Sentenza n. 21 del 1975
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SENTENZA N. 21

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione Puglia, notificato il 27 maggio 1974, depositato in cancelleria il 31 successivo ed iscritto al n. 7 del registro 1974, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della delibera n. 1270 del 12 marzo 1974 con la quale la Commissione di controllo per la Regione Puglia ha annullato la deliberazione 4 febbraio 1974, n. 138, della Giunta regionale e il conseguente decreto del Presidente della Giunta 20 febbraio 1974, n. 498, di scioglimento del Consiglio di amministrazione e di nomina di un Commissario straordinario per la gestione provvisoria dell'Ente ospedaliero di Campi Salentina.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 4 dicembre 1974 il Giudice relatore Ercole Rocchetti;

uditi gli avvocati Antonio Sorrentino e Mario Troccoli, per la Regione, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

La Giunta della Regione Puglia, con deliberazioni 7 e 12 settembre 1973, scioglieva il Consiglio di amministrazione dell'ospedale di zona di Campi Salentina, ma tali deliberazioni, sottoposte alla Commissione di controllo di cui all articolo 125 Cost., venivano annullate in data 2 ottobre e 27 novembre stesso anno.

Con nuovo provvedimento in data 4 febbraio 1974, la Giunta, allegando fatti nuovi, rinnovava la pronuncia di scioglimento di quel Consiglio ed autorizzava il Presidente regionale a nominare un Commissario. Ed a tanto il Presidente provvedeva con atto 20 febbraio 1974.

Nella detta deliberazione, la Giunta, fra l'altro, dichiarava che il relativo atto, come pure quello presidenziale successivo di esecuzione, non dovevano essere e non sarebbero stati inviati alla Commissione di controllo di cui all'art. 125 Cost., perché non erano soggetti al relativo esame, per il motivo che il provvedimento di Giunta era atto preparatorio senza rilevanza esterna, il provvedimento presidenziale era atto monocratico, e il complesso degli atti realizzava una forma di controllo sostitutivo sugli organi.

Quanto sopra la Giunta sosteneva in contrasto con quello che il Ministero per le Regioni, con circolare 24 novembre 1972, regolarmente ricevuta dalla Regione Puglia, aveva comunicato agli enti interessati, che, in conformità del parere dell'Avvocatura, anche gli atti monocratici dovevano essere sottoposti a controllo.

La Regione, conformandosi a quanto esposto nella deliberazione della Giunta, non inviava per il controllo né tale delibera, né l'atto presidenziale di esecuzione e vi provvedeva soltanto, quando il Commissario ne faceva espressa richiesta, il 21 febbraio 1974.

In data 12 marzo 1974, la Commissione di controllo annullava i due atti per illegittimità e la Regione impugnava la deliberazione dell'organo di controllo con ricorso giurisdizionale al Tribunale amministrativo regionale.

Successivamente, con ricorso 27 maggio 1974, la Regione sollevava altresì conflitto di attribuzione davanti la Corte, sostenendo che, con la deliberazione di annullamento della Commissione di controllo, era stata invasa la sua competenza costituzionalmente garantita; e ciò per i seguenti motivi:

a) perché l'atto deliberativo della Giunta, come atto non terminale, non é assoggettabile a controllo se non quando lo é l'atto terminale, e unitamente ad esso;

b) perché il provvedimento del Presidente, essendo atto monocratico, non é soggetto a controllo, e ciò in quanto l'articolo 45 della legge 10 febbraio 1963, n. 62, assoggetta ad esso solo le "deliberazioni";

c) perché l'insieme dei due atti, essendo espressione del potere di controllo sugli organi ospedalieri, commesso alla Regione dall'art. 17 della legge 12 febbraio 1968, n. 132, non può essere sottoposto ad altro controllo da parte dell'organo statale, ex art. 125 Cost., perché non é concepibile un controllo sul controllo o controllo di secondo grado. Diversamente operando, si perverrebbe allo svuotamento della funzione regionale di controllo, che resterebbe, in ultima analisi, affidata allo Stato.

L'Avvocatura sostiene la inammissibilità del ricorso per tardività per i seguenti motivi:

a) perché - circa la questione degli atti monocratici - la Regione sapeva che doveva sottoporre a controllo anche quegli atti fin da quando ebbe a ricevere la circolare del Ministro delle Regioni che così disponeva, circolare cui il Presidente regionale con nota 22 dicembre 1972, replicava, contestando il punto di vista ministeriale;

b) per quanto attiene al secondo motivo, relativo alla assoggettabilità al controllo della Commissione degli atti di controllo della Regione dagli enti ospedalieri, l'Avvocatura rileva che i provvedimenti annullati, i quali in un primo tempo non furono trasmessi alla Commissione di controllo, furono inviati solo in seguito ad esplicita richiesta del Commissario del Governo: pertanto, poiché sin da questa data (21 febbraio 1974) si sarebbe verificata la lesione della competenza regionale, il ricorso anche sotto questo profilo dovrebbe ritenersi inammissibile per tardività.

