Sentenza n. 41 del 1975
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SENTENZA N. 41

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott- Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica 2 febbraio 1970, n. 62, e 18 febbraio 1971, n. 18, recanti modifica e aggiornamento di disposizioni legislative in materia doganale, promosso con ordinanza emessa il 27 gennaio 1972 dal pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Bondi Bettina e Bonazzi Cesare, iscritta al n. 157 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 165 del 28 giugno 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 18 dicembre 1974 il Giudice relatore Nicola Reale;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con atto notificato in data 29 novembre 1971 la signora Bettina Bondi, premesso di aver svolto per oltre un anno l'attività tipica dei procuratori doganali nell'interesse del dott. Cesare Bonazzi, spedizioniere autorizzato, senza peraltro essere stata da lui accreditata in dogana, lo conveniva in giudizio innanzi al pretore di Bologna e ne chiedeva la condanna al risarcimento dei danni subiti per non aver potuto beneficiare, a causa del mancato accreditamento, dell'applicazione dell'art. 126, comma primo, del d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18, emesso in attuazione della delega conferita al governo con legge 23 gennaio 1968, n. 29, per la modifica e l'aggiornamento delle disposizioni legislative in materia doganale. L'articolo suddetto prevede particolari agevolazioni per l'acquisto della qualità di spedizioniere doganale da parte dei procuratori doganali che al 30 giugno 1971 risultino ammessi da almeno un anno ad operare in dogana in qualità di speciali procuratori di commercianti o di spedizionieri doganali ai sensi dell'articolo 38, primo comma, del r.d. 13 febbraio 1896, n. 65.

Il pretore, accogliendo un'eccezione del convenuto, ha sollevato, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale del già citato d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18, nel suo complesso ed, in particolare, degli artt. 122,123 e 126 nonché del d.P.R. 2 febbraio 1970, n. 62, contenente, al pari del primo, modificazioni e aggiornamento di disposizioni legislative in materia doganale in attuazione della legge delega 23 gennaio 1968, n. 29.

2. - Nel giudizio non vi é stata costituzione di parte ma é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con foglio di deduzioni depositato il 10 luglio 1972, le cui conclusioni si precisano in una richiesta di declaratoria di infondatezza di tutte le questioni sollevate.

Considerato in diritto

1. - Nell'ordinanza di rimessione l'incostituzionalità in toto del d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18, e del d.P.R. 2 febbraio 1970, n. 62, é prospettata sotto un duplice profilo. Si afferma infatti che il Governo, nell'esercizio del potere legislativo delegato conferitogli con la legge 23 gennaio 1968, n. 29, avrebbe violato i principi di cui agli artt. 76 e 77 Cost. sia perché l'esercizio della delega sarebbe stato frazionato in più provvedimenti legislativi (e cioé nei due suddetti decreti) senza che il legislatore delegato avesse conferito, nella materia in questione, poteri delegati distinti, e sia perché nel d.P.R. n. 18 del 1971 non si sarebbe data attuazione ai punti 13,25, seconda parte, e 26 dell'art. 2 della legge di delegazione.

2. - La prima questione é evidentemente infondata, ben potendo il Governo dare attuazione alla delega conferitagli attraverso una pluralità di distinti decreti legislativi purché emanati, come nella specie é avvenuto, entro i limiti di tempo stabiliti.

Nemmeno sono fondate le censure per l'attuazione soltanto parziale della delega, da tale circostanza potendo semmai derivare una responsabilità politica del Governo verso il Parlamento, quando la delega abbia carattere imperativo, ma non anche la illegittimità costituzionale delle norme frattanto emanate, sempre che, per il loro contenuto, non siano tali da porsi in contrasto con i principi ed i fini della legge di delegazione.

Ma non é questo il caso di specie. Invero, quanto all'omessa attuazione, nel decreto n. 18 del 1971, dei punti 13 e 25 seconda parte (concernenti, rispettivamente, agevolazioni a favore dell'attività peschereccia nazionale e l'emissione di documenti doganali e relativi duplicati in caso di smarrimento e di distruzione), può osservarsi che trattasi di oggetti che (come si riconosce nell'ordinanza di rimessione) riguardano la disciplina di settori specifici e secondari, non incidenti sulla organicità del sistema risultante dai principi e dai criteri direttivi della legge di delegazione.

