Sentenza n. 167 del 1974
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SENTENZA N. 167

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente 

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 322, secondo comma, e 323, primo comma, del codice penale militare di pace, promosso con ordinanza emessa il 26 ottobre 1973 dal tribunale supremo militare nel procedimento penale a carico di Smoglian Umberto, iscritta al n. 14 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 del 6 marzo 1974.

Udito nella camera di consiglio del 16 maggio 1974 i1 Giudice relatore Enzo Capalozza.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di un procedimento penale a carico di Umberto Smoglian, il tribunale supremo militare, con ordinanza 26 ottobre 1973, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondato, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, il dubbio di legittimità costituzionale degli artt. 322, secondo comma, e 323, primo comma, del codice penale militare di pace, a motivo della loro ingiustificata difformità rispetto alle corrispondenti norme contenute negli artt. 277, primo comma, e 278 del codice di procedura penale, nel testo attualmente vigente.

Sulla prima norma denunziata - che esclude la facoltà del giudice militare di concedere la libertà provvisoria nei casi in cui é obbligatoria l'emissione del mandato di cattura - il tribunale, nel prospettare l'allegata violazione, fa presente, tra l'altro, che nella giurisdizione militare si palesa, in modo ancor più incidente, il criterio di affidare la concessione della libertà provvisoria alla valutazione di tutti gli elementi relativi alla concreta responsabilità penale.

Quanto al divieto di concedere il suddetto beneficio durante il giudizio davanti al tribunale supremo militare, di cui alla seconda norma denunziata, il giudice a quo, dopo aver negato che possano estendersi al rito militare le modificazioni apportate dalla legge 18 giugno 1955, n. 517, all'art. 278 cod. proc. pen., osserva che la sostanziale difformità che ne é derivata non potrebbe trovare alcun fondamento nella specialità del rito e darebbe, pertanto, luogo ad una ingiustificata sperequazione.

Nel giudizio innanzi a questa Corte non vi é stata costituzione della parte privata, né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il tribunale supremo militare ha sollevato due distinte questioni di legittimità costituzionale in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione: l'una concernente l'art. 322, secondo comma, del codice penale militare di pace sul divieto della concessione della libertà provvisoria nei casi previsti dall'art. 313 dello stesso codice (cioè in quelli in cui il mandato di cattura é obbligatorio); l'altra concernente l'articolo 323, primo comma, nella parte in cui esclude la facoltà di concedere la libertà provvisoria durante il giudizio dinanzi al tribunale supremo militare.

2. - La questione relativa al denunziato art. 322, secondo comma, é stata già risolta da questa Corte con sentenza n. 68 del 1974, che ha dichiarato costituzionalmente illegittima la norma, dato che "la carcerazione preventiva, che é giustificata da esigenze eminentemente processuali, non si atteggia in modo diverso, quanto alla sua funzione e alla sua finalità, nel rito ordinario e nel rito militare".

3. - Nuova é la questione relativa all'art. 323, primo comma, ma le stesse ragioni che sorreggono la sentenza n. 68 del 1974, valgono - anzi, valgono a fortiori - per una pronunzia di illegittimità dell'inciso "escluso il giudizio dinanzi al tribunale supremo militare".

É da premettere che il divieto di concedere la libertà provvisoria durante il giudizio dinanzi al tribunale supremo militare fu disposto per adeguare pienamente, sul punto, la disciplina del rito militare a quella del rito ordinario, che, nel testo originario dell'art. 278 del codice di procedura penale, non consentiva la concessione della libertà provvisoria durante il giudizio di cassazione.

Orbene, mentre nel rito ordinario, a seguito dell'innovazione introdotta con la legge 18 giugno 1955, n. 517 - che ha soppresso nell'art. 278 cod. proc. pen. le parole "escluso il giudizio di cassazione" -, la libertà provvisoria può essere concessa in ogni stato dell'istruzione o grado del giudizio, e perciò anche durante il giudizio di cassazione; nel rito militare permane l'eccezione, la quale comporta una rilevante difformità tra legge penale militare e legge penale comune: difformità che - come é detto nell'ordinanza di rimessione - "non trova alcun fondamento nella specialità di giurisdizione" e "determina ingiuste sperequazioni". Divario che, da un lato, non é superabile per via di interpretazione (estensiva), dappoiché la norma generale (del codice di procedura penale) non può avere valore abrogativo della norma speciale (del codice penale militare di pace); dall'altro, si palesa incongrua anche tenendo conto che, alla stregua dell'art. 261, n. 3, cod. pen. mil. di pace, il ricorso per annullamento al tribunale supremo militare ha lo stesso carattere del ricorso per cassazione (vedasi la sentenza n. 116 del 1974 di questa Corte), almeno sino a che non avrà avuto attuazione la VI disposizione transitoria della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'inciso "escluso il giudizio dinanzi al tribunale supremo militare", contenuto nell'art. 323, primo comma, del codice penale militare di pace;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 322, secondo comma, del codice penale militare di pace, già dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 68 del 1974.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 maggio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 6 giugno 1974.