Sentenza n. 59 del 1975
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SENTENZA N. 59

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 7, secondo comma, della legge regionale siciliana 16 maggio 1972, n. 30 (Disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio), promosso con ordinanza emessa il 25 ottobre 1972 dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sul ricorso della società Magazzini STANDA contro la Regione siciliana, iscritta al n. 85 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 112 del 2 maggio 1973.

Visti gli atti d'intervento del Presidente della Regione siciliana e di costituzione della società Magazzini STANDA;

udito nell'udienza pubblica dell'8 gennaio 1975 il Giudice relatore Nicola Reale;

 

uditi l'avv. Umberto Coronas, per la società Magazzini STANDA, e l'avv. Vittorio ottaviano, per il Presidente della Regione siciliana.

Ritenuto in fatto

1. - Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in un giudizio promosso dalla s.p.a. STANDA ed avente ad oggetto la impugnazione del decreto 18 maggio 1972, n. 270 di quell'Assessore per l'industria e commercio, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma secondo, della legge regionale 16 maggio 1972, n. 30, sull'orario dei negozi e degli esercizi di vendita a dettaglio: norma in esecuzione della quale risulta emanato il decreto assessoriale sopra menzionato.

Pur dandosi atto che la questione é stata già esaminata e risolta nel senso della infondatezza da questa Corte con la sentenza n. 76 del 1972, nell'ordinanza si prospetta nuovamente il dubbio che le differenze nell'organizzazione di vendita dei grandi magazzini e dei negozi misti non siano tali da giustificare le disparità di trattamento in ordine all'orario infrasettimanale, poste nella disposizione impugnata.

2. - In giudizio si sono costituiti il Presidente della Regione siciliana e la s.p.a. Magazzini STANDA.

Secondo la difesa della Regione la questione dovrebbe essere dichiarata non fondata poiché tra i grandi magazzini e gli altri esercizi misti esisterebbero obbiettive e non trascurabili disparità che ben giustificherebbero la differente regolamentazione.

L'esattezza di tale assunto é contestata dalla difesa della ricorrente la quale osserva, a sua volta, a sostegno della fondatezza della questione, che, quanto meno nei magazzini da essa gestiti, lo stesso personale può essere adibito promiscuamente ai diversi settori di vendita: verrebbe meno - pertanto - la premessa sulla quale la Corte ha fondato le proprie conclusioni nella già citata sentenza n. 76 del 1972 e, con essa, ogni giustificazione del diverso e meno favorevole trattamento riservato, in ordine al turno di riposo settimanale, ai grandi magazzini rispetto agli altri esercizi ad attività mista.

Considerato in diritto

1. - L'art. 7 della legge della Regione siciliana 16 maggio 1972, n. 30, sulla disciplina dei negozi e degli esercizi misti di vendita al dettaglio, dopo aver statuito nel primo comma che tali esercizi devono osservare l'orario previsto per l'attività prevalente (in ciò uniformandosi alla normativa statale vigente in materia: art. 7 legge 28 luglio 1971, n. 558), nel secondo comma dispone che i grandi magazzini di vendita con gamma merceologica promiscua sono tenuti ad osservare separatamente gli orari di vendita e la chiusura infrasettimanale stabiliti per il settore alimentare e per quello non alimentare prevalente.

Tale seconda disposizione non trova riscontro nella normativa statale summenzionata, che non pone alcuna differenza di disciplina, ai fini dell'orario di vendita, nell'ambito degli esercizi ad attività mista.

Per effetto della norma regionale, pertanto, i grandi magazzini di vendita debbono rispettare due turni di riposo infrasettimanale a differenza degli altri negozi misti che sono tenuti ad osservare soltanto l'orario prescritto per l'attività prevalente e, quindi, un solo turno di chiusura.

Come si é già accennato in narrativa, questa disparità di trattamento basata sulla norma suddetta fu già sottoposta all'esame di questa Corte per illegittimità in riferimento all'art. 3 Cost., dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ma la questione venne dichiarata infondata con sentenza 4 maggio 1972, n. 76.

