Sentenza n. 257 del 1974
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SENTENZA N. 257

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti promossi con ricorsi del Presidente della Regione Toscana, rispettivamente notificati il 23 novembre ed il 20 dicembre 1973, depositati in cancelleria il 30 novembre ed il 29 dicembre 1973 ed iscritti ai nn. 15 e 16 del registro 1973, per conflitti di attribuzione sorti a seguito dei decreti del Ministro per l'agricoltura e le foreste 26 luglio 1973 e 22 gennaio 1973, che hanno rese esecutive, a norma del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267, la deliberazione n. 407 adottata dalla Camera di commercio di Lucca il 6 settembre 1972 e la deliberazione n. 263 adottata dalla Camera di commercio di Livorno il 31 agosto 1970, aventi per oggetto modifiche alle prescrizioni di massima e di polizia forestale vigenti in dette province.

Udito nell'udienza pubblica del 2 ottobre 1974 il Giudice relatore Angelo De Marco;

udito l'Avv. Elia Clarizia, per la Regione Toscana.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con decreto 26 luglio 1973, il Ministro per l'agricoltura e foreste rendeva esecutiva la deliberazione 6 settembre 1972, n. 407, della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia di Lucca, avente ad oggetto modifiche alle prescrizioni di massima e di polizia forestale, vigenti per quella provincia.

Avverso tale decreto il Presidente pro-tempore della Giunta regionale toscana, debitamente autorizzato, ha proposto ricorso a questa Corte per conflitto di attribuzione con lo Stato con atto notificato il 23 novembre 1973 e depositato il 30 successivo.

A sostegno del ricorso vengono dedotti i seguenti motivi:

a) In tesi: violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione; dell'art.1, lett. a ed n, del d.-P.R. 15 gennaio 1972, n.11; dell'art. 2, primo comma, 7' ed 8' alinea della legge regionale toscana 5 giugno 1972, n. 10, anche in riferimento agli artt. 7, 8, 9 e 10 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267, e 19, 20 e 21 del r.d. 16 maggio 1926, n. 1126.

Con tale motivo, in sostanza, si sostiene la seguente tesi.

In conformità con l'art. 117 della Costituzione, che attribuisce alle Regioni a statuto ordinario la materia "agricoltura e foreste", l'art. 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, ha trasferito alle stesse Regioni le funzioni amministrative concernenti, tra l'altro, "le coltivazioni arboree ed erbacce e le relative produzioni" (lett. a) nonché "i boschi e le foreste, i rimboschimenti e le attività silvo pastorali" (lett. n).

Questa materia coincide con quella che, ai sensi dell'art. 10 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267, é affidata alla potestà di regolamentazione delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, mediante provvedimenti resi esecutivi dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste.

Ne consegue che quella potestà deve ritenersi trasferita alla Regione che, infatti, con propria legge integrativa 5 giugno 1972, n. 10, ha adottato una disciplina di detta materia del tutto conforme ai precetti degli artt. 7, 8 e 9 del r.d. n. 3267 del 1923.

Di qui la conseguenza che, se anche potesse ritenersi sopravvivente la potestà attribuita alle Camere di commercio dal citato art. 10, spetta alla Regione la competenza a rendere esecutivi i relativi provvedimenti.

Né può opporsi, in contrario, che l'art. 4, lett. g, riserva allo Stato la "sistemazione idrogeologica" e la "conservazione del suolo" perché la corretta interpretazione di tale norma - se non si vuole che la competenza regionale in materia resti sostanzialmente annullata - conduce a ritenere la limitazione di tale riserva agli interventi di rilievo nazionale o, quanto meno, interregionale ed alla adozione di programmi o di piani in grado di incidere nella politica generale del territorio.

Tanto, del resto, secondo la Regione ricorrente, troverebbe conferma nella sentenza di questa Corte n. 142 del 1972.

b) In ipotesi: violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione e dell'art. 4, lett. g, del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, in quanto, anche se potesse ritenersi che il potere di approvazione delle "prescrizioni di massima" s'inquadra nella sfera riservata allo Stato ai sensi dell'art. 4, lett. g, del d.P.R. n. 11 del 1972, vi sarebbe, in tale articolo, la previsione di una "competenza consultiva" a favore della Regione, competenza che é stata violata perché il Ministero dell'agricoltura e delle foreste ha accordata la impugnata esecutività senza "sentire la Regione".

