Sentenza n. 266 del 1974
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SENTENZA N. 266

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 3, n. 5, e 4, n. 3, della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 10 aprile 1972 dalla Corte d'appello di Napoli nel procedimento penale a carico di Spiniello Ambrogio ed altri, iscritta al n. 250 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 240 del 13 settembre 1972;

2) ordinanza emessa il 16 ottobre 1972 dal tribunale di Bologna nel procedimento penale a carico di Gottuso Santi, iscritta al n. 363 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 329 del 20 dicembre 1972;

3) ordinanza emessa il 10 gennaio 1973 dal tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Di Nisio Attilio, iscritta al n. 51 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 81 del 28 marzo 1973;

4) ordinanza emessa il 14 dicembre 1972 dalla Corte d'appello di Bologna nel procedimento penale a carico di Monari Agostino, iscritta al n. 88 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 119 del 9 maggio 1973;

5) ordinanza emessa il 30 gennaio 1973 dal tribunale di Pescara nel procedimento penale a carico di Eboli Ugo, iscritta al n. 101 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 126 del 16 maggio 1973;

6) ordinanza emessa il 6 marzo 1973 dal tribunale di Pescara nel procedimento penale a carico di Lupo Domenico, iscritta al n. 160 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 169 del 4 luglio 1973;

7) ordinanza emessa il 10 marzo 1973 dalla Corte d'appello di Bologna nel procedimento penale a carico di Belletti Loris, iscritta al n. 181 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 176 dell'11 luglio 1973;

8) ordinanza emessa il 30 ottobre 1973 dal giudice istruttore del tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Bruzzesi Giuseppe, iscritta al n. 441 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35 del 6 febbraio 1974;

9) ordinanza emessa il 5 luglio 1973 dalla Corte d'appello di Bologna nel procedimento penale a carico di Bisi Adamo, iscritta al n. 88 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 89 del 3 aprile 1974.

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 2 ottobre 1974 il Giudice relatore Enzo Capalozza;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un procedimento penale a carico di Ambrogio Spiniello ed altri, condannati in primo grado dal tribunale di Avellino per sfruttamento di prostitute, la Corte d'appello di Napoli, con ordinanza 10 aprile 1972, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale dell'art. 3, n. 5, della legge 20 febbraio 1958, n. 75, in quanto la norma, configurando come reato soltanto l'induzione alla prostituzione della donna e non quella dell'uomo, cioè stabilendo una distinzione, per sole ragioni di sesso, violerebbe il principio costituzionale di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.

2. - La medesima questione é stata sollevata, con ordinanza 30 ottobre 1973, dal giudice istruttore del tribunale di Milano, nel procedimento a carico di Giuseppe Bruzzesi, per aver sfruttato la prostituzione della propria moglie.

La difesa dell'imputato aveva eccepito anche l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, n. 3, della legge che prevede l'aggravamento della pena allorché il colpevole del fatto di lenocinio sia il marito, ma il giudice istruttore ha ritenuto manifestamente infondata la relativa questione, perché l'aggravante sarebbe giustificata dalla posizione di ancora palese inferiorità di fatto della donna, nell'ambito del rapporto coniugale.

Per quanto invece concerne il denunziato art. 3, n. 5, il giudice a quo trae argomento, fra l'altro, dalla mancanza di distinzione relativa al sesso della persona favorita, indotta o sfruttata, negli analoghi precetti, penalmente sanzionati, di cui ai nn. 4, 6 e 8 dell'art. 3 della legge in esame.

3. - Questione di legittimità sia dell'art. 3, n. 5, sia dell'art. 4, n. 3, é stata sollevata nel procedimento a carico di Attilio Di Nisio, imputato di aver favorito la prostituzione della moglie e di aver sfruttato quella di altra donna, dal tribunale di Milano, con ordinanza 10 gennaio 1973, in riferimento agli artt. 3 e 29 (secondo comma) della Costituzione, per disparità di tutela giuridico-penale, in ragione del sesso, tra persone che possono essere vittime di fatti di lenocinio, anche all'interno dell'ambito coniugale.

4. - In nessuno dei giudizi sopra indicati innanzi a questa Corte vi é stata costituzione di parte, né intervento della Presidenza del Consiglio dei ministri.