Promulgata poi la legge ed emanato in esecuzione di essa il decreto assessoriale, impugnato dalla soc. STANDA avanti il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, quest'ultimo ha riproposto la questione, sempre in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

La precedente sentenza di questa Corte, dopo aver ricordato che la diversa normativa della legge nazionale non poteva vincolare il legislatore regionale siciliano titolare di potestà legislativa esclusiva e quindi del potere di valutare la sussistenza della parità o disparità di situazioni fra gli esercizi commerciali operanti in Sicilia, si soffermava sulla circostanza (addotta dalla difesa regionale) che il sistema di vendita dei grandi magazzini é strutturato in modo sostanzialmente diverso da quello dei negozi misti, avendo i primi e non i secondi personale distinto addetto ai vari settori di vendita. E concludeva rilevando che questa diversità può ragionevolmente porsi alla base della disposizione impugnata che prevede solo per i grandi magazzini l'obbligo di osservare separatamente gli orari di vendita stabiliti per il settore alimentare e per quello non alimentare prevalente.

La circostanza di fatto rilevata nella sentenza della Corte e le conseguenze trattene sono oggetto della critica del giudice a quo il quale, facendo proprio un argomento della difesa STANDA, oltre ad accettare come rispondente a realtà la circostanza da questa allegata che nei grandi magazzini (o almeno in quelli della ricorrente) il medesimo personale viene addetto promiscuamente al settore alimentare o a qualsiasi altro settore di vendita, aggiunge che, a parte ciò che riguarda tale personale addetto alla vendita, l'intera organizzazione del grande magazzino (personale direttivo, di vigilanza, impiegati amministrativi, etc.) é sempre impegnata, sia che il detto grande magazzino funzioni in tutti i vari settori merceologici sia che debba mantenere in funzione alcuni soltanto di essi.

Aggiunge che appare meritevole di particolare considerazione l'altro e preliminare rilievo della STANDA: l'unicità di orario di apertura e dei turni di chiusura settimanale risponde ad una esigenza connaturale allo scopo concreto degli esercizi misti; quello cioé di consentire al cliente di rinvenire in un medesimo esercizio commerciale una pluralità di generi e quindi di potersi approvvigionare, al limite, con un unico atto di frequenza dell'esercizio.

Se tale può ritenersi (conclude la motivazione della ordinanza) la funzione pratica di siffatto tipo di esercizio, la legge regionale, nel consentire l'orario unificato agli esercizi misti di minore importanza e nel negarlo ai grandi magazzini, viola l'art. 3 in quanto assoggetta a diversa disciplina una attività sostanzialmente identica e rende più gravosa la conduzione aziendale per i grandi magazzini tenuti a osservare orari a turni di chiusura differenziati.

2. - orbene, le nuove e più dettagliate censure non valgono a indurre la Corte a diversa decisione perché risultano infondate, anche alla stregua degli argomenti che, pur non essendo stati espressamente presi in esame nel primo giudizio, non furono di certo disattesi.

Fra i magazzini di grande distribuzione e quelli di media e piccola vendita al dettaglio esistono evidenti differenze di mole, di struttura, di organizzazione, di funzionamento che portano a diversità, anche notevoli, fra i primi ed i secondi. Tali diversità trovano espresso riconoscimento in varie disposizioni legislative: basti citare per tutte la legge nazionale 11 giugno 1971, n. 426, sulla disciplina del commercio ed in essa, ad esempio, le norme speciali riguardanti la grande distribuzione con particolare riferimento ai piani comunali di sviluppo e di adeguamento e alle necessarie autorizzazioni amministrative.

