Sentenza n. 104 del 1975
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SENTENZA N. 104

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8, ultimo comma, della legge 28 luglio 1961, n. 831 (Provvidenze a favore del personale direttivo ed insegnante delle scuole elementari, secondarie ed artistiche, dei provveditorati agli studi e degli ispettorati centrali e del personale ausiliario delle scuole e degli istituti di istruzione secondaria ed artistica), promosso con ordinanza emessa il 27 novembre 1972 dal Consiglio di Stato - sezione VI - sul ricorso di Cariddi Carlo contro il Ministero della pubblica istruzione, iscritta al n. 108 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 133 del 23 maggio 1973.

Visti gli atti di costituzione del Ministero della pubblica istruzione e di Cariddi Gina, erede di Cariddi Carlo;

udito nell'udienza pubblica del 19 febbraio 1975 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;

uditi l'avv. Michele Costa, per Cariddi Gina, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Antonino Terranova, per il Ministero della pubblica istruzione.

Ritenuto in fatto

1. - Il prof. Carlo Cariddi, insegnante stabile fornito di abilitazione e incaricato dell'insegnamento della ragioneria e tecnica commerciale, ha prestato servizio ininterrottamente dal 1 ottobre 1954 al 30 settembre 1966 presso l'Istituto tecnico commerciale "Q. Sella" di Roma.

Durante il corso del rapporto é entrata in vigore la legge 28 luglio 1961, n. 831, che ha esteso agli incaricati forniti di abilitazione il trattamento di quiescenza previsto per il personale di ruolo, con facoltà di riscatto del pregresso servizio non di ruolo con le norme vigenti per gli insegnanti di ruolo, ed ha però attribuito agli interessati il diritto di optare, entro un anno, per la conservazione del trattamento INPS.

Cessato il rapporto d'impiego per limite di età, il Cariddi, non avendo ottenuto il pagamento dell'indennità d'anzianità, ha proposto ricorso in sede giurisdizionale davanti al Consiglio di Stato, con atto del 2 e 3 settembre 1969 ed ha chiesto l'annullamento degli atti impugnati con il riconoscimento del diritto all'indennità di anzianità nella misura che sarebbe stata accertata, ed in subordine, in accoglimento dell'eccezione di illegittimità costituzionale dell'ultimo comma dell'art. 8 della legge n. 831 del 1961 in riferimento agli artt. 3,35 e 38 della Costituzione, che fosse sollevata la relativa questione, con la rimessione degli atti alla Corte costituzionale.

Il Consiglio di Stato in s.g., sez. VI, con ordinanza del 27 novembre 1972, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale del detto art. 8, ultimo comma, della legge n. 831 del 1961 nella parte in cui, in relazione agli artt. 9 e 18 del d.l.C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207, non prevede a favore del personale insegnante non di ruolo, che abbia optato per il trattamento INPS, la corresponsione dell'indennità di anzianità.

Ha precisato preliminarmente, dopo un'ampia esposizione della materia, che il ricorrente, avendo optato per il trattamento INPS, non avrebbe avuto diritto ad ottenere l'indennità di anzianità reclamata con il ricorso; e da ciò ha dedotto la rilevanza della questione.

Ha osservato poi che la questione appariva non manifestamente infondata sia in riferimento all'art. 36 "perché é dubbio che si possa configurare un trattamento retributivo a favore di una categoria di dipendenti non di ruolo, nel quale non venga prevista una parte di retribuzione differita, da corrispondere all'atto della cessazione dal servizio", e sia in riferimento all'art. 3, perché é dubbio che i trattamenti del personale insegnante e delle altre categorie di dipendenti non di ruolo siano tali da giustificare, sul piano della ragionevolezza, l'esclusione del personale insegnante non di ruolo dall'indennità di licenziamento prevista dal citato art. 9 del d.l. n. 207 del 1947 per tutti gli altri dipendenti non di ruolo.

Ha ricordato, infine, il Consiglio di Stato che analoga questione (concernente l'applicazione della legge 6 dicembre 1966, n. 1077, che nel caso non é in considerazione) era stata sollevata dalla Corte dei conti con ordinanza del 30 luglio 1971.

2. - A seguito della comunicazione, notificazione e pubblicazione dell'ordinanza, si é costituita davanti a questa Corte Gina Cariddi, quale erede del defunto fratello Carlo e già parte davanti al Consiglio di Stato, che, a mezzo dell'avv. Pasquale D'Abbiero e, successivamente, dell'avv. Michele Costa, ha chiesto che fosse dichiarata l'illegittimità costituzionale del ripetuto art. 8, ultimo comma, della legge n. 831 del 1961 e di tutte le altre disposizioni connesse; si é costituito pure il Ministro della pubblica istruzione rappresentato dall'Avvocato generale dello Stato, che ha concluso per la declaratoria di non fondatezza della questione.

