Sentenza n. 99 del 1975
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SENTENZA N. 99

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 17 del r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni), e dell'art. 304 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 12 marzo 1973 dal tribunale di Teramo nel procedimento penale a carico di Esposito Antonio ed altri, iscritta al n. 261 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 205 dell'8 agosto 1973.

Udito nella camera di consiglio del 6 marzo 1975 il Giudice relatore Nicola Reale.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di procedimento penale a carico di Esposito Antonio e altri (imputati di reati di cui agli artt. 633 e 340 cod. pen.) il tribunale di Teramo, rilevato che non era stato a suo tempo inviato al genitore esercente la patria potestà su uno degli imputati l'avviso di procedimento preveduto dall'allora vigente testo dell'art. 304 c.p.p., come modificato dall'art. 8 legge 6 dicembre 1969, n. 932 (ed ora sostituito dall'articolo 3 legge 15 dicembre 1972, n. 773) ha sollevato, con ordinanza 12 marzo 1973, in riferimento all'art. 24, comma secondo, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 del r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404 (recante norme sull'istituzione e sul funzionamento del tribunale per i minorenni), e dell'art. 304 del codice di procedura penale.

L'ordinanza é stata comunicata, notificata e pubblicata ma non vi é stata costituzione di parte o intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - La Corte é chiamata a decidere se l'art. 304 del codice di procedura penale e l'art. 17 del r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404 (recante norme sull'istituzione e sul funzionamento del tribunale per i minorenni), contrastino con l'art. 24, comma secondo, della Costituzione, che garantisce l'inviolabilità del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento, nella parte in cui non prevedono la notifica dell'avviso di procedimento (ora comunicazione giudiziaria: art. 3 legge 15 dicembre 1972, n. 773) all'esercente la patria potestà o la tutela sull'imputato minore degli anni 18.

Nell'ordinanza si assume che, al fine di evitare ogni pregiudizio alla difesa dell'imputato minorenne, sarebbe necessario porre l'esercente la patria potestà o la tutela in grado di conoscere, fin dall'inizio, l'esistenza del procedimento a carico del medesimo. Ma tale esigenza non sarebbe rispettata né dall'art. 17 del regio decreto sopra menzionato, che si limita a prescrivere la notifica per conoscenza all'esercente la patria potestà o tutela sul minore del solo decreto di citazione a giudizio, senza nulla disporre per la precedente fase istruttoria; né dall'art. 304 c.p.p., che non sembrerebbe includere, tra i soggetti ai quali va notificato l'avviso di procedimento (ora comunicazione giudiziaria), l'esercente la patria potestà o la tutela.

La questione é fondata, sia pur solo con riferimento all'art. 304 del codice di procedura penale. Per vero l'art. 17 del già menzionato r.d.l. n. 1404 del 1934 riguarda non la istruttoria ma la fase del giudizio ed in relazione ad essa prevede esplicitamente che copia del decreto di citazione sia notificata per conoscenza all'esercente la patria potestà o tutela. Esso sfugge, pertanto, alle censure mosse dal giudice a quo.

A diversa conclusione deve invece giungersi, come si é già accennato, per ciò che concerne l'art. 304 del codice di procedura penale.

2. - A tale proposito va considerato che la peculiare natura del processo penale e degli interessi in esso coinvolti richiede la possibilità della diretta e personale partecipazione dell'imputato. Acquista così rilievo, accanto alla difesa tecnica, cui attende il difensore, l'autodifesa, che ha riguardo a quel complesso di attività mediante le quali l'imputato é posto in grado di influire sullo sviluppo dialettico del processo e di contribuire così, attivamente, ad una più sicura ricerca della verità materiale (sent. n. 186 del 1973).

L'uno e l'altro aspetto del diritto di difesa trovano puntuale riscontro nell'art. 24, comma secondo, della Costituzione che, come questa Corte ha di recente ribadito, tutela l'autodifesa, non meno della difesa tecnica, quale diritto primario dell'imputato, immanente a tutto l'iter processuale, dalla fase istruttoria a quella di giudizio, sino al momento di chiusura del dibattimento, in cui l'imputato deve avere per ultimo la parola (sent. n. 205 del 1971).