Se ciò é, resiste alla critica del giudice a quo la ragione di diversità accolta dalla sentenza n. 76 del 1972, riuscendo agevole chiarire, seguendosi la difesa regionale, che le diversità tra i due tipi di distribuzione non possono certo essere eliminate dalla circostanza che anche nei grandi magazzini il medesimo personale può essere addetto promiscuamente ai diversi settori.

Infatti, ciò che importa non é se il medesimo personale addetto ad un grande magazzino possa venire trasferito da un reparto ad un altro, bensì se esso possa far funzionare contemporaneamente i diversi settori in cui é articolata la struttura organizzativa dell'esercizio commerciale. orbene non v'é dubbio che, mentre nei negozi ad attività mista, che normalmente sono di modeste dimensioni i pochi addetti (tra i quali non di rado figurano il titolare ed i suoi familiari) provvedono alla vendita dei diversi prodotti senza delimitazioni di competenza, nei grandi magazzini il personale é suddiviso e stabilmente impiegato in singoli reparti, ognuno dei quali provvede alla vendita di un solo tipo di prodotti, e non può in un unico contesto di tempo attendere ad operazioni di vendita anche in altri reparti, senza creare vuoti ed altri non piccoli inconvenienti.

La circostanza poi che il personale dirigente, amministrativo, di custodia, etc. potrebbe, in ogni caso, rimanere impegnato costituisce un inconveniente di portata quantitativamente minore, eliminabile con opportuni e meno dispendiosi turni, mentre non può escludersi che l'inconveniente si presenti anche negli esercizi commerciali medi o piccoli: si pensi al personale eventualmente necessario alla custodia del magazzino, anche se chiuso, e alla sorveglianza di macchinario a continuo funzionamento.

3. - Non può non aggiungersi che appare esatto l'assunto della Regione, secondo cui la norma impugnata, vietando ai grandi magazzini, che hanno anche un settore dedicato alla vendita di generi alimentari, di continuare l'attività quando la generalità degli altri esercizi destinati alla vendita di generi alimentari, in modo esclusivo o prevalente, osserva il turno di riposo, mira ad evitare che i primi facciano dannosa concorrenza ai secondi e risponde pertanto ad una finalità che non é estranea anche alla normativa statale (arg. ex art. 12 legge 11 giugno 1971, n. 426), finalità di impedire che nel campo della distribuzione si creino a vantaggio di alcune grandi imprese situazioni di privilegio tali da alterare l'equilibrio fra le varie forme di attività commerciale.

Si potrebbe osservare che la norma regionale é, sul punto, in contrasto con quella della legge nazionale. Ma non può d'altra parte negarsi che nell'esercizio dei poteri già riconosciutile da questa Corte in materia, la Regione siciliana possa, nell'apprezzamento di situazioni locali, e cioé proprie del commercio dell'isola, adottare decisioni diverse da quelle del legislatore nazionale, ma comunque non contrastanti con precetti costituzionali, pervenendo così, nella specie, a soluzioni che favoriscano in taluni limiti accettabili i piccoli e medi esercizi di vendita di generi alimentari dei quali non può essere negata la rilevanza sociale anche rispetto alle grandi organizzazioni commerciali.

Ed é appena il caso di aggiungere che, di fronte all'appagamento di esigenze di spiccato carattere sociale, non possono non passare in secondo piano l'interesse individuale del consumatore ad acquistare, in una sola occasione, prodotti di generi diversi e quello, del pari individuale, dell'imprenditore, inerente alla scelta delle soluzioni organizzative meglio rispondenti alla efficienza della propria azienda (sent. n. 111 del 1974).

4. - Concludendo, si deve concordare con la precedente decisione di cui alla sentenza n. 76 del 1972 di questa Corte e riaffermare, anche di fronte alle nuove censure dell'ordinanza in epigrafe, la non fondatezza, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, della questione in quanto la norma deriva da scelta non irrazionale del legislatore regionale siciliano.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma secondo, della legge regionale siciliana 16 maggio 1972, n. 30 (Disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio), sollevata, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 marzo 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 12 marzo 1975.