2. - Con altro ricorso notificato il 20 dicembre 1973 e depositato il 29 successivo il Presidente della Giunta regionale toscana, debitamente autorizzato, ha impugnato il decreto del Ministero dell'agricoltura e delle foreste 22 gennaio 1973, con il quale é stata resa esecutiva la deliberazione della Giunta della Camera di commercio 31 agosto 1970, n. 263, di approvazione delle nuove "Prescrizioni di massima di polizia forestale per la provincia di Livorno" per motivi letteralmente identici a quelli dedotti a sostegno dell'altro ricorso e sopra indicati.

Con memoria depositata il 19 settembre 1974 il patrocinio della Regione Toscana illustra ampiamente il primo motivo di gravame, insistendo per l'accoglimento del medesimo sotto il profilo con detto motivo sostenuto.

 

Considerato in diritto

 

1. - I due ricorsi, come sopra proposti, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza, data la identità dei motivi a sostegno di essi dedotti.

2. - Per l'art. 1 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267 - avente per oggetto il riordinamento e la riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montuosi - sono sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di utilizzazione contrastante con le norme di cui ai successivi artt. 7, 8 e 9 possono, con danno pubblico, subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque.

I citati artt. 7, 8 e 9 dispongono, poi:

a) che per i terreni vincolati la trasformazione dei boschi in altre qualità di coltura e la trasformazione di terreni saldi in terreni soggetti a periodica lavorazione sono subordinate ad autorizzazione del Comitato forestale (ora Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura) ed alle modalità da esso prescritte caso per caso, allo scopo di prevenire i danni di cui all'art. 1;

b) che per tali terreni il Comitato forestale dovrà prescrivere le modalità del governo e della utilizzazione dei boschi e del pascolo nei boschi e terreni pascolativi, le modalità della soppressione e utilizzazione dei cespugli aventi funzioni protettive, nonché quelle dei lavori di dissodamento dei terreni saldi e della lavorazione del suolo nei terreni a coltura agraria, in quanto ciò sia ritenuto necessario per prevenire i danni di cui all'art. 1;

c) che nei terreni vincolati l'esercizio del pascolo debba essere, in ogni caso, soggetto ad alcune restrizioni tassativamente indicate.

Infine, l'art. 10 statuisce che le prescrizioni di massima di cui sopra, compilate in forma di regolamento dal Comitato forestale (ora Camera di commercio) sono rese esecutive dal Ministro per l'economia nazionale (ora Ministro per l'agricoltura e foreste).

Attuato l'ordinamento regionale, con il d.P.R. 13 gennaio 1972, n. 11, disciplinante il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, si é disposto - art. 1 - che le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato, in materia di agricoltura e foreste, sono trasferite, per il rispettivo territorio, alle Regioni a statuto ordinario, precisandosi che tale trasferimento riguarda, tra l'altro, le funzioni amministrative concernenti:

a) le coltivazioni arboree ed erbacee e le relative produzioni;

b) la bonifica integrale e montana, la sistemazione dei bacini montani, ecc.;

c) i boschi e le foreste.

Peraltro, l'art. 4 dispone che resta ferma la competenza degli organi statali, in ordine:

- alla classificazione e declassificazione di territori in comprensori di bonifica integrale e montana ed alla determinazione di bacini montani e zone depresse quando ricadono nel territorio di due o più regioni, sentite le regioni medesime; alla approvazione dei piani generali di bonifica e dei programmi di sistemazione dei bacini montani e delle zone depresse, sempre che ricadano nel territorio di due o più regioni, parimenti sentite le regioni medesime; alle opere pubbliche di interesse nazionale o interregionale;

- alla sistemazione idrogeologica, alla conservazione del suolo, sentite le regioni interessate.

3. - Dopo attuato il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario, in conformità con le norme sopra richiamate, delle funzioni amministrative statali, con due decreti del Ministero dell'agricoltura e foreste in data 26 luglio 1973 e 22 gennaio 1973, venivano rese esecutive, ai sensi dell'art. 10 del r.d. n.3267 del 1923, rispettivamente, la deliberazione n. 407 adottata dalla Camera di commercio di Lucca in data 6 settembre 1972, avente ad oggetto modifiche alle prescrizioni di massima e di polizia forestale vigenti per quella provincia e la deliberazione n. 263, in data 31 agosto 1970 della Camera di commercio di Livorno, avente per oggetto l'approvazione del testo delle nuove prescrizioni di massima e di polizia forestale per quella Provincia.