3. - Non può negarsi, peraltro, che il minore degli anni diciotto nell'id quod plerumque accidit non possa considerarsi pienamente idoneo a prendere coscienza e a valutare l'importanza e la gravità degli atti e delle conseguenze di carattere morale e materiale del processo penale, al fine di adeguare ad esse il proprio comportamento processuale.

L'assistenza del solo difensore non sarebbe sufficiente a tale fine poiché la valutazione, la ricerca e l'allegazione di elementi di fatto o di mezzi di prova a favore dell'imputato rientrano assai spesso nelle esclusive disponibilità di questo ultimo.

4. - Questa esigenza, del resto, é stata avvertita dallo stesso legislatore che con il già menzionato art. 17 r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404, ha imposto, come mezzo al fine, la notifica al genitore o al tutore del decreto di citazione a giudizio del minore degli anni diciotto. Questa norma (valevole, oltre che per il processo davanti al tribunale dei minorenni anche per quello instaurato contro coimputati minori in sede ordinaria) non é diretta soltanto ad assicurare la presenza al dibattimento del minore, ma, secondo quanto ormai comunemente si ritiene in dottrina e in giurisprudenza, mira altresì a garantire all'imputato una forma di assistenza diversa ed ulteriore rispetto a quella prestata dal difensore che non può mai surrogare quell'assistenza piena, anche da un punto di vista morale, che in ordine allo svolgimento della propria difesa, il minore può ricevere soltanto dall'esercente la patria potestà o la tutela. Onde la mancata notifica é causa di nullità assoluta ed insanabile ai sensi dell'art. 185, n. 3, del codice di procedura penale.

Detta norma si limita però a disporre per il giudizio dibattimentale. Per le fasi anteriori manca una corrispondente disposizione la quale prescriva di portare a conoscenza dell'esercente la patria potestà o la tutela l'esistenza di un procedimento penale a carico del minore degli anni diciotto. Non ha provveduto a tanto nemmeno l'art. 3 della legge 15 dicembre 1972, n. 773, che, nel modificare il contenuto dell'articolo 304 c.p.p, non ha menzionato tra i soggetti cui va rivolta la comunicazione giudiziaria anche l'esercente la patria potestà o tutela sul minore. Sicché può verificarsi, ed in fatto si verifica, che un procedimento penale sia iniziato e condotto a carico di un minore senza che la sua famiglia ne sia informata.

5. - Tale carenza non può non apparire in contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione che, come si é visto, non si limita ad assicurare l'assistenza tecnico-processuale del difensore ma riconosce l'autodifesa come diritto primario dell'imputato, inerente a tutto l'iter processuale dalla fase istruttoria a quella del giudizio.

Basti considerare che la comunicazione giudiziaria ha proprio lo scopo di rendere edotta la persona indiziata di un reato dell'inizio della procedura a suo carico, in modo da consentirle di predisporre tempestivamente la sua difesa nella fase più delicata del processo, quella in cui viene impostata l'accusa e vengono raccolte le prime prove. Né va dimenticato, che il diritto di difesa, nel duplice aspetto che sopra é stato sottolineato, é in primo luogo garanzia di contraddittorio. Il che é quanto dire che esso può dirsi assicurato solo nella misura in cui si dia all'interessato la possibilità di partecipare ad un'effettiva dialettica processuale (sent. n. 190 del 1970); possibilità che, per quanto si é detto, nel caso di specie considerato non é pienamente realizzabile senza l'intervento, oltre che del difensore dell'esercente la patria potestà o la tutela.

6. - Va quindi dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 304 c.p.p. nella parte in cui non prevede che la comunicazione giudiziaria, nei casi di procedimento penale a carico di imputato minore degli anni diciotto sia inviata anche all'esercente la patria potestà o tutela su di lui.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale - dell'art. 304 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che la comunicazione giudiziaria, nei casi di procedimento penale a carico di imputato minorenne, sia inviata anche all'esercente la patria potestà o la tutela su di lui;

dichiara non fondata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 del r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404 (recante norme sull'istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni), sollevata dal tribunale di Teramo con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 29 aprile 1975.