Pertanto la mancata attuazione della delega, in ordine ad essi, non potrebbe mai comportare l'invalidazione di tutta la legge delegata.

E ciò a prescindere dal rilievo, non privo di valore, che le materie cui essi si riferiscono sono state oggetto recentemente di apposita disciplina, per quanto riguarda l'attività peschereccia, con il regolamento CEE n. 802 del 1968 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della CEE n. 148 del 1968) e, per quanto attiene alla emissione di documenti doganali e dei relativi duplicati, con la legge 4 gennaio 1968, n. 15, il che ha indotto il legislatore delegato a non adottare altri provvedimenti in materia com'è chiarito nella relazione di cui si farà cenno nel numero seguente.

3. - Né a diversa conclusione può giungersi per ciò che concerne la mancata attuazione del punto 26 che prevede un organico riordinamento della materia relativa alle sanzioni doganali. Anche in tal caso la non attuazione della delega, pur avendo riferimento ad un settore certamente non secondario della legge di delegazione, non é tuttavia tale da compromettere la riforma dell'ordinamento doganale di cui la legge in parola ha inteso promuovere l'attuazione e da determinare, conseguentemente, l'invalidazione dell'intera legge delegata, salvo eventuali disarmonie tra le leggi stralcio e la superstite normativa sanzionatoria; disarmonie di carattere parziale e costituenti lacune al caso eliminabili nei modi previsti dall'ordinamento, senza sacrificio dell'intera normativa.

Invero la materia doganale é assai vasta e complessa (come può desumersi anche dall'esame, sia pure sommario, dei ventotto punti in cui sono enunciati dall'art. 2 della legge in questione i principi e criteri direttivi cui avrebbe dovuto attenersi il legislatore delegato) ed abbraccia una serie di istituti, di prevalente carattere amministrativo, dei quali solo con evidente forzatura potrebbe sostenersi l'inscindibilità rispetto al settore concernente le violazioni doganali: basti pensare alle disposizioni sull'organizzazione dei servizi doganali, a quello sulla rappresentanza in dogana e, più in generale, sulla obbligazione tributaria doganale. Ed in effetti tale complessa materia é stata solo di recente riunita in un solo testo normativo (e precisamente nel d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, che ha approvato il testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, trasferendo, fra l'altro, nel suo titolo VII "Delle violazioni doganali", il titolo IX "Dei reati doganali", che faceva parte della legge doganale 24 settembre 1940, n. 1424, integralmente abrogata dall'art. 352 del t.u.) mentre per il passato numerosi settori, e non certo secondari, quale ad esempio, quello concernente le controversie doganali, trovavano la propria disciplina in appositi testi normativi (r.d. 9 aprile 1911, n. 330, e successive modificazioni).

Del resto la stessa legge delega n. 29 del 1968 non esaurisce l'intera materia doganale, com'é fatto palese dal secondo comma dell'art. 1 (che esclude dalla delega alcune materie) e dal primo comma dell'art. 2 (che fa salve le disposizioni relative al regime daziario stabilito dalla tariffa dei dazi doganali di importazione) e com'é comprovato, altresì, dalla circostanza che la riforma abbia trovato svolgimento anche attraverso altri provvedimenti normativi, quali ad es. il d.P.R. 27 dicembre 1969, n. 1130, ed il d.P.R. 30 dicembre 1969, n. 1133, emanati in attuazione della legge delega 13 ottobre 1969, n. 740, ed il cui contenuto é stato poi in un secondo momento sostanzialmente trasfuso nel già citato t.u. n. 43 del 1973.

Resta così confermata, anche sotto tale ulteriore profilo, l'infondatezza dell'assunto dell'ordinanza di rimessione secondo cui la mancata attuazione del punto 26 avrebbe determinato lo sviamento della legge delegata dal suo fine istituzionale e ne avrebbe provocato, conseguentemente, la totale invalidazione.

