Sentenza n. 241 del 1974
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SENTENZA N. 241

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 56, secondo comma, e 58, primo comma, della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie), promosso con ordinanza emessa il 31 maggio 1972 dal pretore di Recanati nel procedimento civile vertente tra Riccio Vincenzo ed il Ministero delle finanze, iscritta al n. 247 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 240 del 13 settembre 1972.

Udito nella camera di consiglio del 30 maggio 1974 il Giudice relatore Vezio Crisafulli.

 

Considerato in fatto e in diritto

 

Nel corso di un procedimento civile vertente tra il sig. Riccio Vincenzo ed il Ministero delle finanze il pretore di Recanati, con ordinanza emessa il 31 maggio 1972, ha sollevato, in riferimento all'art. 113, primo e secondo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 56, secondo comma, e 58, primo comma, della legge 7 gennaio 1929, n. 4, recante "Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie", nella parte in cui essi escludono implicitamente ed esplicitamente ogni tutela giurisdizionale sia nei riguardi dell'ordinanza con cui l'intendente di finanza accerta l'esistenza di una violazione alle leggi finanziarie e determina, ai sensi dell'art. 55 della stessa legge, l'ammontare della pena pecuniaria a carico del responsabile, sia nei riguardi del decreto con cui il Ministro per le finanze provvede sul ricorso presentato contro detta ordinanza, nei casi in cui questo sia ammesso.

osserva la Corte che le due fattispecie previste nella normativa in esame vanno analiticamente considerate e danno luogo a distinte questioni di legittimità costituzionale.

La prima, in ordine logico, delle due questioni deve ritenersi fondata. Essa ha per oggetto la disposizione dell'art. 58 che, testualmente riferendosi al decreto ministeriale già ricordato, stabilisce nell'ultima parte del suo primo comma: "e contro di esso non é ammesso alcun gravame". E, come questa Corte ha già avuto occasione di affermare (cfr. sent. n. 141 del 1969), un "tale disposto contrasta con il principio costituzionale secondo cui contro gli atti della pubblica Amministrazione é sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria ed amministrativa", mentre, una volta "eliminato il predetto inciso, la discrezionalità in esame, del cui esercizio la pubblica Amministrazione deve dar conto, é certamente sindacabile in sede di controllo giurisdizionale di legittimità".

La rimanente questione concerne, invece, come si é poc'anzi accennato, l'art. 56, capoverso, dello stesso provvedimento legislativo, che si limita ad escludere il ricorso al Ministro per le finanze "contro le ordinanze relative a violazioni, per le quali la pena pecuniaria stabilita dalla legge non sia superiore nel massimo a lire diecimila", nulla peraltro disponendo in ordine alla possibilità o meno di una tutela giurisdizionale nei casi considerati. ora, dal mero silenzio del legislatore non può fondatamente dedursi nella fattispecie in esame la esclusione della normale tutela che, in base ai principi del nostro ordinamento, specificamente ribaditi nello stesso primo comma dell'art. 113 della Costituzione, deve ritenersi comunemente ammessa a garanzia del privato, nei confronti degli atti e provvedimenti amministrativi. In tal senso, perciò, rettamente interpretata, la disposizione non appare viziata da illegittimità costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 58, primo comma, ultima parte, della legge 7 gennaio 1929, n. 4, recante "Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie", limitatamente all'inciso "e contro di esso non é ammesso alcun gravame";

dichiara non fondata, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 56, secondo comma, della stessa legge, sollevata, in riferimento all'art. 113, primo e secondo comma, della Costituzione, dal pretore di Recanati con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 23 luglio 1974.