittimità costituzionale del descritto meccanismo di stabilizzazione, che non é direttamente investito dalle ordinanze di rimessione.

Le quali, invero, unicamente denunziano, con riferimento ai parametri costituzionali superiormente indicati, l'irrazionale distinzione fatta - dal terzo comma dell'art. 4 citato - nei confronti dei dirigenti, magistrati, ambasciatori, etc., che dalla detta stabilizzazione sono esclusi (salvo che non cessino dalla carica od ufficio ricoperti).

Nei limiti della sua prospettazione, la questione é fondata.

La discriminazione introdotta dalla disposizione de qua appare, infatti, del tutto ingiustificata, non essendo dato rinvenire alcun razionale criterio logico (e soprattutto omogeneo a tutte le categorie escluse) che possa assumersi quale motivo del trattamento differenziato operato nell'ambito di categorie di pubblici dipendenti.

L'Avvocatura dello Stato adduce che la differenziazione si fonda sul principio di vietare cumulo di impieghi pubblici ad alto livello ed ha la sua ratio in ciò che, mentre é logico limitare la stabilizzazione per chi ravvisi nell'insegnamento una concreta e attuale prospettiva di prioritarie aspirazioni professionali, l'impiego ad alto livello deve assorbire tutte le energie del dipendente.

Il rilievo non ha consistenza.

Pur prescindendo dalla considerazione che la elevatezza della posizione gerarchica e funzionale di alcune categorie di soggetti avrebbe semmai dovuto formare oggetto di valutazione nel momento, logicamente antecedente, dell'ammissibilità del conferimento dell'incarico e non in quello susseguente della sua conferma, sta di fatto che, nella specie, l'adozione del criterio sopradetto é, comunque, obiettivamente smentita dalla duplice circostanza, da un lato, della esclusione dalla stabilizzazione anche di soggetti appartenenti alle qualifiche iniziali delle categorie menzionate, e, dall'altro, della mancata esclusione, invece, di altre categorie di pubblici funzionari trovantisi, rispetto a quelle considerate, in posizione di pari elevatezza: come é, ad esempio, per gli avvocati dello Stato, per i funzionari delle Camere, etc.

Essendo pertanto evidente la violazione del principio di eguaglianza, va dichiarata l'illegittimità della norma impugnata (assorbite rimanendo le ulteriori censure sub artt. 35 e 97 della Costituzione).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 30 novembre 1973, n. 766, nella parte in cui introduce il terzo comma dell'art. 4 del d.l. 1 ottobre 1973, n. 580 (misure urgenti per l'Università).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 7 maggio 1975.