Sentenza n. 231 del 1974
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SENTENZA N. 231

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 79 del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797 (Testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari), in relazione al decreto legislativo luogotenenziale 21 novembre 1945, n. 722 (Provvedimenti economici a favore dei dipendenti statali), e successive modificazioni, promosso con ordinanza emessa il 19 novembre 1971 dal Consiglio di Stato - sezione IV - sul ricorso di Leuzzi Salvatore contro il Ministero degli affari esteri, iscritta al n. 175 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 158 del 21 giugno 1972.

Visto l'atto di costituzione di Leuzzi Salvatore;

udito nell'udienza pubblica del 1; maggio 1974 il Giudice relatore Leonetto Amadei.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso del 22 gennaio 1965, Salvatore Leuzzi, applicato di r.a. in servizio di alunno d'ordine, impugnava, presso il Consiglio di Stato, il provvedimento del 24 novembre 1964 del Ministero degli affari esteri, con il quale gli veniva, fra l'altro, negata la corresponsione della quota di aggiunta di famiglia per i fratelli a carico.

Nello stesso ricorso veniva contestata, in riferimento agli artt. 3,36 e 38 della Costituzione, la legittimità costituzionale dell'art. 79 del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, per il quale i dipendenti statali vengono esclusi dal beneficio degli assegni familiari per i fratelli a carico, previsto, invece, per gli altri lavoratori dipendenti, dall'art. 3, ultimo comma, della stessa legge.

La sezione IV del Consiglio di Stato, con ordinanza emessa il 19 novembre 1971, aderendo alla richiesta della difesa del Leuzzi, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del precitato art. 79 del d.P.R. 195S, n. 797, in connessione con la normativa sulle quote di aggiunta di famiglia di cui al d.l.1gt. 21 novembre 1945, n. 722, e successive modificazioni, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione.

La non manifesta infondatezza della questione poggia, per il Consiglio di Stato, su considerazioni così riassunte:

a) non sarebbe conforme al principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione, il trattamento differenziato previsto dall'art. 79 del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, tra lavoratori dipendenti dello Stato e lavoratori da esso non dipendenti, poiché il diritto agli assegni familiari, tanto nell'uno quanto nell'altro caso, sarebbe correlativo ad identica situazione oggettiva e soggettiva: l'esistenza, cioè, di un rapporto di lavoro dipendente e di fratelli a carico;

b) qualora si dovessero considerare gli assegni familiari come parte integrante della retribuzione, si avrebbe, altresì, una violazione dell'art. 36 della Costituzione; infatti, l'omessa corresponsione degli assegni per i fratelli a carico si risolverebbe, per il dipendente statale, in una diminuita capacità a garantire alla famiglia una esistenza libera e dignitosa, atteso l'obbligo agli alimenti anche per i fratelli bisognosi, sancito dagli artt. 433, n. 6, e 439 del codice civile.

Si é costituito il Salvatore Leuzzi presentando deduzioni conformi alle motivazioni contenute nell'ordinanza del Consiglio di Stato.

Non vi é stato intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - La disposizione cui si riferisce la proposta questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, é quella contenuta nell'art. 79 del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797: testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari.

Detto articolo prevede la non applicazione delle disposizioni del testo unico:

a) ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato;

b) ai dipendenti non di ruolo delle stesse amministrazioni ai quali sia assicurato per legge, regolamento o atto amministrativo un trattamento di famiglia;

c) al personale delle province, dei comuni, delle istituzioni pubbliche di beneficenza e degli altri enti pubblici il cui trattamento di famiglia sia pur esso disciplinato per legge, regolamento o atto amministrativo.

Si eccepisce, in relazione al caso specifico dal quale ha tratto origine l'ordinanza di rimessione, che tale articolo avrebbe determinato una non giustificabile diversità di trattamento, in tema di assegni familiari, tra dipendenti pubblici e dipendenti privati, non rendendo possibile l'estensione ai primi delle quote di aggiunta di famiglia per i fratelli a carico prevista, invece, a favore dei secondi dall'art. 3, ultimo comma, del testo unico.