5. - Nel corso di altri sei distinti procedimenti penali rispettivamente a carico di Santi Gottuso, Adamo Bisi, Agostino Monari, Loris Belletti, Ugo Eboli e Domenico Lupo, ciascuno dei quali imputato di aver favorito e/o sfruttato la prostituzione della propria moglie, é stata sollevata questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 29 Cost., del solo art. 4, n. 3, della legge n. 75 del 1958, relativamente all'aggravante disposta per l'ipotesi che il colpevole sia il marito, dal tribunale di Bologna, con ordinanza 16 ottobre 1972, dalla Corte d'appello di Bologna, con ordinanze 5 luglio 1973,14 dicembre 1972 e 10 marzo 1973, e dal tribunale di Pescara, con ordinanze 30 gennaio e 6 marzo 1973.

Nessuna delle parti private si é costituita dinanzi a questa Corte.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, é intervenuto nei due primi giudizi, promossi dal tribunale e dalla Corte d'appello di Bologna - rispettivamente con l'ordinanza 16 ottobre 1972 e con l'ordinanza 5 luglio 1973 - mediante due distinti atti, nei quali, con argomentazioni sostanzialmente identiche, chiede che la questione sia dichiarata non fondata, non mancando, per altro, di prospettarne la irrilevanza.

Al riguardo, fa presente che le censure avanzate contro la disposizione denunziata (che ha reso la dizione dell'articolo 531, ultimo comma, n. 2, del codice penale e quella analoga di una legge francese del 1946) potrebbero, in ipotesi, riguardare una sua lacuna, che, pur se fosse eliminata, non influirebbe sulla decisione dei pendenti giudizi penali (sentenze n. 82 del 1967 e n. 60 del 1972 di questa Corte).

Nel merito, l'Avvocatura deduce che in un contesto familiare dai contorni sufficientemente ben definiti, quale é quello attuale nel nostro Paese, la prostituzione del marito é ipotesi eccezionalissima, e appunto come tale non contemplata, alla stregua di un realistico criterio di politica criminale del legislatore, che ha voluto invece tener conto delle dimensioni vaste e gravi della prostituzione femminile.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le nove ordinanze concernono questioni identiche o analoghe e, pertanto, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza. 2. - Il dubbio di legittimità costituzionale investe l'articolo 3, n. 5, e l'art. 4, n. 3, della legge 20 febbraio 1958, n. 75, nella parte in cui la prima norma non prevede l'induzione alla prostituzione di un uomo (di età maggiore) e la seconda non contempla l'aggravante col raddoppio della pena, allorché colpevole del fatto di reato sia il marito.

3. - I giudici a quibus hanno denunziato il contrasto delle norme ridette con il solo art. 3 o con l'art. 3 e con l'art. 29 della Costituzione, a motivo del diverso trattamento punitivo per ragioni di sesso (art. 3) e, in particolare, per violazione dell'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi (art. 29).

4. - Tenuto fermo che - come é stato sostenuto in dottrina e riconosciuto dalla giurisprudenza della Cassazione - la legge n. 75 del 1958 reprime, nel suo complesso, lo sfruttamento della prostituzione altrui, sia femminile che maschile, essendo la maggioranza delle ipotesi di reato formulate senza riferimento al sesso maschile o femminile (si vedano l'art. 3, nn. 1, 2, 3, 4, 6, 7, 8; l'art. 4, nn. 1, 2, 4, 5, 6, 7, e, in parte, anche n. 3; l'art. 5) e richiamandosi l'art. 2 all'art. 190 del t.u. di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 773, che non distingue tra casi di meretricio femminile e maschile, va preliminarmente valutata l'eccezione di irrilevanza avanzata dall'Avvocatura generale dello Stato. Eccezione che si appalesa fondata, perché le ordinanze non denunziano vizi delle ipotesi normative penalmente sanzionate, quanto piuttosto una (duplice) lacuna della disciplina penalistica contenuta rispettivamente nei più volte citati artt. 3 e 4 della legge n. 75 del 1958: di tal che, essendo, nelle fattispecie, tutti gli imputati di sesso maschile, la eventuale declaratoria di illegittimità delle due norme non avrebbe alcuna influenza sulla decisione dei giudizi di merito. Conclusione, questa, conforme a numerosi precedenti della Corte (sentenze n. 82 del 1967

, n. 60 del 1972, ecc.).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, n. 5, e 4, n. 3, della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (Abolizione della regolamentazione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 novembre 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 27 novembre 1974.