Sentenza n. 227 del 1974
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SENTENZA N. 227

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente 

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4, 7, 19, 21 e 22 della Convenzione per la concessione da parte dello Stato alla RAI del servizio di radioaudizione e televisione circolare e del servizio di telediffusione su filo (approvata con d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180), e correlative norme del codice postale (r.d. 27 febbraio 1936, n. 645), promosso con ordinanza emessa il 9 dicembre 1972 dal pretore di Trasacco nel procedimento civile vertente tra le società SEDI e SAIE contro le società RAI-TV e SIPRA, iscritta al n. 106 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 133 del 23 maggio 1973.

Visti gli atti di costituzione delle società SEDI, SAIE, RAITV e SIPRA;

udito nell'udienza pubblica del 29 maggio 1974 il Giudice relatore Giuseppe Verzì;

uditi l'avv. Dario Di Gravio, per le società SEDI e SAIE, e l'avv. Antonio Sorrentino, per le società RAI-TV e SIPRA.

 

Ritenuto in fatto

 

Con atto depositato il 7 dicembre 1972 le società SEDI (società editrice distributrice internazionale) e SAIE chiedevano al pretore di Trasacco, ai sensi dell'art. 700 del codice di procedura civile di ordinare alle società RAI Radiotelevisione Italiana p.a. e SIPRA p.a., in via principale, di astenersi dal trattare o concludere accordi per la pubblicità sulla stampa; in subordine, di sospendere le trattative tra loro in corso in tale materia e di depositare gli incartamenti relativi al volume della pubblicità sulla stampa. Eccepivano altresì la illegittimità costituzionale del monopolio radiotelevisivo della pubblicità commerciale.

Con ordinanza 9 dicembre 1972 il suddetto pretore, accogliendo l'eccezione delle società istanti, ha sollevato, in riferimento all'art.,43 Cost., la questione di legittimità costituzionale del d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180 (e correlative norme del codice postale) "nella parte in cui approva e rende esecutivi gli artt. 4, 7, 19, 21 e 22 della concessione fra lo Stato e la società per azioni. RAI Radiotelevisione Italiana", in quanto tali articoli considerano la pubblicità radiotelevisiva "servizio pubblico essenziale", "fonte di energia" o "situazione di monopolio" con "carattere di preminente interesse generale".

Nel giudizio conseguito presso questa Corte si sono costituite le accennate società nonché la RAI Radiotelevisione Italiana.

É soprattutto dall'atto di costituzione delle società che possono desumersi i termini della questione prospettata dall'ordinanza di rimessione; la quale, del resto, si richiama espressamente ai motivi indicati dalla SEDI e dalla SAIE nel ricorso.

Secondo queste ultime, pur non essendo il decreto del Presidente della Repubblica n. 180 del 1952 né una legge in senso formale né un atto avente forza di legge, ma un regolamento esterno o giuridico, cioè una legge in senso materiale, é tuttavia come tale assoggettabile al giudizio di costituzionalità. Ne sarebbero conferma sia il contenuto, che consiste in una materia di interesse generale che riguarda rapporti giuridici esterni della pubblica Amministrazione, sia la procedura di emanazione, rispondente in pieno alle disposizioni di legge. Fra di esse, in particolare, la previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

Nel merito si rileva, in via generale, che non possono condividersi le argomentazioni addotte dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 59 del 1960, n. 81 del 1973 e n. 58 del 1965, a giustificazione del monopolio statuale dei servizi di radiodiffusione circolari e della concessione di tali servizi ad un ente privato quale la RAI. E al riguardo si ripetono le critiche mosse in dottrina a dette sentenze.

Più analiticamente, si fa presente che l'art. 4 della Convenzione Stato-RAI del 1952, prevede che la gestione della pubblicità radiotelevisiva possa essere affidata ad una società separata, fissando, altresì, alcune norme in ordine alla ripartizione del capitale azionario, ma nulla disponendo quanto al campo di attività della società medesima. E la RAI, profittando della carenza normativa, ne ha affidato la gestione alla SIPRA, onde assicurarsi una maggiore libertà di azione che le sarebbe mancata ove avesse gestito in proprio il settore pubblicitario.

Ma vi é da dubitare - si osserva - della legittimità costituzionale del monopolio della impresa pubblicitaria televisiva in rapporto all'art. 43 della Costituzione.