Avverso entrambi i decreti ministeriali suddetti ha proposto ricorso a questa Corte la Regione Toscana, sollevando conflitto di attribuzione, per i seguenti motivi:

a) in tesi: violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione: dell'art. 1, lett. a ed n, del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; dell'art. 2, primo comma, 7' e 8' alinea della legge regionale toscana 5 giugno 1972, n. 10, anche in riferimento agli artt. 7, 8, 9 e 10 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267, e 19, 20 e 21 del r.d. 16 maggio 1926, n. 1126, in quanto, con l'avvenuto trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative in materia di "coltivazioni arboree ed erbacee e relative produzioni" e di "boschi e foreste, rimboschimenti ed attività silvo- pastorali" la competenza a rendere esecutivi i provvedimenti di cui all'art. 10 del r.d. n. 3267 del 1923 é passata all'Assessorato regionale per l'agricoltura e foreste;

b) in ipotesi: violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione e dell'art. 4, lett. g, del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. I 1, in quanto, anche se si potesse considerare la tesi che il potere di approvazione delle "prescrizioni di massima" di cui alltart. 10 del r.d. n. 3267 del 1923 rientri nella sfera di attribuzioni riservate allo Stato dall'art. 4, lett. g, del d.P.R. n. 11 del 1972, la relativa deliberazione avrebbe dovuto essere adottata sentita "la Regione interessata", il che non é avvenuto.

4. - Così chiariti i termini della controversia si rileva.

Fin dall'entrata in vigore del d.P.R. n. 11 del 1972 la Regione Toscana ebbe ad impugnare come lesiva della sua autonomia, tra l'altro, la disposizione dell'art. 4, lett. g, di detto decreto.

Con sentenza n. 142 del 1972 questa Corte, peraltro, dichiarò non fondata tale impugnativa, sostanzialmente così argomentando:

La riserva a favore dello Stato stabilita dal detto art. 4, lettera g, riguarda materie che, mentre attengono all'agricoltura in modo soltanto marginale, in quanto interferiscono su settori ad essa non riconducibili, trascendono le stesse possibilità di azione riservate alla Regione e non possono venire congruamente regolate se non sulla base di interventi che obbediscono ad una visione unitaria, che, altresì' possano giovarsi di strumenti corrispondenti all'ampiezza che debbono assumere ove vogliano riuscire efficienti ed, infine, siano suscettibili di estendere i loro effetti con eguale efficacia su tutto il territorio dello Stato.

Si tratta, invero, di interventi di difesa dell'ambiente a prevenzione di ogni specie di danni provenienti da eventi naturali o da opere dell'uomo, atti a comprometterne l'integrità ed esigono un'attività continuativa e sistematica, esplicandosi con gli interventi più vari spesso sorpassanti i singoli ambiti territoriali.

Comunque, la disposizione denunziata, mentre dispone la riserva a favore dello Stato, impone, da un lato che l'esercizio dei suoi poteri venga preceduto dall'audizione del parere delle regioni interessate, dall'altro che siano fatti salvi gli interventi di queste ultime, in quanto non contrastanti con quelli statali.

Si sono, così, delineate le caratteristiche di un sistema che, armonicamente coordinando la sfera degli interessi statali, interregionali e strettamente regionali, consente e garantisce lo svolgimento di una politica nazionale ecologica, che mentre non potrebbe riuscire proficua se non poggiasse sulla base di un'organica programmazione valevole per l'intero territorio nazionale, lascia, poi, all'autonomia regionale margini sufficienti alla tutela di quella parte dell'ambiente più strettamente connessa agli interessi dell'agricoltura e foreste, contenuta entro il proprio territorio.

É di notevole interesse, al riguardo, che prima ancora dell'attuazione completa dell'ordinamento regionale, questa Corte, con sentenza n. 17 del 1966

, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 del r.d. n. 3267 del 1923, in riferimento agli artt. 3, 25 e 70 della Costituzione, ha identificato il fondamento giuridico della particolare potestà regolamentare, ponendo in evidenza che sono "esigenze esclusivamente o quasi esclusivamente tecniche a consigliare che la normazione della materia sia decentrata ad autorità locali".

Alla stregua di tali principi deve riconoscersi che la tesi principale della Regione ricorrente - secondo la quale la sfera di competenza statale di cui all'impugnato art. 4, lett. g, deve ritenersi limitata alla tutela di interessi a livello nazionale o interregionale - é fondata e che, quindi, i due ricorsi, come sopra proposti, debbono essere accolti.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara che spetta alla Regione Toscana la potestà di cui all'art. 10 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani) e, pertanto, annulla i decreti del Ministro per l'agricoltura e le foreste 22 gennaio 1973 e 26 luglio 1973, con i quali sono state rese esecutive le "Prescrizioni di massima e di polizia forestale", approvate rispettivamente con deliberazioni n. 263 del 31 agosto 1970 della Camera di commercio di Livorno e n.407 del 6 settembre 1972 della Camera di commercio di Lucca.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 novembre 1974.

Francesco Paolo BONIFACIO - Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 12 novembre 1974.