Per il Ministero della pubblica istruzione la questione non é fondata. C'é anzitutto da tener presente che l'art. 8 della legge n. 831 del 1961 prevede espressamente la corresponsione dell'indennità di anzianità anche per la categoria di personale insegnante a cui apparteneva il Cariddi, e che la disposizione impugnata (ultimo comma dell'art. 8) non attiene concretamente alla disciplina del trattamento di quiescenza.

Va poi considerato che il legislatore, nello stabilire la facoltà di opzione, si é mosso su un piano di evidente ragionevolezza.

E perciò la disposizione impugnata sta al di fuori dei principi che, con il richiamo agli artt. 3 e 36 della Costituzione, il giudice a quo ha ritenuto nella specie applicabili.

Ove dovesse essere dichiarata fondata la questione, ha concluso l'Avvocatura dello Stato, si determinerebbe per coloro che hanno esercitato l'opzione una duplicità di trattamento di fine lavoro, alla cui formazione concorrerebbe, in entrambi i casi, l'apporto finanziario dell'Amministrazione statale; e si avrebbe, altresì, una situazione di disparità di trattamento rispetto alla categoria dello stesso personale che non avendo esercitato l'opzione e non potendo più usufruire delle prestazioni dell'INPS, riceverebbe in concreto un trattamento inferiore e quindi diverso.

Secondo la parte privata, invece, la questione sarebbe fondata, giusta quanto affermato da questa Corte con varie sentenze (nn. 3/1966; 75/1968; 85, 191 e 236/1974; 40, 156 e 184/1973) perché l'indennità di anzianità é una parte della retribuzione che viene corrisposta in un momento differito; non si può, d'altra parte, ritenere in contrario che l'ultimo comma dell'art. 8 si ponga al di fuori dei principi richiamati dal Consiglio di Stato, perché il giudice a quo ha visto nell'articolo 8 prescrizioni negative per quanto riguarda l'indennità d'anzianità; né infine si può sostenere che, ove si dichiarasse fondata la questione, si determinerebbe a favore di coloro che hanno esercitato il diritto di opzione una duplicità di trattamento di fine lavoro, perché costoro, anzi, verrebbero a ricavare un trattamento eguale a quello degli altri impiegati (pensione se ed in quanto spettante, ed indennità di fine rapporto).

La questione, infine, sarebbe fondata anche in riferimento all'art. 3 e sotto un duplice profilo: sarebbe ingiustificata la disparità di trattamento tra coloro che si sono avvalsi del diritto di opzione e quelli che hanno seguito la via normale, da un canto, e nei confronti di tutti gli altri impiegati non di ruolo che o a seguito della legislazione successivamente intervenuta o a seguito delle sentenze di questa Corte nn. 40 e 156 del 1973, hanno visto riconosciuto il diritto all'indennità.

3. - All'udienza del 19 febbraio 1975, l'avv. Michele Costa ha svolto le ragioni a sostegno delle sue richieste nelle quali ha insistito. Il sostituto avvocato generale dello Stato Antonino Terranova ha precisato che con la legge n. 831 del 1961 si é prevista una possibilità di opzione per il precedente trattamento e quindi non si é dettata alcuna norma in merito alla negazione dell'indennità di fine rapporto, ed ha insistito nelle precedenti conclusioni.

Considerato in diritto

1. - Con l'ordinanza del 27 novembre 1972, indicata nella esposizione dei fatti che precede, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, solleva la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, ultimo comma, della legge 28 luglio 1961, n. 831 (recante provvidenze a favore del personale direttivo ed insegnante delle scuole elementari, secondarie ed artistiche, dei provveditorati agli studi e degli ispettorati centrali e del personale ausiliario delle scuole e degli istituti di istruzione secondaria ed artistica), in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione.

2. - Con l'art. 8 della legge n. 831 del 1961 é stato esteso agli insegnanti incaricati forniti di abilitazione all'insegnamento il diritto al trattamento di quiescenza, di previdenza e di assistenza previsto dalle norme allora vigenti per gli impiegati civili dello Stato e per gli insegnanti di ruolo (comma primo); ai fini di codesto trattamento sono stati considerati utili i servizi prestati in qualità di incaricato dal 1 ottobre 1961 con trattamento di cattedra o con almeno 18 ore settimanali di insegnamento, e gli anni di servizio prestati con meno di 18 ore sono stati valutati in ragione di tanti diciottesimi quante sono state le ore di insegnamento (secondo comma); ai fini del solo trattamento di quiescenza sono stati considerati utili anche i servizi prestati anteriormente al 1 ottobre 1961 con trattamento di cattedra o con almeno 18 ore settimanali di insegnamento, qualora i servizi stessi fossero stati riscattati ai fini di pensione con le norme vigenti per gli insegnanti di ruolo (terzo comma); e sono stati dichiarati anche riscattabili a norma dell'art. 7 della legge 15 febbraio 1958, n. 46, gli anni corrispondenti alla durata legale degli studi universitari (quarto comma).

Con l'ultimo comma dello stesso articolo, al detto personale é stato riconosciuto il "diritto ad opzione nei confronti dell'assicurazione di invalidità e vecchiaia, entro un anno dalla data di entrata in vigore" della legge.