Nel merito, la difesa dello Stato osserva che, alla stregua di una corretta interpretazione dell'art. 125 della Costituzione, tutti gli atti amministrativi a rilevanza esterna delle Regioni dovrebbero ritenersi sottoposti al controllo della apposita Commissione, sia che si tratti di atti collegiali, sia di atti monocratici.

Né questa conclusione é suscettibile di limitazione in considerazione della natura della attività regionale sottoposta a controllo, in quanto non sembra che dalla normativa costituzionale possa dedursi la esclusione degli atti regionali di controllo dal sindacato di legittimità della Commissione.

All'udienza di discussione le parti hanno illustrato oralmente le loro deduzioni e richieste.

Considerato in diritto

La Regione Puglia solleva conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato perché ritiene lesiva della sua competenza costituzionalmente garantita la deliberazione con la quale la Commissione di controllo annullava una deliberazione della Giunta regionale autorizzante il Presidente a sciogliere il Consiglio di amministrazione dell'ospedale di Campi Salentina e il decreto dello stesso Presidente che provvedeva in conformità.

Secondo la Regione, la deliberazione della Giunta, come atto preparatorio, non era di per sé soggetta ad alcun controllo, mentre il decreto presidenziale non doveva esservi sottoposto, sia perché atto monocratico e sia perché, essendo esso stesso un atto di controllo (repressivo sugli organi) non poteva essere suscettivo di altro controllo (o controllo di secondo grado) da parte dello Stato.

Il Presidente del Consiglio, a mezzo dell'Avvocatura generale, ha eccepito la tardività del ricorso, notificato il 27 maggio 1974, perché la invasione della competenza regionale, in rapporto agli atti da essa assunti e poi annullati, si sarebbe verificata da parte dello Stato con altri atti di data anteriore a quella della deliberazione di annullamento adottata il 12 marzo 1974 dalla Commissione di controllo, e pervenuta alla Regione il 4 aprile stesso.

In particolare, quanto alla pretesa dello Stato di sottoporre a controllo anche gli atti monocratici, si sostiene che di essa la Regione avesse avuto piena conoscenza fin dal 22 dicembre 1972, giacché sotto tale data, accusandone ricevuta, essa ebbe a contestare la circolare del Ministro per l'attuazione delle Regioni esprimente l'avviso che anche su quegli atti dovesse esercitarsi il controllo della competente Commissione.

Quanto poi all'altra pretesa dello Stato di sottoporre a controllo la deliberazione di Giunta autorizzante il Presidente regionale a sciogliere l'Amministrazione ospitaliera di Campi Salentina e l'atto presidenziale che provvedeva in conformità, di tale pretesa la Regione aveva avuta conoscenza fin dal 21 febbraio 1974, giacché sotto tale data il Commissario del Governo aveva fatto ad essa richiesta di quegli atti ai fini dell'esame da parte della detta Commissione, cui la Regione, in aderenza al suo punto di vista, aveva omesso di effettuarne l'invio.

La prima eccezione dell'Avvocatura, concernente la intempestività del ricorso in merito alla contestata questione della sottoponibilità a controllo degli atti monocratici, non può ritenersi fondata.

La circolare ministeriale, che si esprimeva in favore del controllo di tali atti, non poteva avere, di per sé, altro contenuto che quello di un parere, per quanto autorevole, in materia di interpretazione di ciò che si possa o si debba ritenere le norme di legge dispongano al riguardo. E poiché il parere del Ministro non ha alcuna efficacia vincolante né nei confronti della Regione né della Commissione di controllo, la quale avrebbe anche potuto decidere nel senso della non assoggettabilità al controllo dell'atto de quo, non può farsi riferimento alla data di comunicazione della circolare per dedurne la violazione della competenza regionale in materia.

La seconda eccezione dell'Avvocatura, circa l'atto che avrebbe consumato l'assunta lesione di competenza e la data sotto la quale essa si sarebbe verificata, é invece fondata.

Non può infatti apparir dubbio che, di fronte all'atteggiamento passivo della Regione - la quale ometteva l'invio degli atti in base al suo manifestato convincimento che essi non dovessero subire l'esame di controllo - e la richiesta degli stessi atti da parte del Commissario del Governo, Presidente della Commissione di controllo, organo dello Stato, diretta a sottoporli a tale esame, vi era un contrasto e una stridente incompatibilità, espressione di propositi e volontà confliggenti, idonei a determinare di per sé un'invasione della sfera di competenza alla quale la Regione afferma si estenda l'ambito dei propri diritti costituzionalmente protetti.

E poiché la richiesta degli atti da parte del Commissario avvenne sotto la data del 21 febbraio 1974, non può parimenti esser dubbio che il ricorso della Regione, notificato il 27 maggio stesso, fu proposto oltre il termine di sessanta giorni stabilito, a pena di decadenza, dall'art. 39, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile per tardività il ricorso di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO

 

Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1975.