Sentenza n. 143 del 1974
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SENTENZA N. 143

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

  

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 110, secondo comma, lett. c, della legge 25 settembre 1940, n. 1424 (legge doganale), promosso con ordinanza emessa il 7 aprile 1972 dal tribunale di Sondrio nel procedimento penale a carico di Giacomini Renato ed altri, iscritta al n. 249 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 233 del 6 settembre 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 3 aprile 1974 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza emessa il 7 aprile 1972 il tribunale di Sondrio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 110 capov., lett. c, della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424, secondo cui il delitto di contrabbando é aggravato, quando é connesso con altro delitto contro la fede pubblica o contro la pubblica Amministrazione.

Secondo l'ordinanza, la norma impugnata sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 27, secondo capoverso, Cost. per la grave sperequazione che il trattamento punitivo, previsto per il delitto di contrabbando aggravato, concreterebbe rispetto al trattamento riservato allo stesso delitto, quando la menzionata connessione non sussiste. La sproporzione fra la pena per la ipotesi aggravata (multa collegata all'ammontare dei diritti evasi, più reclusione da tre a cinque anni) e quella per l'ipotesi del reato semplice (multa soltanto) non sarebbe giustificata né razionale.

L'ordinanza é stata notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 233 del 6 settembre 1972.

Avanti alla Corte costituzionale é intervenuto tempestivamente il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato nei termini le proprie deduzioni.

L'Avvocatura osserva che l'entità delle pene comminate nella fattispecie in esame, trova giustificazione nella gravità del reato, resa evidente dalla maggiore pericolosità e dalla maggiore intensità di dolo nell'ipotesi di aggravamento considerata rispetto a quella del delitto di contrabbando semplice. Per cui, non si verificherebbe alcuna sperequazione o irrazionale diversità di trattamento, trattandosi di ipotesi non equiparabili. In ogni caso, la valutazione della congruenza tra reato e pena, riguarderebbe materia di politica legislativa, che, come tale, esulerebbe dai limiti del sindacato di competenza della Corte costituzionale. Né fondata apparirebbe la prospettata illegittimità della norma, in relazione all'art. 27, secondo capoverso, della Costituzione, giacché la previsione di una pena, anche se grave, ma in adeguata correlazione col fatto commesso, non potrebbe ritenersi per ciò solo in contrasto col principio della rieducatività della pena sancito dalla norma costituzionale.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'ordinanza 7 aprile 1972 del tribunale di Sondrio, dato atto che circostanza aggravante del reato di contrabbando é la sua connessione con altro delitto contro la fede pubblica o contro la pubblica amministrazione, come indicato nell'art. 110 cpv. lett. c, della legge doganale n. 1424 del 1940, ha sollevato questione di legittimità costituzionale di detta norma nei limiti della maggior misura della pena infliggenda, ivi sancita nell'ipotesi che ricorra la predetta circostanza aggravante. Si assume che detta pena (multa più reclusione) sarebbe comminata in modo sperequato nelle sue dimensioni e, come tale, sarebbe in contrasto con il principio di una razionale adeguatezza di trattamento con il reato di contrabbando semplice, punito con la sola multa (art. 3 Cost.), nonché con il principio che le pene, per essere efficaci, debbono essere proporzionate ed improntate a finalità umane e rieducative e non meramente afflittive (art. 27, secondo cpv., Cost.).

2. - La questione non é fondata.

Secondo i criteri di principio, già enunciati da questa Corte in tema di congruenza tra reato e pena, nel maggior rigore della misura delle sanzioni deve scorgersi il riflesso della discrezionale valutazione politica del legislatore circa la gravità di un reato (sent. n. 45 del 1970), salvo il limite della ragionevolezza del relativo apprezzamento (sent. n. 64 del 1971).

Ciò premesso, é da considerare che il contrabbando si presenta come reato la cui fase di esecuzione palesa peculiari caratteristiche di fraudolenza, tendenti alla evasione fiscale, cioè alla lesione di un interesse pubblico di particolare rilievo.

Nel tener conto di circostanze aggravanti, come quelle in esame, e con lo stabilire l'aumento della relativa sanzione punitiva in confronto a quella infliggenda per contrabbando semplice, il legislatore ha valutato il maggior pericolo che deriva per l'interesse protetto dal fatto che il reato di contrabbando sia connesso, nei termini sostanziali e formali di cui agli artt. 61, n. 2, cod. pen. e 45, n. 2, cod. proc. pen., ad altro reato contro la fede pubblica o contro la pubblica amministrazione, costituente mezzo al fine dell'evasione fiscale.

Nella dinamica del reato, questo vincolo di natura teleologica e consequenziale, rende agevole e proficua la consumazione del reato stesso e costituisce un ulteriore e valido strumento di insidia all'interesse protetto.

Ne consegue la razionale giustificazione dell'aggravamento del reato e, conseguentemente, della maggior latitudine della pena edittale, stabilita con valutazione discrezionale dal legislatore.

L'art. 3 della Costituzione non può quindi essere invocato e ritenuto violato, poiché, dato che, come si é detto, l'ipotesi di contrabbando aggravato, nei sensi di cui sopra, costituisce un quid pluris rispetto all'ipotesi di contrabbando semplice, dando luogo a situazioni diversificate nella loro sostanza e proporzione, la legittimità di un separato e adeguatamente più grave trattamento sanzionatorio appare evidente.

3. - Per quanto riguarda l'altro profilo di illegittimità della norma impugnata, prospettato in relazione all'art. 27, secondo capoverso, della Costituzione, basta rilevare che, risultando, come si é sopra dimostrato, che la entità della pena nella fattispecie in esame é stata determinata in base ad una scelta di politica criminale, legittimamente esercitata, esula altresì dall'ambito del controllo in questa sede la sua efficacia rieducativa, la quale, comunque, é da porre in relazione soprattutto col regime di esecuzione (vedi sent. n. 22 del 1971) che, nel caso, non viene in considerazione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 110, secondo comma, lett. c, della legge 25 settembre 1940, n. 1424 (legge doganale), proposta con l'ordinanza in epigrafe del tribunale di Sondrio, in riferimento agli artt. 3 e 27, secondo capoverso, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 maggio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere        

 

Depositata in cancelleria il 22 maggio 1974.