Sentenza n. 95 del 1975
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SENTENZA N. 95

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 74, ultimo comma, e 231 del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 19 febbraio 1973 dal pretore di Bari su querela di Loseto Chiara, iscritta al n. 140 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 163 del 27 giugno 1973;

2) ordinanza emessa il 30 aprile 1973 dal pretore di Bari su denuncia a carico di Guerrieri Pasquale, iscritta al n. 242 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 205 dell'8 agosto 1973;

3) ordinanza emessa il 6 novembre 1973 dal pretore di Borgo Valsugana su denuncia anonima a carico di Zotta Livio Bailo, iscritta al n. 452 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48 del 20 febbraio 1974;

4) ordinanza emessa il 1 marzo 1974 dal pretore di Montorio al Vomano nel procedimento penale a carico di Croce Mario, iscritta al n. 167 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 146 del 5 giugno 1974.

Udito nella camera di consiglio del 6 febbraio 1975 il Giudice relatore Enzo Capalozza.

Ritenuto in fatto

1. - A seguito di una querela per lesioni colpose, il pretore di Bari emetteva decreto di archiviazione, che rinnovava dopo una nuova denunzia-querela della parte offesa per lo stesso fatto.

Il procuratore della Repubblica, che aveva vistato il primo decreto, chiedeva, per il secondo, che fosse dato corso all'azione penale.

Nel disattendere tale richiesta, il pretore, con ordinanza 19 febbraio 1973, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 74, ultimo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui stabilisce che "il procuratore della Repubblica... può... disporre invece che si proceda", in riferimento agli artt. 101, secondo comma, 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione.

Dopo aver richiamato la sentenza n. 102 del 1964 di questa Corte, che ebbe a dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale della stessa norma per differenti profili, il giudice a quo precisa di voler contestare non il diritto del procuratore della Repubblica di richiedere il procedimento penale a seguito di una diversa valutazione, ma il modo con il quale il dissenso verrebbe da lui unilateralmente risolto, con effetti vincolanti per il pretore, in contrasto con la indipendenza del giudice e senza il contraddittorio né la garanzia di difesa del soggetto in ordine al quale era stato emesso il decreto di archiviazione.

2. - Analoga questione, negli stessi termini, é stata sollevata con successive ordinanze dal medesimo pretore di Bari (30 aprile 1973) e dal pretore di Borgo Valsugana (6 novembre 1973) e, in riferimento all'art. 25, primo comma, oltre che agli artt. 101, secondo comma, e 24, secondo comma, Cost., dal pretore di Montorio al Vomano (1 marzo 1974), per il quale la norma denunziata verrebbe anche a distogliere l'imputato dal giudice naturale.

3. - Con la medesima sua ordinanza, il pretore di Borgo Valsugana - premesso che il decreto di archiviazione si riferiva a denuncia anonima di una sopraelevazione abusiva, in ordine alla quale il procuratore della Repubblica aveva richiesto di procedere all'accertamento di eventuali violazioni della legislazione edilizia - ha sollevato, in via subordinata, questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, Cost., dell'art. 231 cod. proc. pen., "in quanto non esclude che il pretore possa disporre indagini sul contenuto di una delazione anonima che addebita un reato a persona individuata".

Considerato in diritto

1. - Con le ordinanze in epigrafe, la Corte é chiamata a decidere: a) se l'art. 74, ultimo comma, del codice di procedura penale - nella parte in cui stabilisce che "il procuratore della Repubblica ...può... disporre invece che si proceda" dopo il decreto di archiviazione del pretore - contrasti con gli artt. 101, secondo comma, 3, primo comma, 24, secondo comma, e 25, primo comma, della Costituzione; b) subordinatamente, se l'art. 231 cod. proc. pen., "in quanto non esclude che il pretore possa disporre indagini sul contenuto di una delazione anonima che addebita un reato a persona individuata", violi gli artt. 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione.

2. - Le quattro ordinanze hanno per oggetto la stessa questione (e quella del pretore di Borgo Valsugana anche una questione subordinata) e, pertanto, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

3. - A prescindere dalle controversie dottrinarie sulla natura giuridica del decreto di non promovibilità dell'azione penale, sono da tener fermi i criteri accolti dalla Cassazione, secondo cui il cosiddetto provvedimento di archiviazione, a differenza della sentenza, ha per presupposto la mancanza di un processo e non dà luogo a preclusioni: dunque, non limita in alcun modo la possibilità per il pubblico ministero o per il pretore (quando si tratta di reati di sua competenza) di procedere in qualunque momento, pur se non siano insorte nuove prove e senza che occorra un preventivo atto di revoca.