Non é inopportuno comunque osservare che l'omissione é stata determinata, fra l'altro, secondo quanto si legge nella relazione ufficiale illustrativa al d.P.R. n. 18 del 1971, dalla esigenza di coordinare la futura disciplina con i principi della riforma tributaria in itinere e di attendere l'esito degli studi e delle iniziative legislative in corso nel campo del diritto penale sostanziale e processuale.

La questione é quindi infondata sotto ogni riflesso.

4. - Per ragioni analoghe a quelle di cui ai nn. 2 e 3 vanno dichiarate infondate le censure, a detta del pretore subordinate, riguardanti il d.P.R. n. 62 del 1970.

5. - E quanto già rilevato vale a negare ogni fondamento anche a quelle concernenti l'art. 123, formulate sotto il profilo che detta norma - abrogando solo in parte la legge doganale n. 1424 del 1940 - si sarebbe posta in contrasto con la finalità, cui si ispira la legge delega, di dare un'organica e completa ristrutturazione di tutta la disciplina della materia doganale, laddove tale finalità é limitata alla sola materia delle sanzioni per la quale il legislatore delegato non ha provveduto.

6. - Le censure rivolte all'art. 122 in quanto esso avrebbe previsto, in mancanza di una specifica autorizzazione dell'autorità delegante, una vacatio legis più ampia di quella ordinaria sono prive di rilevanza poiché hanno riferimento ad una disposizione la cui applicazione non viene in considerazione nel caso di specie.

7. - In ordine, infine, al preteso vizio dell'art. 126 non può non essere ritenuta infondata la tesi del giudice a quo secondo cui il legislatore delegato, nel dettare una disciplina transitoria per i procuratori doganali avrebbe ecceduto dai confini della legge delega che al punto 5 dell'art. 2 sembrerebbe prevedere l'emanazione di norme transitorie solo a favore degli spedizionieri e non anche dei procuratori doganali.

L'art. 126 non può infatti essere considerato isolatamente ma va ricollegato agli artt. 20 e seguenti del d.P.R. n. 18 del 1971 (il cui contenuto é stato ora riprodotto senza varianti negli artt. 40 e segg. del t.u. n. 43 del 1973) che, in attuazione dei punti 5 e 6 dell'art. 2 della legge delega, hanno profondamente innovato la disciplina della rappresentanza in dogana.

Nell'ordinamento abrogato (art. 17 legge n. 1424 del 1940) la rappresentanza poteva essere conferita o a spedizionieri autorizzati ad agire in dogana o a persone munite di apposito mandato (procuratori).

Secondo le nuove disposizioni, invece, la rappresentanza per il compimento delle operazioni doganali può essere conferita esclusivamente ad uno spedizioniere doganale iscritto all'albo professionale e solo eccezionalmente può essere conferita ad uno spedizioniere doganale non iscritto nell'albo professionale, purché si tratti di un dipendente del proprietario della merce.

La figura del procuratore doganale, quale soggetto diverso dal titolare dei diritti e delle obbligazioni doganali e a lui legato da un rapporto di mandato, é così scomparsa nel nuovo ordinamento. Donde l'opportunità di dettare norme transitorie per far salve posizioni acquisite dai procuratori doganali che fossero accreditati in dogana prima della entrata in vigore della nuova disciplina.

D'altro canto non va dimenticato che il limite dei principi e dei criteri direttivi se serve a circoscrivere il campo della delegazione, sì da evitare che essa possa essere esercitata in modo divergente dalle finalità che la ispirarono, non esclude che il legislatore delegato possa valutare le particolari situazioni giuridiche della legislazione precedente che nella legge delegata devono trovare una nuova regolamentazione (Corte cost.16 gennaio 1957, n. 3).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 122 del d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18 sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, dal pretore di Bologna con l'ordinanza in epigrafe;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale del d.P.R. 2 febbraio 1970, n. 62, e del d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18, contenenti entrambi modifica e aggiornamento di disposizioni legislative in materia doganale in attuazione della legge di delegazione 23 gennaio 1968, n. 29, quanto al primo d.P.R. per intero, e quanto al secondo decreto, sia per intero sia con particolare riferimento agli artt. 123 e 126; questioni sollevate, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, dal pretore di Bologna con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO -  Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO

 

Depositata in cancelleria il 6 marzo 1975.