Sentenza n. 51 del 1975
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SENTENZA N. 51

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18, terzo comma, ultima parte, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), promosso con ordinanza emessa il 25 novembre 1972 dal pretore di Bolzano nel procedimento penale a carico di Bertoldi Mauro ed altri, iscritta al n. 52 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 88 del 4 aprile 1973.

Udito nella camera di consiglio del 9 gennaio 1975 i1 Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi.

Ritenuto in fatto

Nel procedimento penale a carico di Mauro Bertoldi, Gilberto Gabrielli, Bruno Lovera e Silvano Bassetti, imputati della contravvenzione di cui all'art. 18, commi primo e terzo, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), per avere promosso una riunione in luogo pubblico senza averne dato il prescritto preavviso al questore, ed i primi due anche della contravvenzione di cui alle stesse norme per avere preso la parola nella predetta riunione, il pretore di Bolzano ha ritenuto in contrasto con l'art. 21 della Costituzione l'art. 18, comma terzo, ultima parte.

Posto che la norma, alla luce della sentenza di questa Corte n. 90 del 1970, "va intesa nel senso che sono punibili solo coloro che prendono la parola pur essendo a conoscenza dell'omissione del preavviso", secondo l'ordinanza del giudice a quo del 25 novembre 1972, l'illegittimità costituzionale di detta norma si avrebbe nella parte in cui prevede come illecito penale il fatto di prendere la parola anche quando "esso non realizzi una attività di promozione della riunione o di concorso in detta attività, come tale quindi autonomamente punibile in base all'art. 18, terzo comma, prima parte". Il fatto di prendere la parola in quanto esercizio di una libertà costituzionalmente garantita, non potrebbe, infatti, acquisire carattere di illecito penale salvo che non realizzi la detta attività.

Notificata, comunicata e pubblicata l'ordinanza, davanti a questa Corte non si é avuta alcuna costituzione di parte e non ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri; e la causa é stata, per ciò, trattata in camera di consiglio.

Considerato in diritto

1. - Il pretore di Bolzano, con l'ordinanza indicata in epigrafe, solleva, in riferimento all'art. 21, comma primo, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 18, comma terzo, ultima parte, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), secondo cui sono puniti (con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da lire quarantamila a lire centosessantamila) coloro che nelle riunioni in luogo pubblico o aperto al pubblico promosse senza che ne sia stato dato avviso, almeno tre giorni prima, al questore, prendono la parola essendo a conoscenza dell'omissione del preavviso.

2. - Il giudice a quo, a proposito della norma denunciata, da lui intesa nel senso ora detto ed in conformità alla pronuncia di questa Corte emessa con la sentenza n. 90 del 1970, ritiene che essa comprenda in sé e consideri come penalmente illecite due ipotesi a seconda che il fatto di prendere la parola nelle dette riunioni realizzi o non realizzi un'attività di promozione della riunione o di concorso in detta attività. E sostiene che quel fatto, nel primo caso, integri un comportamento autonomamente punibile in base all'art. 18, comma terzo, parte prima, in quanto realizzazione dell'indicata attività, e che la relativa norma non sia costituzionalmente illegittima; e di contro, che la violazione dell'art. 21 della Costituzione si avrebbe là ove la norma assume come penalmente illecita la seconda delle dette due ipotesi.

La questione così proposta appare non fondata.

Giova tenere presente che con la ricordata sentenza n. 90 del 1970, questa Corte, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale, e sempre per contrasto con l'art. 21 della Costituzione, dell'art. 18, comma terzo, ultima parte, del citato t.u., ha distinto, tra coloro che partecipano ad una riunione per cui é mancato l'avviso previsto dal primo comma, quelli che prendono la parola dai semplici intervenuti; ed in modo implicito, ha considerato a parte i promotori della riunione che prendono la parola. E che con la detta sentenza la norma denunciata é stata dichiarata illegittima "nella parte in cui non limita la previsione punitiva a coloro che prendono la parola essendo a conoscenza dell'omissione di preavviso".

Va quindi rilevato che ora si vorrebbe ulteriormente ridurre la portata della previsione normativa, facendo rientrare, come si é detto, una delle due ipotesi prospettate dal giudice a quo e precisamente la prima, nell'ambito del primo comma dell'articolo I8, e mirandosi ad una pronuncia di incostituzionalità per quanto concerne la seconda ipotesi.

Ma in contrario non può non osservarsi che a sostegno dell'impugnativa della parte della norma relativamente alla quale con la precedente sentenza la questione é stata in sostanza considerata non fondata, il pretore di Bolzano non ha portato nuovi argomenti né ha prospettato la questione sotto nuovi profili, essendosi limitato a dire che il fatto di prendere la parola in una delle anzidette riunioni, per una persona che sia a conoscenza dell'omissione del necessario preavviso, "in quanto esercizio di una libertà costituzionalmente garantita, non può acquisire carattere di illecito penale" e che la detta questione appariva meritevole di riesame.

Alla Corte, pertanto, non rimane che stare alla sua precedente decisione, con la dichiarazione di non fondatezza della questione come sopra proposta.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, comma terzo, ultima parte, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), sollevata, in riferimento all'art. 21 della Costituzione, dal pretore di Bolzano con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 6 marzo 1975.