In effetti la corresponsione ai dipendenti della amministrazione dello Stato delle quote di aggiunta di famiglia per i fratelli a carico non é prevista né dal d.l. 21 novembre 1945, n. 722, concernente il trattamento economico dei dipendenti statali, né dalle successive modifiche apportate al decreto anche dopo l'entrata in vigore del d.P.R. 797 del 1955.

La questione, esaminata nei limiti e nell'oggetto risultanti nella ordinanza di rinvio, non é fondata.

2. - Nella specie non poteva essere censurato l'art. 79 del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, ma eventualmente il decreto legislativo luogotenenziale 21 novembre 1945, n. 722 e i provvedimenti legislativi ad esso successivi, nella parte in cui si determina una disparità di trattamento in tema di aggiunta di famiglia tra prestatori di lavoro privato e prestatori di lavoro pubblico.

Il d.P.R. 797 del 1955 ha riunito in un testo unico, con contorni precisi, un complesso di norme che, nel quadro del diritto di lavoro, prevedevano e disciplinavano variamente e settorialmente la corresponsione degli assegni familiari nell'ambito dei rapporti di lavoro dipendente privato.

L'attuale ordinamento prevede una cassa unica per gli assegni familiari che trae il suo finanziamento da speciali contributi, variamente calcolati per i diversi settori produttivi e posti a carico dei datori di lavoro. I fondi vengono amministrati dall'Istituto nazionale della previdenza sociale.

La struttura del meccanismo, come risulta articolata nel testo unico, presenta un aspetto tipicamente assicurativo.

La legge prevede, inoltre, particolari procedimenti amministrativi contenziosi quale presupposto necessario alla tutela giurisdizionale del diritto del lavoratore a percepire gli assegni. La vigilanza in materia di applicazione delle norme é affidata al Ministero per il lavoro e la previdenza sociale.

Questa succinta analisi del t.u. pone in sufficiente risalto il contenuto e la portata delle norme in esso racchiuse anche in relazione ai soggetti interessati. Trattasi, in sostanza, di un testo normativo che ha una sua ben delineata e definita autonomia di contenuto e di efficacia, e, quindi, un soggetto specifico ben circoscritto: fornire una disciplina in materia degli assegni familiari nell'ambito del lavoro dipendente privato. Tale disciplina si ricollega alle origini dell'istituto, alla natura giuridica da esso assunta nel processo evolutivo ed estensivo provocato sia da interventi legislativi succedutisi nel tempo e sia, in modo determinante, dalle libere pattuizioni inserite via via nei contratti collettivi stipulati dalle varie categorie.

L'art. 79 del t.u. va visto, pertanto, come norma che esaurisce i suoi effetti esclusivi nell'ambito e nella struttura della legge che lo ha accolto e non esercita e non può esercitare nessun influsso su altre disposizioni legislative che disciplinano in via altrettanto autonoma settori di produzione di lavoro dipendente nell'ambito della struttura amministrativa dello Stato e delle sue diramazioni pubbliche.

Anche senza il richiamo delimitativo dell'art. 79, i dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici, nei cui confronti l'ordinamento giuridico prevede uno status particolare che regola e disciplina in modo a sé stante, tra l'altro, anche il trattamento economico in tutte le sue componenti e, di conseguenza, la stessa corresponsione degli assegni familiari - più precisamente chiamati quote di aggiunta di famiglia - non avrebbero potuto beneficiare delle disposizioni più favorevoli previste dal t.u. in esame per i lavoratori privati.

Consegue, da ciò, come premesso, che la proposta questione di legittimità costituzionale per la diversità di trattamento determinata, nel settore della corresponsione degli assegni familiari, tra dipendenti pubblici e dipendenti privati dalle rispettive autonomie normative, avrebbe dovuto avere ad oggetto gli ordinamenti giuridici del pubblico impiego che tale diversità statuiscono o comportano.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 79 del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797 (testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari) sollevata in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 17 luglio 1974.