I presupposti di fatto cui detto articolo condiziona la facoltà dello Stato di servirsi di un determinato settore non ricorrono per l'impresa di pubblicità televisiva: non si tratta di fonte di energia, né di servizio pubblico, né di impresa monopolistica.

La illegittimità deriverebbe altresì dal contrasto con l'art. 41 della Costituzione, in quanto non si verifica per la ripetuta impresa nessuna delle ragioni che, a norma di tale articolo, possono determinare una limitazione della libertà di iniziativa privata.

L'art. 4 della Convenzione prevede - si chiarisce - la facoltà per la RAI di gestire la pubblicità radiotelevisiva a mezzo di separata società; il precedente art. 1 conclude affermando che l'esercizio dei servizi elencativi (radio, telediffusione, etc.) e di quanto altro serve esclusivamente al loro sviluppo e potenziamento, deve costituire lo scopo sociale esclusivo della RAI.

Da un punto di vista interpretativo, poiché l'art. 1 nella disposizione ad hoc, definisce il campo esclusivo di azione della RAI, il successivo art. 4 disponendo su di un diverso argomento, non può tacitamente derogare alla esplicita disposizione dell'art. 1.

Ciò implica che anche la società SIPRA é tenuta al rispetto di quella norma, ossia a svolgere esclusivamente le attività di gestione della pubblicità televisiva, con esclusione della trattazione di affari pubblicitari in altri settori. Al contrario, la SIPRA tratta affari pubblicitari nel campo della editoria, violando così, nel contempo, i doveri di monopolista ex lege e quelli di imprenditore privato nei confronti degli operatori economici concorrenti.

Secondo la difesa della RAI, nell'ordinanza di rimessione manca ogni motivazione sulla rilevanza della risoluzione della questione di legittimità costituzionale per la definizione del giudizio principale e, per giunta, l'omissione dell'esame di detta rilevanza riguarda proprio "le correlative norme del codice postale" alle quali il vice pretore ha esteso di ufficio il dubbio di costituzionalità. E, peraltro, tali norme non é dato individuare. Ma, soprattutto, il d.P.R. n. 180 del 1952 non é né legge, né legge delegata, ma un comune atto amministrativo; e come tale, sfugge al sindacato di legittimità della Corte.

Nel merito, la RAI osserva che se la censura del pretore si rivolge al fatto che la pubblicità radiotelevisiva sia stata attribuita in esclusiva alla RAI, si trascura un dato essenziale; e cioé che la pubblicità viene fatta con i mezzi che fanno parte del legittimo monopolio dello Stato per il servizio pubblico delle trasmissioni e che non si potrebbe pretendere che la pubblicità in casa dell'esercente tale servizio sia fatta da chicchessia. Se, poi, si vuole censurare che la RAI-TV abbia dato in esclusiva il servizio alla SIPRA, é evidente che ciò - illegittimo o legittimo che sia - non va apprezzato dal giudice di costituzionalità delle leggi.

 

Considerato in diritto

 

L'ordinanza del pretore di Trasacco solleva la questione di legittimità costituzionale del d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180, nella parte in cui approva e rende esecutivi gli artt. 4, 7, 19' 21 e 22 della Convenzione per la concessione da parte dello Stato alla RAI dei servizi di radio audizione e telediffusioni circolari, assumendo che tali norme sono in contrasto con l'art. 43 della Costituzione perché:

1) la pubblicità televisiva é stata riservata in monopolio pur mancando il fine di utilità generale, e la qualificazione di pubblico servizio essenziale o di fonti di energia;

2) le stesse disposizioni consentono che il servizio venga gestito in monopolio, in concreto, da soggetti diversi dallo Stato, enti pubblici, comunità di lavoratori od utenti.

La questione é inammissibile.

Il d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180, che é stato impugnato, non é né legge né atto avente forza di legge, per i quali la Corte può giudicare della costituzionalità a sensi dell'art. 134 della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180 (Approvazione ed esecutorietà della Convenzione per la concessione alla Radio Audizione Italia società per azioni del servizio di radioaudizioni e televisione circolare e del servizio di telediffusione su filo), sollevata con ordinanza del pretore di Trasacco del 9 dicembre 1972.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 10 luglio 1974.