Esattamente il giudice a quo ricorda che sulla base delle indicate norme per gli insegnanti incaricati forniti di abilitazione in quell'occasione era venuta a cessare l'iscrizione alle assicurazioni sociali obbligatorie, e che per il periodo computabile ai fini del trattamento di quiescenza, l'INPS aveva dovuto rimborsare allo Stato, e per l'eccedenza agli interessati, i contributi versati per l'assicurazione di invalidità e vecchiaia; e che il detto diritto di optare, entro un anno, per la conservazione del trattamento INPS, era stato previsto perché il legislatore si era preoccupato della situazione del personale che, essendo ormai al limite dell'età per il collocamento a riposo, avrebbe dovuto affrontare il peso di notevoli oneri per il riscatto.

E del pari esattamente osserva che al detto personale insegnante (di cui faceva parte il ricorrente), che avesse optato per il trattamento INPS, non sarebbe spettata l'indennità di anzianità di cui all'art. 9 del d.l.C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207.

3. - Il giudice a quo é dell'avviso che relativamente a tale indennità di anzianità (attribuita, con la norma da ultimo ricordata, agli impiegati civili non di ruolo) l'art. 18 del citato d.l. n. 207 del 1947 si era riservato di provvedere con separato provvedimento, nei confronti del personale insegnante ed in quanto fosse occorso; e che l'art. 8, ultimo comma, della legge n. 831 del 1961, nello sciogliere quella riserva, "non ha stabilito a favore del personale non insegnante, che avesse ritenuto di optare per il precedente sistema dell'assicurazione INPS, la corresponsione dell'indennità prevista per tutti gli altri impiegati non di ruolo dall'art. 9 del d.l. n. 207 del 1947".

La Corte, però, non ritiene di poter condividere codesta tesi interpretativa.

Il d.l. n. 207 del 1947 ha negato l'indennità per cessazione dal servizio prevista dall'art. 9, al personale insegnante non di ruolo: in tal senso é il successivo art. 18, parte prima, (per il quale il decreto "non si applica al personale insegnante non di ruolo") e si é pronunciata la giurisprudenza.

É quindi l'art. 18, ora ricordato, posto in relazione con il precedente art. 9, che nega al detto personale l'indennità di cui si tratta.

L'art. 8 della legge n. 831 del 1961 agli insegnanti incaricati forniti di abilitazione all'insegnamento ha riconosciuto il trattamento di quiescenza e di previdenza previsto dalle norme allora vigenti per gli impiegati civili dello Stato e per gli insegnanti di ruolo; ed in particolare e tra l'altro ha disposto che "la pensione compete nei casi in cui l'insegnante abbia prestato almeno 20 anni di servizio effettivo, valutabile a tal fine"; e che "negli altri casi compete l'indennità per una volta tanto, in luogo di pensione, secondo le norme vigenti, purché l'insegnante abbia prestato almeno un anno intero di servizio effettivo; ed infine, che dal 1 ottobre 1961 per il detto personale, assoggettato alla ritenuta in conto entrata Tesoro, sarebbe cessata l'iscrizione alle assicurazioni sociali obbligatorie".

Con tali norme, nel settore e sul punto che qui interessano, il legislatore del 1961 ha dettato una nuova disciplina, destinata ad applicarsi nei confronti del personale de quo in servizio alla data del 1 ottobre 1961.

Con l'ultimo comma dell'art. 8, però, lo stesso legislatore ha dato la possibilità al personale medesimo di operare una scelta tra il nuovo ed il vigente trattamento di quiescenza e di previdenza, da effettuarsi entro un anno dall'entrata in vigore della legge; e stabilendo unicamente che tale personale avrebbe potuto optare per l'assicurazione di invalidità e vecchiaia, ha mantenuto per quanti avessero esercitato l'opzione, puramente e semplicemente, le relative prestazioni.

Non può, quindi, ritenersi che con l'ultimo comma dell'art. 8, si sia voluto negare al personale optante il diritto all'indennità per cessazione dal servizio, o comunque innovare nei confronti della preesistente disciplina: quel diritto era stato negato al detto personale, come si é detto, con l'art. 18, parte prima, in relazione all'art. 9 del d.l. n. 207 del 1947, e codesta situazione giuridica é rimasta tale.

Di conseguenza, deve dirsi infondata la questione in esame che é sollevata in relazione all'art. 8, ultimo comma, della legge n. 831 del 1961, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, e non é stata invece proposta a proposito dell'art. 18, parte prima, in relazione all'art. 9, del d.l. n. 207 del 1947 nella parte in cui nega al personale insegnante non di ruolo l'indennità per cessazione dal servizio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, ultimo comma, della legge 28 luglio 1961, n. 831 (recante "Provvidenze a favore del personale direttivo ed insegnante delle scuole elementari, secondarie ed artistiche, dei provveditorati agli studi e degli ispettorati centrali e del personale ausiliario delle scuole e degli istituti di istruzione secondaria ed artistica"), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dal Consiglio di Stato con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 aprile 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 7 maggio 1975.