4. - In ordine alla denunziata violazione dell'art. 10l, secondo comma, Cost., é da richiamare la sentenza n. 102 del 1964, per la quale il provvedimento di archiviazione "non chiude né definisce alcun procedimento istruttorio, che anzi dichiara di non volere iniziare e, riferendosi soltanto all'esperimento di indagini, conserva il carattere di atto che non preclude l'esercizio dell'azione penale". Con ciò si é voluto intendere che il procuratore della Repubblica, quando dispone che si proceda, esercita, egli, l'azione dinanzi al pretore, cioé, eccezionalmente, attua il principio della domanda nel procedimento pretorile.

D'altro canto, come é stato precisato dalla ridetta sentenza della Corte, nella vicenda prevista dall'art. 74, ultimo comma, cod. proc. pen., "i due diversi organi operano, non in ragione di un rapporto gerarchico da superiore ad inferiore, ma nell'esplicazione di funzioni diverse, necessarie per il raggiungimento dei fini che il procedimento persegue".

5. - Non può avere peso il rilievo, avanzato dal pretore di Bari, che il conflitto di opinioni sul punto se debba o meno esercitarsi l'azione penale "viene risolto unilateralmente dallo stesso organo portatore del dissenso e con l'effetto automatico di far modificare all'altro organo il proprio atteggiamento": invero, la giurisdizione non viene sottratta al pretore, che conserva le sue attribuzioni di organo giudicante, la sua libertà di valutazione e di convincimento e ben può emettere sentenza istruttoria o dibattimentale di proscioglimento.

Per converso, sarebbe, oltre a tutto, irragionevole ed abnorme che il procuratore della Repubblica, cui spetta l'esercizio dell'azione penale e che é abilitato ad impugnare la sentenza (istruttoria o dibattimentale) del pretore, fosse disarmato a fronte di un decreto pretorile di archiviazione (non impugnabile per il principio della tassatività delle impugnazioni di cui all'art. l90 cod. proc. pen.). Comunque - anche per queste considerazioni - la Corte non ha motivo di modificare la sua precedente statuizione.

6. - Non sussiste la violazione dell'art. 3, primo comma, Cost., perché l'equidistanza del pubblico ministero e dell'imputato rispetto al giudice può e deve essere garantita nel processo, ma non é configurabile tra il pubblico ministero, titolare dell'azione penale, e "la persona cui il decreto é favorevole": si tratta di due fasi, di due aspetti del tutto diversi che postulano un'altrettanto diversa (ed opposta) dialettica procedimentale.

7. - Quanto al preteso privilegio, che, secondo il pretore di Bari, sarebbe attribuito al denunciante per il fatto che può sollocitare il pubblico ministero ad avanzare la richiesta di procedimento, é facile obiettare, da un lato, che il denunciante collabora con la giustizia allorché integra, in sede funzionalmente competente e qualificata, la notitia criminis, dall'altro, che il pubblico ministero non interviene per impulso e per interesse privati, bensì nell'esercizio di un suo potere- dovere costituzionalmente sancito.

8. - Non sussiste la violazione dell'art. 24, secondo comma, Cost., dappoiché, quando l'azione penale dà inizio ad un procedimento, scattano tutte le garanzie difensive che per il procedimento, appunto, sono disposte per legge: e scattano anche prima in sede preistruttoria (sentenza n. 86 del 1968 e legge n. 932 del 1969), epperò sempre in funzione del procedimento stesso.

9. - Non sussiste, infine, la violazione dell'art. 25, primo comma, Cost., giacché il meccanismo accolto nell'art. 74, ultimo comma, cod. proc. pen., non toglie la certezza circa il giudice che in concreto deve giudicare (giova ricordare che gli artt. 30 e 31 cod. proc. pen., in quanto toglievano tale certezza, sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi con la sentenza n. 88 del 1962). E, per di più, nella nozione di giudice di cui all'art. 25 Cost. non deve ritenersi compreso il pubblico ministero (sentenza n. 148 del 1963).

10. - La questione di legittimità costituzionale dell'art. 231 cod. proc. pen., promossa in via subordinata dal pretore di Borgo Valsugana, é stata - nelle more di questo giudizio - dichiarata infondata, in riferimento agli stessi precetti costituzionali ora richiamati (artt. 3 e 24) con la sentenza n. 300 del 1974.

Non vengono addotti argomenti diversi e la Corte non ha ragione di mutare la sua giurisprudenza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 74, ultimo comma, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 25, primo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, sollevata, con le quattro ordinanze in epigrafe, dai pretori di Bari, di Borgo Valsugana e di Montorio al Vomano;

2) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 231 del codice di procedura penale, sollevata, in subordine, con l'ordinanza del pretore di Borgo Valsugana e già dichiarata non fondata con sentenza n. 300 del 1974.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 29 aprile 1975.