Sentenza n. 275 del 1974
 CONSULTA ONLINE 


 

SENTENZA N. 275

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 217, secondo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare) e degli artt. 19 e 21 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 22 dicembre 1972 dal pretore di Prato nel procedimento penale a carico di Sguerra Anna, iscritta al n. 55 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 88 del 4 aprile 1973.

Udito nella camera di consiglio del 24 ottobre 1974 il Giudice relatore Giulio Gionfrida.

 

Ritenuto in fatto

 

In un procedimento penale per bancarotta semplice (art.217 cpv. r.d. 16 marzo 1942, n. 267) a carico di Anna Sguerra, dichiarata fallita con sentenza del tribunale 5 febbraio 1971, il pretore di Prato - rilevato che dalla svolta istruttoria era, in realtà, emersa la qualità di "piccolo imprenditore" dell'imputata e ritenuto che tale circostanza, idonea ex art. 2214 u.p. cod. civ. ad escludere l'obbligo di tenuta delle scritture contabili e, quindi l'illiceità penale della condotta della prevenuta, non poteva, però, essere da lui valutata, in quantoché, per consolidata interpretazione dell'art. 217 citato in relazione agli artt. 19 e 21 cod. proc. pen., "la sentenza civile dichiarativa di fallimento fa stato, nel giudizio penale per bancarotta, anche relativamente alla qualità di (non piccolo) imprenditore commerciale dell'imputato, siccome presupposto dell'accertato status di fallito" - con ordinanza 22 dicembre 1972, ritenutane la rilevanza in causa e la non manifesta infondatezza, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 217 cpv. r.d. 1942, n. 267, 19 e 21 cod. proc. pen., innanzi menzionati:

Ipotizzandone - in relazione alla esposta interpretazione (a suo avviso consentita dall'ambigua formulazione delle norme stesse) - il contrasto con i precetti costituzionali di cui agli artt. 25,24 e 3.

Ritualmente notificata, comunicata e pubblicata l'ordinanza de qua ed instaurato il giudizio innanzi alla Corte, non vi é stato in questo costituzione di parte né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione di legittimità costituzionale degli articoli 217 cpv. legge fallimentare, 19 e 21 cod. proc. pen. che questa Corte é chiamata a decidere - é sollevata, come si é detto, con riferimento agli artt. 25,24 e 3 della Costituzione, prospettandosi:

a) violazione del precetto del giudice naturale, sul presupposto che al giudice penale, investito del delitto di bancarotta, resterebbe sottratta la cognizione di un elemento costitutivo del reato stesso, l'accertamento, cioè, della qualità imprenditoriale dell'imputato, su cui fa stato la precedente sentenza civile dichiarativa di fallimento;

b) violazione, altresì, del diritto alla difesa, la quale, nel procedimento che si conchiude con la declaratoria di fallimento, non sarebbe sufficientemente garantita in favore del debitore; e ciò sotto un duplice profilo: da un lato, perché l'audizione del debitore non può assimilarsi a un vero e proprio interrogatorio previa contestazione dei fatti addebitati; e, dall'altro, per la non "tassatività" dell'assistenza di un difensore nell'interrogatorio davanti al tribunale fallimentare e per la mancata previsione, qualora il debitore non vi provveda, della nomina di un difensore di ufficio;

c) violazione, infine, in correlazione all'anzidetto secondo profilo concernente il diritto di difesa, anche del principio di eguaglianza, poiché, essendo appunto facoltativa l'assistenza tecnica nella fase preliminare di audizione del debitore in camera di consiglio - ex art. 15 legge fallimentare, come modificato a seguito della sentenza del 1970 n. 141 di questa Corte - sarebbe deteriore la posizione dell'imprenditore meno abbiente che, pur volendolo, non avrebbe, in concreto, i mezzi per munirsi di un proprio difensore.

2. - La questione, come prospettata in riferimento all'art. 25 della Costituzione, é già stata da questa Corte implicitamente ritenuta infondata con la sentenza del 1970 n. 141 citata (là dove questa ha, appunto, affermato la compatibilità con il precetto del giudice naturale della normativa sulla pregiudiziale civile nei reati fallimentari) ed é stata, comunque, dichiarata manifestamente infondata con la successiva ordinanza n. 59 del 1971.

Anche in relazione all'art. 24 della Costituzione, la questione di legittimità degli artt. 217 legge fallimentare, 19 e 21 cod. proc. pen. citati risulta, poi, già risolta con la sentenza di questa Corte n. 110 del 1972; la quale - anche in dipendenza della precedente parziale declaratoria di illegittimità degli artt. 15 e 147 legge fallimentare (da cui discende l'obbligo del tribunale di convocare l'imprenditore in camera di consiglio onde possa esercitare il proprio diritto di difesa anche con l'assistenza tecnica di un difensore: sent. del 1970 n. 141) - ha rilevato come, in effetti "in ordine alle condizioni oggettive e soggettive necessarie e sufficienti per la dichiarazione di fallimento" sia consentita all'imprenditore "un'ampia difesa" avendo egli a propria disposizione "i mezzi e i modi più adeguati a dimostrarne l'inesistenza o la non sufficienza sia nella fase anteriore alla dichiarazione di fallimento sia avverso la relativa sentenza e sino all'eventuale passaggio in giudicato di essa".

Né la questione può dirsi fondata sotto l'ultimo e nuovo profilo prospettato, secondo cui nell'ambito del diritto di difesa risulterebbe violato l'art. 3 della Costituzione.

Invero, il fatto che il diritto all'assistenza tecnica nel procedimento predetto si sostanzi nella mera facoltà dell'imprenditore di avvalersene - facoltà che, come si é detto, é stata ritenuta idonea a realizzare la garanzia della difesa con la sentenza del 1970 n. 141 - non comporta un pregiudizio per l'imprenditore meno abbiente, il quale, pur volendolo, non avesse i mezzi economici per munirsi di un difensore. Infatti tale ipotizzata situazione non é, nel sistema, priva di correttivi e trova, anzi, specifico rimedio nell'istituto del gratuito patrocinio.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 217, secondo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), 19 e 21 del codice di procedura penale sollevata, con l'ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento all'art. 25 della Costituzione;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale delle norme medesime, sollevata, nella stessa ordinanza, in riferimento agli artt. 24 e 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria l'11 dicembre 1974.