Sentenza n. 9 del 1975
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SENTENZA N. 9

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1052 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 29 novembre 1972 dal pretore di Menaggio nel procedimento civile vertente tra Fraquelli Carlo e Giuseppe nei confronti di Fraquelli Angelo e Lazzari Maria, iscritta al n. 198 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 191 del 25 luglio 1973.

Udito nella camera di consiglio del 21 novembre 1974 il Giudice relatore Edoardo Volterra.

Ritenuto in fatto

Nel corso del procedimento civile vertente tra Fraquelli Carlo e Giuseppe nei confronti di Fraquelli Angelo e Lazzari Maria, il pretore di Menaggio, con ordinanza emessa il 29 novembre 1972, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1052 del codice civile in riferimento agli art. 3 e 44 della Costituzione.

Il giudice a quo premette che gli attori hanno esperito un'azione negatoria servitutis e che i convenuti, in via riconvenzionale, hanno chiesto la costituzione di una servitù coattiva di passo carraio sul fondo degli attori, stante la situazione d'interclusione del loro fondo. Premette ancora che dalle risultanze di fatto emerge che il fondo dei convenuti non é intercluso, e che quindi nella specie s'impone l'applicazione dell'art. 1052 del codice civile in luogo dell'invocato art. 1051.

Secondo il pretore, la disciplina delle due norme é simmetrica, ma le condizioni di applicabilità della tutela accordata dalla legge all'interessato sono assai diverse; nell'un caso han rilevanza "la coltivazione e il conveniente uso del fondo" (cioé un amplissimo concetto di utilitas) a far sorgere un diritto al passo; nel secondo caso occorrono le "esigenze dell'agricoltura e dell'industria" (concetto ben più rigido e stretto) a far sorgere una "speranza" nel favorevole esercizio di un potere delle autorità giudiziarie.

Si avrebbe quindi una disciplina diversa per situazioni pressoché identiche, poiché il fondo originalmente intercluso può conquistare (o d'un sol tratto, o persino a tratto successivo) l'accesso carraio alla via pubblica, sol che ciò serva al suo "conveniente uso"; il fondo che per avventura sia collegato alla via pubblica "da un sentierucolo da capre", percorribile a piedi dal suo proprietario, non può ottenere un passaggio adatto al suo conveniente uso se non quando ricorrano le esigenze dell'agricoltura e dell'industria.

Pertanto il pretore dubita della ragionevolezza di tale disciplina e assume una violazione del principio d'eguaglianza, poiché, se su un fondo vi é un passo ampliabile per usi carrai, vi sarebbe il diritto di ampliarlo, senza uscir fuori dallo spazio permissivo della disciplina dei fondi interclusi (art. l051 cod. civ.); se il passo non é ampliabile occorrerebbero le esigenze dell'agricoltura o dell'industria, a far sperare che si apra un altro passo. Possedere un "accesso alla via pubblica, inadatto, insufficiente e non ampliabile" (così l'art. 1052) significherebbe possedere "molto meno" che nel primo caso; significherebbe essere in uno stato di "interclusione carraia" molto peggiore, o almeno pari a quella del primo caso.

Quanto alla violazione dell'art. 44, essa si profilerebbe, non perché da tale norma possa misurarsi volta a volta la coerenza di contenuto delle singole norme in tema di "vincoli e obblighi alla proprietà terriera privata", ma per via del coordinamento fra l'art. 44 e l'art. 3 della Costituzione, essendo evidente che nell'imporre obblighi e vincoli, la legge non può violare il principio primario dell'eguaglianza e, nell'interno stesso dell'art. 44, per l'esigenza di verificare il rispetto del fine posto dalla norma costituzionale, che é quello di "stabilire equi rapporti sociali".

Considerato in diritto

1. - Il giudice a quo solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 1052 del codice civile, nella parte in cui subordina a riconosciute esigenze dell'agricoltura e dell'industria la concessione di passaggio coattivo a favore di fondo non intercluso, ma provvisto di accesso sulla via pubblica inadatto o insufficiente. Ritiene infatti che la disposizione violi il principio di eguaglianza comparandola con la disciplina prevista dal terzo comma del precedente art. 1051, per il quale l'ampliamento del passaggio sulla via pubblica, ai fini del transito di veicoli a trazione meccanica, é sempre concesso ove risponda alle sole minori esigenze della coltivazione e del conveniente uso del fondo dominante. Poiché un fondo provvisto di accesso sulla via pubblica, sia pure attraverso passaggio sul fondo altrui, non può essere definito come intercluso e tale fattispecie, fra le altre, é compresa nel terzo comma dell'articolo 1051, l'applicazione dell'art. 1052 cod. civ., con l'aggravio che esso comporta, verrebbe in ultima analisi a dipendere irragionevolmente dalla possibilità in fatto di ampliare o meno un precedente passaggio, in null'altro al limite differenziandosi le ipotesi considerate dai due articoli ricordati.

Gli stessi argomenti condurrebbero anche a ravvisare la violazione dell'art. 44 Cost. per il quale la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera per conseguire il razionale sfruttamento del suolo e stabilire equi rapporti sociali.

2. - La questione é infondata.

Dinanzi a due diversi modi di comporre un contrasto di interessi tra titolari di situazioni giuridiche soggettive della stessa natura e dello stesso rilievo, modi che singolarmente considerati non confliggono con il dettato costituzionale né appaiono sforniti di intrinseca ragionevolezza, non spetta alla Corte propendere per l'uno o per l'altro, essendo in tal caso la scelta tra le due soluzioni adottate di natura squisitamente politica e pertanto rimessa alla piena discrezionalità del legislatore.

Ora, se pure é esatto, come il pretore rileva e come é riconosciuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza, che l'ampliamento di passaggio su fondo altrui é concesso ricorrendo soltanto l'esigenza della coltivazione e del conveniente uso del fondo, mentre l'apertura di un nuovo passaggio - richiesta perché quello preesistente, anche su fondo altrui, non é ampliabile - é condizionata alle ben più gravi esigenze dell'agricoltura e dell'industria, i diversi requisiti previsti dal legislatore per subordinare la posizione del titolare di un fondo a quella di un altro - i quali entro certi limiti riflettono il maggior aggravio generalmente determinato dall'apertura di un nuovo - passaggio rispetto all'ampliamento del preesistente - non appaiono di per sé in contrasto con la Costituzione e corrispondono entrambi ad interessi ragionevolmente connessi con la proprietà fondiaria. Ogni ulteriore considerazione, come quella relativa alla presenza di altre esigenze - per es. turistiche, commerciali - che potrebbero far propendere per unificare in un modo o in un altro le diverse discipline, non rientra per sua natura nel giudizio di legittimità affidato a questa Corte.

3. - Gli stessi motivi valgono anche a dimostrare l'infondatezza della questione sotto il profilo dell'art. 44 della Costituzione. La disciplina introdotta dal legislatore con l'art. 1052 del codice civile per regolare la specie prevista, diversa, come si é detto, da quella oggetto dell'art. l051 stesso codice, non contrasta col fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1052 del codice civile, proposta con l'ordinanza in epigrafe dal pretore di Menaggio in riferimento agli art. 3 e 44 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI – Enzo CAPALOZZA – Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI – Leonetto AMADEI- Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI- Michele ROSSANO.

 

Depositata in cancelleria il 16 gennaio 1975.