Sentenza n. 179 del 1974
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SENTENZA N. 179

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 182 del Codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 22 febbraio 1972 dal giudice istruttore del tribunale di Napoli nel procedimento civile vertente tra Mormile Antonio ed altri contro Mormile Rocco ed altra, iscritta al n. 152 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 158 del 21 giugno 1972.

Udito nella camera di consiglio del 30 aprile 1974 il Giudice relatore Giulio Gionfrida.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di un giudizio civile in materia ereditaria, vertente tra Mormile Antonio, Mormile Rocco ed altri, il giudice istruttore presso il tribunale di Napoli - rilevato che i convenuti Crescenzo ed Orsola Mormile, si trovavano in situazione di evidente "conflitto di interessi", e ciò nonostante erano rappresentati e difesi (in virtù di distinti mandati) dal medesimo avvocato - con ordinanza 22 febbraio 1972, ritenutane la rilevanza in causa e la non manifesta infondatezza, ha, di ufficio, sollevato questione di legittimità, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dell'art. 182 del codice di procedura civile: nella parte in cui tale norma - relativamente ai vizi della rappresentanza (assistenza od autorizzazione) - non obbliga (a pena di nullità), bensì unicamente faculta il giudice istruttore ad assegnare, alla parte interessata, un termine per la regolarizzazione dei vizi stessi.

Tale apprestata disciplina sembrerebbe, invero, non garantire il diritto di difesa in tutta l'ampiezza ed estensione, quali volute dal precetto costituzionale invocato.

Ritualmente notificata, comunicata e pubblicata l'ordinanza de qua ed instaurato il giudizio innanzi alla Corte, nessuna delle parti si é in questo costituita.

 

Considerato in diritto

 

1. - La Corte costituzionale é chiamata a decidere se l'art. 182 cod. proc. civ. - secondo cui "quando rileva un difetto di rappresentanza (di assistenza o di autorizzazione), il giudice può assegnare alle parti un termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni" - contrasti o meno con il diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione, prospettandosi che questo possa trovare effettiva attuazione e garanzia unicamente attraverso la previsione di un dovere - e non della mera facoltà - del giudice istruttore di consentire la regolarizzazione del rilevato difetto.

2. - La questione non é fondata.

Pur prescindendo dalla problematicità dell'inquadramento del vizio della rappresentanza tecnica (quale nella specie in concreto rilevato) nel "difetto di rappresentanza" regolato dal comma secondo dell'art. 182 citato (e non nel "difetto di costituzione", di cui al comma primo della stessa norma) e pur, quindi, movendo dalla tesi interpretativa sostenuta dal giudice a quo, non si ravvisano, invero, ragioni di contrasto della norma impugnata con il precetto costituzionale dell'art. 24.

Sta di fatto innanzitutto che la giurisprudenza propende in genere per ritenere che la sanatoria ai sensi dell'art. 182, per quanto riguarda la legitimatio ad processum, ove non sia disposta dal g.i., possa sopravvenire anche nel corso delle ulteriori fasi del giudizio.

A parte ciò, é decisivo il rilievo che la facoltà di cui al capoverso della norma citata non si traduce in mero arbitrio: in quanto (come anche la lettura dei lavori preparatori chiaramente consente di desumere) risponde all'esigenza di "adeguare la ragione di equità alla varietà dei casi pratici".

Proprio tale varietà delle situazioni che in concreto al giudice possono prospettarsi, d'altra parte, vale a dimostrare l'irrazionalità della contraria previsione di un dovere di concessione del termine per la regolarizzazione. Infatti una tale previsione implicherebbe la automatica possibilità di sanatoria anche in casi (di domande, ad esempio, proposte abusivamente da chi non aveva la rappresentanza della parte), in cui il vizio della rappresentanza non appaia dipendente da errore scusabile: onde la sua regolarizzazione - oltreché pregiudicare l'interesse della parte contrapposta - finirebbe con il derogare al principio di ritualità del contraddittorio, oltre il limite in cui tale deroga appare consentita dalla concorrente esigenza di collaborazione tra il giudice e le parti.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 182, capoverso, del codice di procedura civile, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 giugno 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 19 giugno 1974.