Sentenza n. 98 del 1975
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SENTENZA N. 98

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 94, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 28 aprile 1973 dal pretore di Serra San Bruno, nel procedimento penale a carico di Costa Vincenzo, iscritta al n. 363 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 276 del 24 ottobre 1973.

Udito nella camera di consiglio del 20 febbraio 1975 il Giudice relatore Ercole Rocchetti.

Ritenuto in fatto

Il pretore di Serra San Bruno, con ordinanza emessa il 28 aprile 1973 nel procedimento penale a carico di Costa Vincenzo, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 94, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui esige, a pena di inammissibilità, dal danneggiato dal reato che esercita l'azione civile nel processo penale, la elezione di domicilio nel comune dove é in corso l'istruzione o il giudizio.

Secondo il giudice a quo, la grave sanzione della inammissibilità, collegata alla mancata elezione di domicilio nella dichiarazione di costituzione di parte civile, realizza una disparità di trattamento rispetto ad analoghe situazioni che possono verificarsi nel sistema processuale civile, in cui, invece, la mancata elezione di domicilio comporta esclusivamente che le notificazioni e le comunicazioni durante il procedimento possano essere fatte presso la cancelleria, salvo contraria disposizione di legge (art. 58, r.d. 18 dicembre 1941, n. 1368).

L'ordinanza é stata ritualmente notificata comunicata e pubblicata.

In mancanza di costituzione di parti, la causa viene discussa e decisa in camera di consiglio.

Considerato in diritto

1. - L'ordinanza di rimessione propone questione di legittimità costituzionale dell'art. 94, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui stabilisce che la costituzione di parte civile deve contenere la indicazione dell'elezione di domicilio nel comune ove é in corso l'istruzione o il giudizio e, per il caso che tale indicazione sia omessa, commina la inammissibilità della stessa costituzione. Tale inammissibilità determina, per la parte civile, l'esclusione dalla partecipazione al giudizio; esclusione che, per l'art. 99 dello stesso codice, può poi essere dichiarata con ordinanza non impugnabile in qualsiasi stato del procedimento di primo grado, sino all'inizio della discussione finale nel dibattimento, con l'ulteriore implicita conseguenza che la costituzione non può più essere rinnovata se la esclusione é intervenuta oltre il termine massimo stabilito per la sua proposizione (cfr. art. 93, c.p.p.).

La declaratoria di inammissibilità, collegata alla mancata elezione di domicilio é sembrata al giudice a quo sanzione troppo grave e sproporzionata, anche perché lo stesso adempimento, nel giudizio civile, viene configurato semplicemente come un onere della parte, tanto che la sua omissione produce la sola conseguenza di autorizzare la notifica degli atti presso la cancelleria del giudice avanti il quale pende il processo (artt. 366, 480, 638, 660, cod. proc. civ.).

2. - La questione é fondata.

La norma denunziata, in effetti, risulta priva di razionalità, perché collega la produzione di un effetto grave ed irreparabile, quale l'esclusione dal giudizio penale della parte lesa costituita parte civile, alla mera omissione di un adempimento formale. Questa omissione, che certamente deve comportare per l'interessato qualche effetto negativo sulle modalità di svolgimento del processo, senza compromettere la partecipazione della parte al giudizio, ha già trovato, nell'ordinamento processuale civile una semplice ed adeguata sanzione nel deposito in cancelleria dei vari atti da notificarsi: la stessa sanzione, anche all'istituto della costituzione di parte civile, senza alterare la peculiare situazione processuale che si realizza con l'inserimento dell'azione civile nel processo penale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 94, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui stabilisce la inammissibilità della costituzione di parte civile per la omissione della elezione di domicilio, anziché disporre che, a seguito e per effetto di tale omissione, gli atti del processo vadano alla stesa parte civile notificati nella cancelleria del giudice avanti al quale pende il processo.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 29 aprile 1975.