Sentenza n. 68 del 1975
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SENTENZA N. 68

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, del contratto collettivo nazionale di lavoro 25 luglio 1959 per gli operai addetti all'industria delle calzature, recepito nel d.P.R. 25 settembre 1960, n. 1433, promosso con ordinanza emessa il 23 giugno 1972 dal pretore di orvieto nel procedimento penale a carico di Menconi Alessandro, iscritta al n. 282 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 247 del 20 settembre 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'8 gennaio 1975 il Giudice relatore Leonetto Amadei;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Zagari, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

In data 10 febbraio 1972 l'ispettorato provinciale del lavoro di Terni elevava contravvenzione a Menconi Alessandro, titolare del calzaturificio "Etruria", per violazione dell'art. 1 della legge 14 luglio 1959, n. 741, non avendo comunicato con lettera a 85 operai la loro avvenuta assunzione al lavoro.

Il pretore di Orvieto emetteva decreto penale di condanna regolarmente opposto.

Nel giudizio di opposizione il pretore ha sollevato d'ufficio, ritenendola rilevante, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, del contratto collettivo nazionale per gli operai dell'industria calzaturiera, recepito nel 25 settembre 1960, n. 1433, limitatamente all'avverbio "normalmente", in riferimento agli artt. 3, primo comma, 25, secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione.

La violazione del primo comma dell'art. 3 della Costituzione é prospettata sotto il profilo che l'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge non può considerarsi realizzata da norme positive che, per l'incertezza del comando, richiedono una particolare accortezza nell'afferrare l'essenza e la portata del comando stesso; dell'art. 25, secondo comma, perché risulterebbe violato nella parte che "scolpisce il principio di legalità"; dell'art. 101, secondo comma, infine, perché non sarebbe pensabile che il giudice resti soggetto ad una legge che sia tale solo "in apparenza" e che palesi la sua insufficienza a tal punto da poter dare luogo "ad arbitrii".

Non vi é stata costituzione di parte. É intervenuto, invece, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato.

Questa contesta, in via preliminare, la rilevanza della proposta questione, che sarebbe stata affermata e non sviluppata nell'ordinanza di rimessione. In sostanza il proponente avrebbe omesso di dare risalto al nesso esistente tra la norma impugnata e la imputazione contestata e alle conseguenze che potrebbero derivare dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale di essa norma. Nel merito l'Avvocatura ritiene infondata la questione.

L'art. 1, secondo comma, del contratto collettivo cui trattasi, nello stabilire che "l'assunzione verrà normalmente comunicata per iscritto all'interessato", non farebbe altro che applicare il principio, generalmente accolto nel nostro ordinamento giuridico, della "libertà di forma nella manifestazione di volontà" così come sancisce l'art. 1325, n. 4, del codice civile.

Conseguirebbe da ciò che nessun contrasto esiste tra la disposizione contestata e le norme costituzionali, richiamate in riferimento dalla ordinanza pretorile; l'avverbio "normalmente", per il suo carattere meramente indicativo, non attribuirebbe, pertanto, forza cogente alla norma, ma solo valore di indirizzo, incapace di determinare "l'azione e gli inconvenienti prospettati nell'ordinanza di rinvio".

Considerato in diritto

1. - L'ordinanza del pretore di orvieto pone la questione della legittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, del contratto collettivo nazionale per gli operai delle industrie calzaturiere, reso obbligatorio erga omnes col d.P.R. 25 settembre 1960, n. 1433, limitatamente all'avverbio "normalmente", in riferimento agli artt. 3, primo comma, 25, secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione.

La questione é inammissibile.

2. - L'art. 1 della legge 14 luglio 1959, n. 741 - Norme transitorie per garantire minimi salTimes New Romani - concede delega al Governo di emanare norme giuridiche aventi forza di legge ai fini di assicurare minimi inderogabili di trattamento economico e normativo nei confronti di tutti gli appartenenti ad una medesima categoria e stabilisce che nell'emanazione delle predette norme il Governo deve uniformarsi a tutte le clausole dei singoli accordi economici e contratti collettivi, anche intercategoriali, stipulati dalle associazioni sindacali anteriormente alla data di entrata in vigore della legge.

L'art. 8 della stessa legge stabilisce che il datore di lavoro che non adempie gli obblighi derivanti dalle norme di cui all'art. 1 é punito con ammenda da lire 5.000 a lire 100.000 per ogni lavoratore cui si riferisce la violazione.

Con d.P.R. 25 settembre 1960, n. 1433 - Norme sul trattamento economico e normativo dei lavoratori dipendenti dalle imprese esercenti la produzione delle calzature, pantofole e tomaie - veniva reso esecutivo, a norma della legge delega surrichiamata, il contratto collettivo nazionale di lavoro 25 luglio 1959 per gli operai addetti alle industrie calzaturiere.

L'art. 1 del precitato contratto stabilisce, nel secondo comma, che l'assunzione degli operai deve essere "normalmente comunicata per iscritto all'interessato...".

3. - La Corte osserva, sulla base della propria giurisprudenza, che la questione di costituzionalità della disposizione impugnata deve essere dichiarata inammissibile.

La Corte, infatti, ha statuito (v. sent. nn. 106 e 107 del 1962 e per ultimo n. 120 del 1974) che l'inserzione nei decreti delegati, che hanno reso esecutivi erga omnes i contratti collettivi, di clausole in contrasto con norme imperative di legge e a maggior ragione con precetti costituzionali si deve considerare inoperante e incapace di conferire ad esse forza di legge sulla base della legge n. 741 del 1959.

Spetterà pertanto al giudice ordinario stabilire se l'espressione "normalmente" contenuta nell'art. l, secondo comma, del contratto collettivo di lavoro 25 luglio 1959 sia stata o meno recepita nel decreto delegato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. l, secondo comma, del contratto collettivo nazionale per gli operai delle industrie calzaturiere, reso esecutivo erga omnes con d.P.R. 25 settembre 1960, n. 1433, sollevata con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 marzo 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI  - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI  - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

         Depositata in cancelleria il 25 marzo 1975.