Sentenza n. 60 del 1975
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SENTENZA N. 60

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 291 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 15 dicembre 1972 dal pretore di Asti nel procedimento civile vertente tra la ditta Capra-mobili e Giuliano Giuseppina, iscritta al n. 37 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 del 7 marzo 1973.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'8 gennaio 1975 il Giudice relatore Guido Astuti;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un procedimento civile vertente tra la ditta Capra-mobili e Giuseppina Giuliano, il pretore di Asti, rilevato che la convenuta non era comparsa alla prima udienza e che, nonostante avesse inviato certificato medico, necessariamente era stata dichiarata contumace, ha sollevato, di ufficio, questione di legittimità costituzionale dell'art. 291 c.p.c. in riferimento agli artt. 24, comma terzo, e 3 (in relazione anche all'articolo 294 c.p.c.) della Costituzione.

Non vi é stata costituzione delle parti private.

É intervenuto in giudizio, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, deducendo l'infondatezza della questione proposta e rilevando, in proposito, come il diritto di difesa non possa considerarsi assolutamente illimitato, dovendo armonizzarsi, su di un piano di razionalità e di ragionevolezza, con l'esigenza di tutelare i diritti dell'altra parte e di assicurare la speditezza del giudizio, esigenza quest'ultima di particolare rilievo nel procedimento pretorile.

Considerato in diritto

1. - Con l'ordinanza di rimessione viene sollevata, d'ufficio, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 291 del codice di procedura civile, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione; ciò in quanto la disposizione denunciata "vieta la declaratoria di contumacia nel caso soltanto in cui il giudice istruttore rilevi vizi importanti nullità della notificazione della citazione, e non anche in quello in cui consti, semplicemente, dell'esistenza di un impedimento di fatto". Si osserva al riguardo che l'impossibilità di dare rilevanza ad accertare cause che impediscano una concreta attività difensiva sarebbe in contrasto con la garanzia d'inviolabilità del diritto di difesa, sancita dall'art. 24 della Costituzione. In particolare, nel giudizio pretorile, non potrebbe farsi carico alla parte convenuta, ritualmente raggiunta dalla notifica della citazione, di non essersi costituita in causa o di non aver rilasciato procura alle liti prima dell'insorgere del fatto impeditivo, dato che é pieno diritto della parte di costituirsi fino alla prima udienza, e di chiedere l'autorizzazione a stare in giudizio personalmente.

Le disposizioni degli artt. 293 e 294 del codice di procedura civile - che regolano la purgazione della contumacia e la eventuale remissione in termine del contumace - , non fornirebbero adeguata tutela del diritto di difesa, che deve potersi esercitare "concretamente, efficacemente, con pienezza di mezzi e senza nessuna, sia pur minima, limitazione", e quindi soltanto "attraverso la possibilità di una continua presenza a tutti gli atti processuali". Vi sarebbe, anzi, un contrasto tra la disposizione dell'art. 291, che vieta al giudice di dare giuridica rilevanza ad un impedimento di fatto prima della dichiarazione di contumacia, e quella dell'art. 294, che invece consente di attribuire allo stesso fatto impediente, accertato in seguito, rilevanza ai fini della rimessione in termini: tale diversità di disciplina "di situazioni di fatto concettualmente identiche" sarebbe anche in contrasto con il principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione.

2. - La questione non é fondata. Questa Corte, dichiarando non fondata la questione di costituzionalità degli articoli 293 e 294 del codice di procedura civile in riferimento agli artt. 24 e 3 della Costituzione, ha già avuto occasione di precisare che "il procedimento contumaciale é disciplinato in modo che la tutela dei diritti del contumace non vada a danno dell'altra parte e della speditezza del giudizio", e che, in particolare, "neanche in vista della contumacia involontaria si può negare l'aderenza delle norme alle caratteristiche strutturali del giudizio o scorgervi la violazione del diritto di difesa o ingiustificate disparità di trattamento" (sentenza n. 54 del 1968).

Anche l'art. 291 non lede sotto alcun profilo il diritto di difesa: la pretesa di una diversa normativa, che consentisse al giudice di differire la dichiarazione di contumacia, prevista dall'art. 171 del codice di procedura civile (cfr. art. 59 delle relative disposizioni di attuazione), nel caso di impedimento involontario, con l'effetto di paralizzare lo svolgimento del giudizio fino al momento in cui venisse meno la causa di detto impedimento, non trova giustificazione nell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, ed anzi contrasta con l'esigenza non meno valida di tutela dei diritti della controparte. Il diritto di difesa non può sotto questo profilo considerarsi assolutamente illimitato, proprio per la necessità che le modalità del suo concreto esercizio consentano una ragionevole armonizzazione con l'eguale diritto delle altre parti. Ed é superfluo far cenno degli abusi ed inconvenienti a cui darebbe sicuramente luogo la possibilità di impedire od ostacolare il corso dei procedimenti allegando fatti impeditivi all'assistenza agli atti istruttori.

Queste considerazioni valgono sicuramente anche per il procedimento davanti al pretore, la cui disciplina é ispirata a maggiori esigenze di speditezza e semplicità. La declaratoria di contumacia non preclude al contumace la possibilità di costituirsi successivamente chiedendo di potersi difendere personalmente, né di avvalersi della facoltà consentita dall'art. 294. E d'altra parte, nel caso di documentato impedimento di fatto alla costituzione nell'udienza di comparizione, il pretore, al pari del giudice istruttore, pur dichiarando la contumacia, ha sempre il potere di differire ad altra udienza la decisione della causa, evitando così che la declaratoria di contumacia possa avere effetti irreparabili. Ciò era precisamente avvenuto nel caso di specie, in cui la parte convenuta, (alla quale la citazione era stata notificata in mani proprie), aveva fatto pervenire al pretore un certificato medico attestante la necessità di quattro giorni di riposo assoluto, e la causa era stata più volte rinviata; talché fu posta in decisione solo dopo cinque mesi dalla prima udienza, perdurando tuttavia senza alcuna giustificazione l'assenza della parte contumace.

3. - Non sussiste nemmeno alcuna violazione del principio di eguaglianza, per la pretesa disparità di considerazione dell'impedimento di fatto quando sia accertato anteriormente ovvero successivamente alla dichiarazione di contumacia. L'articolo 291 del codice di procedura civile dispone la rinnovazione della notificazione nell'ipotesi in cui il convenuto non si costituisca ed il giudice rilevi un vizio di nullità della notificazione della citazione; l'eventuale esistenza di un fatto impeditivo alla costituzione non é qui oggetto di considerazione alcuna, essendo ovvio che un tale fatto non potrebbe mai giustificare la rinnovazione della notificazione ritualmente eseguita. L'art. 294 disciplina invece la facoltà del contumace di chiedere la rimessione in termini per compiere attività istruttorie ormai precluse, dimostrando che la sua tempestiva costituzione fu impedita da causa a lui non imputabile: trattasi dunque di ipotesi normativa ben diversa, rispetto alla quale non sussiste la prospettata disparità di valutazione o di trattamento.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 291 del codice di procedura civile, sollevata dal pretore di Asti con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 marzo 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 12 marzo 1975.